Avvento-Natale 2011 - Ufficio liturgico nazionale
Approfondimento: Lavoro/festa (2ª parte)
Evangelizzare ed educare al lavoro dignitoso


Evangelizzare ed educare al lavoro dignitoso nel Tempo di Natale
 
Nella Messa dell’aurora del giorno di Natale ascoltiamo il brano evangelico della visita dei pastori. Essi sono inizialmente impegnati nel loro lavoro: tutti tesi a vegliare e custodire il gregge. Ma un annuncio divino li raggiunge, fa loro conoscere un evento radicalmente nuovo, che li distacca dalla loro quotidianità. Prima dell’annuncio essi sono completamente assorbiti dall’impegno lavorativo; dopo l’annuncio essi hanno il coraggio di partire, di uscire dalla pura e semplice ripetizione ciclica della loro attività: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
I pastori escono trasformati dall’incontro con il Bambino, circondato dalle cure di Maria e Giuseppe: essi diventano annunciatori (“riferirono ciò che del Bambino era stato detto loro”) e cantori delle lodi di Dio: “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”. Non viene tolta la dura fatica quotidiana; non sono ancora eliminate le ingiustizie della loro condizione; ma un orizzonte nuovo si è aperto. Essi non sono più schiavi del loro lavoro, ma cominciano a testimoniare un annuncio di speranza e a vivere nella loro fatica la lode di Dio.
Il mistero del Natale, del Verbo incarnato, ci aiuta dunque a scoprire la dimensione propriamente vocazionale del lavoro: anche nell’attività quotidiana è possibile essere raggiunti dall’annuncio divino; anche nell’attività quotidiana è possibile vivere l’atteggiamento liturgico della lode e del ringraziamento. Il mistero del Natale, del bambino Gesù che cresce “in sapienza, età e grazia”, è garanzia anche per le nostre comunità che è possibile crescere, educare a un lavoro più umano e dignitoso, che rispetti i ritmi della persona e della famiglia, e che si apra all’autentica festa.
 
 
Il lavoro è vocazione
 
Nell’enciclica Caritas in veritate non c’è una trattazione sistematica del lavoro, così come per tanti altri temi, tuttavia si trovano tanti riferimenti particolari che aiutano ad avere una visione del lavoro collocata nell’orizzonte del primato di Dio, della rilevanza dell’essere sul fare e della vocazione dell’uomo allo sviluppo integrale. Diamo uno sguardo ad alcune prospettive che suggeriscono una risposta a dei problemi attinenti al mondo del lavoro.
Il lavoro è per ogni uomo una vocazione: l’espressione, già usata da Papa Paolo VI nella Populorum progressio, è ripresa da Benedetto XVI nella forma «ogni lavoratore è un creatore»[1]. Il lavoro è atto della persona, per cui è bene che a ogni lavoratore sia data l’opportunità di offrire il proprio apporto, di esprimere se stesso, il proprio talento, le proprie capacità. È espressione della propria creatività a immagine del Creatore, di un Dio che “lavora” nella Creazione e nella Redenzione.
Un’altra preoccupazione della Caritas in veritate sul tema del lavoro riguarda la priorità dell’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. Lo impongono: la dignità della persona - ogni uomo deve lavorare per essere se stesso; le esigenze della giustizia, per non aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza; la ragione economica - ciascuno può e deve contribuire allo sviluppo del proprio Paese[2] -.
Il lavoro dev’essere dignitoso, cioè «un lavoro che, in ogni società, sia l’espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna […], permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione […], consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli […], lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale […], assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa»[3].
Purtroppo assistiamo a scelte lavorative realizzate da parte di alcune imprese che pensano ai profitti speculativi e non si mettono al servizio dell’economia reale e della promozione di uno sviluppo stabile nella comunità locale in cui sono inserite. Tali scelte mettono in discussione la persona come metro della dignità del lavoro e l’impegno verso la promozione di una professione che sia dignitosa, come auspicato da Benedetto XVI.
Nello storico incontro per il Giubileo mondiale dei lavoratori, Giovanni Paolo II ha affermato che «la globalizzazione è oggi un fenomeno presente ormai in ogni ambito della vita degli uomini, ma è fenomeno da governare con saggezza. Occorre globalizzare la solidarietà». Appellandosi agli imprenditori e dirigenti, ai sindacati dei lavoratori, agli uomini della finanza, agli artigiani, ai commercianti e ai lavoratori dipendenti, ha inoltre sottolineato come tutti devono «operare perché il sistema economico, in cui viviamo, non sconvolga l’ordine fondamentale della priorità del lavoro sul capitale, del bene comune su quello privato. È quanto mai necessario che si costituisca nel mondo una globale coalizione a favore del “lavoro dignitoso”»[4].
 
