Avvento-Natale 2011 - Ufficio liturgico nazionale
Approfondimento: Tradizione (2ª parte)
Natale: rinascere nel figlio, per educare i piccoli


Natale: possibilità di rinascita
 
Il tempo del Natale nel suo complesso, riportandoci agli inizi della svolta decisiva della salvezza, insiste particolarmente sul tema della “rinascita”, che caratterizza in maniera assolutamente fondamentale l’opera educativa della comunità cristiana. Non si tratta infatti semplicemente di attuare sagge strategie pedagogiche, più o meno ispirate dai progressi delle scienze umane, più o meno sorrette da un sapiente uso dei mezzi di comunicazione moderni; si tratta di portare la persona all’incontro con Cristo, capace di rigenerarla dal di dentro, di trasformare il cuore indurito, perché si abbia un “cuore nuovo e uno spirito nuovo”. Ciò è possibile certamente anche per le persone già adulte, qualsiasi esperienza di vita abbiano, positiva o negativa.
 
 
Offrire speranza
 
In ciò la proposta educativa della Chiesa si pone in maniera critica rispetto alla tendenza attuale della cultura e anche dell’economia, che tende a privilegiare i concetti di novità, di innovazione, di gioventù, a scapito degli adulti, che rischiano di essere tagliati fuori non appena escono forzatamente dal processo produttivo. Solo in linea teorica i giovani ne sono avvantaggiati: di fatto si creano rendite di posizione sempre più serrate, per cui chi esce dal sistema non riesce a rientrare, e chi si affaccia entra solo in posizioni di rincalzo. È evidente che una simile prospettiva priva di ogni valore il processo educativo, trasformandolo in una lotta spietata per conquistare i posti migliori, nella continua ricerca di espedienti per non farsi scalzare.
Perciò la Chiesa continua a trasmettere e riconsegnare il nucleo fondante di tutta la sua tradizione: il valore della persona, amata da Dio, rigenerata da Cristo, meritevole di ogni attenzione, qualunque sia la sua età, la sua condizione, la sua posizione sociale, come dicono gli Orientamenti:
«Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile». La sua sorgente è Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce una grande speranza per l’uomo, per la sua vita, per la sua capacità di amare. In questo noi individuiamo il contributo specifico che dalla visione cristiana giunge all’educazione, perché «dall’essere di Gesù deriva il profilo di un cristiano capace di offrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di una promessa che supera ogni attesa umana».
Mentre, dunque, avvertiamo le difficoltà nel processo di trasmissione dei valori alle giovani generazioni e di formazione permanente degli adulti, conserviamo la speranza, sapendo di essere chiamati a sostenere un compito arduo ed entusiasmante: riconoscere nei segni dei tempi le tracce dell’azione dello Spirito, che apre orizzonti impensati, suggerisce e mette a disposizione strumenti nuovi per rilanciare con coraggio il servizio educativo.” (Orientamenti, 5)
 
 
Natale: la gioia dell’incontro - lasciarsi educare dai piccoli
 
La celebrazione del Natale rende possibile il ritrovarsi delle generazioni, sia nella famiglia, sia nella comunità cristiana. Al centro delle varie feste sta il bambino Gesù: da non intendersi come immagine sdolcinata, ma come anticipazione della Passione, valorizzazione del piccolo, del povero, di chi non ha tutele e deve essere curato, custodito, accudito. Mentre ci si lascia educare dal bambino Gesù, diventa importante lasciarsi educare dai piccoli: siano essi i figli, i bambini, ma anche poveri, emarginati, affamati, prigionieri: coloro con cui Gesù, a partire dalla sua Incarnazione, ama identificarsi.
La piccolezza e la fragilità del bambino Gesù pongono con forza la necessità di un incontro con l’altro che avvenga nel riconoscimento del valore assoluto della persona, al di là delle strutture, delle ricchezze, delle convenzioni sociali. Proprio per la sua semplicità e gratuità questo tipo di incontro tende ad essere sminuito di importanza, in un mondo che tende a dare un valore economico-numerico a tutto; cresce la diffidenza non solo verso lo straniero, ma anche semplicemente verso il fuori età, l’estraneo, lo sconosciuto, l’appartenente ad un‘altra cerchia di amicizie. La perdita della capacità di incontro gratuito e immediato è uno dei mali che provocano la situazione di disagio attuale. Tutti, grandi e piccoli, hanno bisogno di ritrovarla.
 
 
Solo dopo trent’anni
 
Il battesimo di Gesù è visto nei vangeli come una sorta di consacrazione profetica e messianica, ed è il punto di partenza della sua predicazione. Il nostro battesimo ha la stessa valenza consacratoria di quello di Gesù, ed è il punto di partenza del nostro essere educatori. Gesù comincia il suo ministero a trent’anni, dopo una lunga - e per certi versi incomprensibile - attesa: ma il tempo della lenta maturazione non è mai un tempo sprecato, è essenziale per poter educare. Al limitare dei trent’anni Gesù si presenta come una persona matura ed equilibrata, capace di dialogare a tu per tu con chiunque, dal grande al piccolo, dal ricco al povero, dal romano all’ebreo. La Chiesa oggi è chiamata ad assimilare la tranquilla determinazione del suo Maestro: vivere i tempi lunghi è segno di speranza, di attesa del futuro, di solidità spirituale. Con la festa del Battesimo del Signore si entra nel tempo ordinario: esso è il tempo per eccellenza della paziente opera educativa. E così si vede come la sapienza dell’anno liturgico unisca due enormi potenzialità: da un lato la celebrazione dell’evento straordinario della rinascita in Cristo, dall’altro la serena capacità di camminare nei tempi lunghi della storia e della quotidianità.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 02-DIC-11
 

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