Avvento-Natale 2011 - Ufficio liturgico nazionale
Introduzione biblico sapienziale
Il Padre è colui che riapre strade nuove nel deserto


L’immagine del deserto
 
 
L’immagine del deserto è ambivalente per Israele: da un lato richiama l’esperienza esaltante della liberazione dall’Egitto; dall’altra l’esperienza dell’esilio e del fallimento. Da un lato richiama un tempo favorevole, in cui si crea uno stretto legame tra Dio e il suo popolo. Dall’altro è il luogo della tentazione e della ribellione. Il deserto è, insomma, per eccellenza, il luogo in cui Israele è stato educato e dove può essere riformato. Per questo il capitolo 40 del libro di Isaia, opera di un anonimo profeta dell’età esilica, proclama: «Nel deserto preparate la via del Signore». Giovanni Battista riprende alla lettera le antiche parole ed egli stesso vive nel deserto, predicando la conversione. Le folle numerose che accorrono indicano che la sua persona e la sua predicazione hanno un fascino particolare: il fascino delle parole autentiche, di una vita coerente, di una radicalità che suscita la nostalgia del contatto con Dio.
 
 
Il pastore di Israele
 
Attraverso la parola del profeta, attraverso la predicazione del Battista, Dio stesso vuole guidare il suo popolo: egli è colui che desidera consolazione, riconciliazione e perdono per tutti i suoi figli. Là dove l’uomo ha fallito, Dio riapre possibilità sorprendenti di speranza, che solo a fatica vengono accolte. Accogliere la sua consolazione, infatti, significa rivedere le proprie “vie”, raddrizzare una condotta di vita contorta e incoerente, abbassare il proprio orgoglio e le proprie pretese. L’azione educativa di Dio non è un’azione solitaria: egli è in cerca di consolatori per Gerusalemme, di messaggeri di liete notizie per tutte le città di Giuda, di profeti e testimoni come il Battista. Coloro che sono stati consolati da Dio, imparano a consolare a loro volta i fratelli. Nella prima lettura e nel Vangelo è interessante rilevare la dinamica di espansione della parola divina: da uno solo, da una “voce” isolata, essa raggiunge pian piano le folle. La guida di Dio è dolce e rassicurante, e guarda lontano.
 
 
Verso una crescita
 
Il gregge di Dio, infatti, appare fragile, eppure aperto al futuro: il Signore “porta gli agnellini sul petto, e conduce pian piano le pecore madri”. I nuovi nati e le pecore madri sono immagini di fecondità e vulnerabilità insieme. Si tratta di un gregge destinato ad accrescersi; ma si tratta anche di un gregge continuamente esposto ai rischi della storia. Il più grave è la perdita della speranza, la perdita della tensione verso il Regno di Dio. La seconda lettura invita a rimanere saldi nella promessa e nell’attesa del Signore: se la fragilità della condizione dei credenti può far paura, se l’arrivo del Regno può apparire tardivo e inefficace, ancora più fragile è la condizione del mondo: “i cieli spariranno… la terra con tutte le sue opere sarà distrutta”. La prospettiva della fine non diventa motivo di sconforto, ma accresce la preziosità e l’importanza del tempo presente: esso è l’occasione per convertirsi, un dono della pazienza e della magnanimità di Dio. Ritorna anche nella seconda domenica l’invito alla vigilanza, ad educarsi nell’attesa del Regno di Dio.
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 18-GEN-12
 

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