 
Educare al lavoro
 
Educare al lavoro non significa solo istruire o formare, ma promuovere lo sviluppo e la formazione completa della persona, guidati da una visione integrale dell’uomo, poiché «per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura»[5]. È importante educare al lavoro secondo la prospettiva cristiana del rapporto con la festa: «non è soltanto il lavoro a trovare compimento nella festa come occasione di riposo, ma è soprattutto la festa, evento della gratuità e del dono, a “risuscitare” il lavoro a servizio dell’edificazione della comunità, aiutando a sviluppare una giusta visione creaturale ed escatologica»[6].
Attraverso il lavoro, vissuto come vocazione allo sviluppo integrale, ciascun uomo edifica sempre più se stesso come immagine di Dio. Per questo è necessario educarci al lavoro, valorizzando alcune prospettive, ricordandoci che lavoriamo “per qualcuno”, con professionalità e competenza: per noi stessi, la famiglia, la società, la Chiesa, il nostro Dio; lavoriamo “con qualcuno”: stiamo accanto a ogni persona, agli operai, ai disabili, agli immigrati, condividendo i problemi, ma soprattutto le soluzioni e le risorse, donando noi stessi agli altri nella fede dell’unico Padre che ci rende figli; lavoriamo “con gratuità e amore”, vivendo il nostro lavoro come dono di noi stessi, mettendo a frutto i nostri talenti nella fiducia, nella fedeltà alle persone, alle città, alla Chiesa, a Dio.
È importante educare alla lode del Signore per il dono del lavoro, benedirlo per i frutti del nostro lavoro. Offriamo i frutti e noi stessi a Dio affinché tutta la città fiorisca nella preghiera del lavoro, secondo la mirabile pagina del Siracide: [Gli artigiani] «consolidano la costruzione del mondo e il mestiere che fanno è la loro preghiera» (38,34).
Grazie alla nostra preghiera il lavoro diventi per tutti benedizione nella festa, “rendimento di grazie”, Eucaristia, offerta gradita a Dio. Riscopriamo la serietà gioiosa del lavoro e la giocosità seriosa della festa.
 
 
Testi per l’approfondimento
 
- Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Dizionario di dottrina sociale della Chiesa, LAS Editrice, Roma 2005. Il “Lavoro” (pp. 440-479) è presentato come atto della persona, nella sua dimensione oggettiva/soggettiva e sociale, come diritto e dovere e nel suo rapporto con il capitale. La voce si conclude con Gesù, uomo del lavoro, il lavoro nella Bibbia e le nuove prospettive.
- Teresio Bosco, I Cristiani e il lavoro. Storia, figure, dottrina, Elledici, Leumann 2006. L’opera, pensata per gli educatori e i giovani che si preparano al lavoro, presenta ciò che i cristiani hanno fatto per i lavoratori dalla caduta dell’Impero Romano ai nostri giorni. Un excursus che spazia da San Benedetto a Benedetto XVI presentando decine di santi che hanno vissuto il vangelo del lavoro.
- Raniero Regni, Educare con il lavoro. La vita attiva oltre il produttivismo e il consumismo, Armando Editore, Roma 2006. Il lavoro è un destino per l’uomo, riempie la nostra vita, in esso ci realizziamo. Il testo sviluppa un’antropologia pedagogica del lavoro e propone un educare “con” il lavoro e non “al” lavoro, poiché il lavoro non serve per vivere ma è la vita al servizio degli altri.
- Franco Riva, La Bibbia e il lavoro. Prospettive etiche e culturali, Edizioni Lavoro, Roma 1997. Il testo, per lettori interessati e pensosi, si distingue per densità e trasparenza e pone l’uomo, alla luce del tema biblico del lavoro, di fronte al mondo, agli altri, a se stesso e a Dio. L’Autore legge il tema con l’acribia del biblista e la competenza dello studioso di filosofia.
- Richard Sennett, L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano 2008. Essere padrone del proprio lavoro, amarlo e trarne soddisfazione, ogni giorno, prendere coscienza del tasso di “artigianità” che c’è anche in tante professioni moderne intellettuali, dal software, alla ricerca, alla medicina. Un invito a “trascorrere più tempo con le persone che sanno fare le cose”.


[1]     Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 41.

[2]     Caritas in veritate, n. 32.

[3]     Caritas in veritate, n. 63.

[4]     Giovanni Paolo II, Discorso all’incontro con il mondo del lavoro, Tor Vergata, 1° maggio 2000.

[5]     Caritas in veritate, n. 61.

[6]     Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): Testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo, 29 giugno 2007, n. 12.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 02-DIC-11
 

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