Avvento-Natale 2011 - Ufficio liturgico nazionale
Approfondimento: Cittadinanza (1ª parte)
Pellegrini verso il Regno e cittadini nella città degli uomini


L’immagine del gregge
 
 
La prima lettura si conclude con l’immagine del pastore: Dio stesso si prende cura del suo popolo, a partire dai più deboli (agnellini e pecore madri). Nel mondo antico l’immagine del gregge ha una chiara valenza sociale, è immagine di tutto il popolo: il pastore autentico non è quello che si limita a sfruttare il gregge, ma colui che si cura del suo futuro. Il vero pastore non può solo tosare e macellare, ma ha il compito anche di prendersi cura dei nuovi nati, delle pecore madri che assicurano la continuità del gregge nel tempo. Così, allora, come oggi, coloro che vogliono essere autentiche guide non possono curarsi unicamente del tornaconto immediato, ma guardare al futuro, cosa che richiede cura e attenzione.
 
 
Prendersi cura del futuro
 
Un’autentica vita politica e sociale porta dunque a occuparsi concretamente dei deboli, dei più fragili, di chi ancora deve crescere. L’imbarbarimento della vita politica è spesso legato alla ricerca di un riscontro immediato, a fronte di processi che hanno tempi di crescita lunghissimi. Occorre però riconoscere che uno sguardo eccessivamente corto, incapace di allargarsi ad ampio raggio, non è solo una prerogativa dei cattivi politici, ma anche di cittadini disinteressati e fatalisti, tesi anch’essi ai loro interessi nel presente. Il messaggio dell’Avvento offre nuove motivazioni a tutti i credenti responsabili e adulti: offre la possibilità di riaprirsi al futuro, nonostante le incertezze e le tensioni che accompagnano questa epoca di crisi. Può essere di grande conforto la memoria del passato: dei profeti, che affrontarono guerre, esilio, rifiuto dei propri concittadini, impossibilità di vedere la splendida salvezza che pure proclamavano; la memoria di Giovanni Battista, annunciatore del “più forte di lui”, morto prima di poter vedere pienamente realizzata la pace messianica che aveva preannunciato con la sua opera; ci consola, infine, la memoria delle varie generazioni di cristiani, a partire da quella apostolica, che affrontarono anche il martirio per conservare la fede.
 
 
Prendersi cura dei deboli: la dimensione personale
 
La Scrittura mostra che il banco di prova di una buona società è la cura dei deboli: una cattiva cittadinanza invece porta a schiacciare e opprimere, anche se prima o poi l’oppressore si ritrova ad essere schiacciato nello stesso ingranaggio che ha contribuito a creare. Chi alleva il serpente dell’egoismo, prima o poi ne viene morso. Dove invece c’è attenzione per i poveri, si conserva più facilmente la pace e la giustizia per tutti.
In passato si è ritenuto da parte di alcuni che una promozione sociale potesse avvenire solo attraverso una competizione senza regole dal mercato: oggi vediamo che gli esiti di un’economia spregiudicata e non controllata dalla giustizia non possono essere positivi. Una gran massa di persone si ritrova ad essere sempre più vicina alla soglia della povertà, anche nel nostro mondo occidentale. Ma vediamo anche l’esito di una falsa attenzione ai deboli, ammantata di solidarismo e collaborazione: il rischio è che si tratti solamente di un’altra forma per acquisire consenso e potere attraverso il controllo delle masse; l’esito concreto è certamente la crescita di un assistenzialismo costoso e incapace di reale promozione dell’uomo.
Una cura autentica dei più deboli può avvenire solo mettendo al centro la persona. La dottrina sociale della Chiesa ha elaborato da tempo la prassi della sussidiarietà: la persona non può essere veramente liberata se deve sottostare al predominio del mercato, o alla tutela assoluta dello Stato, ma può realizzarsi solo in una catena di relazioni positive, dirette, in un tessuto sociale vivo e attivo, dove l’economia non esaurisce l’attività umana, dove resta spazio per la gratuità, la bellezza, l’incontro.
 
 
Sussidiarietà: occasione per le comunità cristiane
 
Le nostre comunità cristiane hanno un potenziale enorme, che in questo Avvento sono chiamate a risvegliare: disperse nel territorio, a contatto con la vita, esse hanno la possibilità di instaurare relazioni di aiuto, di solidarietà, di attenzione quotidiana a chi è svantaggiato, a chi è colpito dalla sofferenza o dai rovesci economici.
Là dove può intervenire l’individuo, la famiglia, la piccola comunità, non deve essere invocato un assistenzialismo che degenera facilmente in corruzione. Un gran numero di persone impegnate nel volontariato, credenti e non credenti, mostra quanto possa realizzare, anche in termini di efficienza, la spontanea generosità radicata nel territorio.
Anche le istituzioni pubbliche, che pure lodevolmente si occupano dei più deboli, non possono restare salde nelle loro finalità positive se non sono gestite da persone coscienti di non avere solo uno stipendio da guadagnare, ma una missione da compiere, e se non sono circondate da comunità attente, partecipi, collaborative.
In questo senso, le comunità cristiane sono una grande risorsa, che gratuitamente è messa a disposizione dell’intera società civile. Confortate dal messaggio liberante di Cristo, esse possono avere il coraggio di guardare al futuro, in maniera disinteressata, tesa unicamente al bene dei fratelli. Vivendo come pellegrini e ospiti nel mondo, i credenti possono vivere pienamente la libertà del dono, la fraternità disinteressata verso ogni creatura umana, chiamata ad essere partecipe della gloria di Dio.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 02-DIC-11
 

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