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Salerno - Fratte, rapporto tra la chiesa della Sacra Famiglia e l'edilizia popolare circostante
Salerno - Fratte, rapporto tra la chiesa della Sacra Famiglia e l'edilizia popolare circostante

La borgata di Fratte è caratterizzata dalla morfologia del sito, posto nella valle dell‘Irno e in immediata prossimità del fiume, lungo la direttrice di collegamento tra la costa salernitana e l‘entroterra avellinese. L‘insediamento vede sorgere fin dalla seconda metà dell‘Ottocento una precoce e consistente industrializzazione (cuoio, lana, ghisa, cotone), ragione per cui si richiede la costruzione di un primo luogo di culto per la popolazione inurbata. La borgata è coinvolta dall‘espansione edilizia del dopoguerra, ma subisce diversi traumi, in particolare in occasione delle alluvioni del 1954 e del 1966. Lo spopolamento seguìto a tali eventi, ma anche la crisi industriale, l‘espansione piuttosto disinvolta dell‘edificazione e il taglio netto provocato dalla ferrovia e dall‘autostrada A3, hanno reso la borgata assai frammentata e decoesa.
 In tale contesto, la necessità di realizzare un centro parrocchiale nuovo all‘inizio degli anni Settanta ha rappresentato l‘occasione per creare un inedito "centro" alla borgata: il lotto è infatti esterno al nucleo storico, ma è nelle immediate adiacenze dei complessi di edilizia popolare IACP e GESCAL. Sebbene non tutte le strutture di servizio inizialmente previste siano state realizzate, il nuovo complesso parrocchiale ha esercitato e continua ad esercitare una funzione di stimolo e di provocazione verso il proprio contesto urbanistico, ribadita ancora recentemente dalla sistemazione definitiva del sagrato e dell‘accesso alla stazione ferroviaria (adiacente alla casa canonica), inaugurati nel luglio 2011.
 Portoghesi e Gigliotti iniziano a lavorare al progetto della loro prima chiesa negli anni a ridosso della chiusura del Concilio Vaticano II: il percorso di ideazione recepisce alcuni temi conciliari, ma attinge anche a un repertorio ampio di suggestioni formali e culturali, determinate dal rapporto di Portoghesi sia con la storia dell‘architettura (da Michelangelo a Borromini, per arrivare alla pittura di Klee), sia con il mondo delle forme naturali e organiche. L‘esito non è quindi appiattito sul funzionalismo liturgico - fenomeno diffuso nelle prime sperimentazioni post-conciliari - ma propone una mediazione assolutamente originale tra l‘ecclesiologia conciliare, la più profonda tradizione della storia dell‘architettura cristiana e l‘innovazione morfologica e tecnica.
Il cuore del pensiero progettuale di Portoghesi e Gigliotti è dato dal concetto di "luogo", quale «entità, data fenomenologicamente, con la quale siamo realmente coinvolti» (Norberg-Schulz 1975, p. 37): il metodo progettuale prevede l‘articolazione del "luogo" secondo lo "spazio" (tema dell‘orientamento) e il "carattere" (questione dell‘identificazione). Secondo il critico Norberg-Schulz (1975, p. 81), il progetto «non soltanto soddisfa allo scopo di rendere la parrocchia il fulcro del vicinato, ma illustra anche il significato più profondo del concetto di "memoria": la riconquista delle esperienze essenziali del passato in modi sempre nuovi. La chiesa di Portoghesi e Gigliotti unifica in una complessa totalità centro e direzione, apertura e chiusura, presenza plastica e materializzazione, ed il tutto è integrato dall‘uso simbolico della luce».
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 25-NOV-11
 

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