Liturgia delle ore - PRINCIPI E NORME PER LA LITURGIA DELLE ORE
III. L‘UFFICIO DELLE LETTURE (nn. 55 - 69)


55.     L’Ufficio delle letture ha lo scopo di proporre al popolo di Dio, e specialmente a quelli che sono consacrati al Signore in modo particolare, una meditazione più sostanziosa della Sacra Scrittura e le migliori pagine degli autori spirituali. Sebbene, infatti, la Messa quotidiana offra un ciclo di letture della Sacra Scrittura più abbondante, quel tesoro della rivelazione e della tradizione contenuto nell’Ufficio delle letture sarà di grande profitto per lo spirito. Soprattutto i sacerdoti devono cercare questa ricchezza per poter dispensare a tutti la parola di Dio, che essi stessi hanno ricevuto, e per fare della dottrina, che insegnano, il «nutrimento per il popolo di Dio».9
 
56.     Quanto si legge della Sacra Scrittura deve essere accompagnato dalla preghiera, perché in tal modo si stabilisce un vero colloquio fra Dio e l’uomo. Infatti quando preghiamo parliamo a lui e quando leggiamo i divini oracoli ascoltiamo lui.10
          Per questo motivo l’Ufficio delle letture consta anche di salmi, dell’inno, dell’orazione e di altre formule, in modo da avere il carattere di vera preghiera.
 
57.     L’Ufficio delle letture, a norma della Costituzione Sacrosanctum Concilium, «pur conservando il carattere di preghiera notturna per il coro, deve essere adattato in modo che si possa recitare in qualsiasi ora del giorno, e avere un minor numero di salmi e letture più lunghe».11
 
58.     Coloro pertanto che in forza del loro diritto particolare devono conservare a questo Ufficio il carattere di lode notturna, come pure coloro che lodevolmente lo desiderano, sia che lo recitino di notte, sia che lo recitino di buon mattino e prima delle Lodi mattutine, nel Tempo ordinario scelgano l’inno da quella serie destinata a questo scopo.12
          Inoltre, per le domeniche, per le solennità e per alcune feste, si dovrà tener presente quanto è detto per le celebrazioni vigiliari ai nn. 70-73.
 
59.     Ferma restando la disposizione precedente, l’Ufficio delle letture si può recitare in qualsiasi ora del giorno, e anche nelle ore notturne del giorno precedente, dopo aver recitato i Vespri.
 
60.     Se l’Ufficio delle letture si dice prima delle Lodi mattutine, allora vi si premette l’Invitatorio, come si è detto sopra (nn. 34-36). Altrimenti si comincia con il versetto «O Dio, vieni a salvarmi», il «Gloria», «Come era nel principio» e, fuori del Tempo di Quaresima, l’«Alleluia».
 
61.     Quindi si dice l’inno. Questo, nel tempo ordinario si sceglie o dalla serie notturna, come è indicato sopra al n. 58, o dalla serie diurna, come richiede la corrispondenza del tempo.
 
62.     Segue la salmodia che consta di tre salmi (o parti, se i salmi occorrenti sono più lunghi). Nel Triduo pasquale, nei giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale, come pure nelle solennità e nelle feste, i salmi sono propri con le loro proprie antifone.
          Nelle domeniche e nelle ferie, invece, i salmi con le loro antifone si prendono dal salterio corrente. Così pure si prendono dal salterio corrente nelle memorie dei santi, a meno che non vi siano salmi o antifone proprie (cfr. nn. 218 ss.).
 
63.     Tra la salmodia e le letture si dice, di solito, il versetto; con esso l’orazione passa dalla salmodia all’ascolto delle letture.
 
64.     Si fanno due letture: la prima è biblica, l’altra o è tratta dalle opere dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici, o è agiografica.
 
65.     Dopo ogni lettura si dice il responsorio (cfr.nn. 169-172).
 
66.     Normalmente si deve adottare la lettura biblica riportata nel Proprio del Tempo, secondo le norme che verranno indicate sotto, nn. 140-155. Tuttavia nelle solennità e nelle feste la lettura biblica si prende dal Proprio o dal Comune.
 
67.     La seconda lettura con il suo responsorio si prende o dal Libro della Liturgia delle Ore o dal lezionario facoltativo, di cui si parla sotto al n. 161. Normalmente è quella riportata nel Proprio del Tempo.
          Nelle solennità e nelle feste dei santi si usa la lettura agiografica propria; in mancanza di essa si legge la seconda lettura dal rispettivo Comune dei santi. Anche nelle memorie dei santi, la cui celebrazione non è impedita, in luogo della seconda lettura occorrente, si prende quella agiografia (cfr. nn. 166, 235).
 
68.     Nelle domeniche fuori della Quaresima, nei giorni tra le ottave di Pasqua e di Natale, nelle solennità e nelle feste, dopo la seconda lettura con il suo responsorio si dice l’inno Te Deum, che però si omette nelle memorie e nelle ferie. L’ultima parte dell’inno, cioè dal versetto Salvum fac populum tuum, Domine («Salva il tuo popolo, Signore») sino alla fine, si può omettere.
 
69.     L’Ufficio delle letture normalmente si conclude con l’orazione propria del giorno e, almeno nella recita comune, con l’acclamazione «Benediciamo il Signore». R. «Rendiamo grazie a Dio».
 
9    Pontificale Romano, De ordinatione presbyterorum, n. 14.
10 Sant’Ambrogio, Doveri dei chierici, I, 20, 88; PL 16, 50; Conc. Vat. II,
Cost. dogm. sulla divina Rivelazione, Dei verbum, n. 25.
11 Conc. Vat. II, Cost. sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 89 c.
12 L’edizione italiana della Liturgia delle Ore presenta solo inni in latino con specifico riferimento alla notte. Sono però adatti alla celebrazione anche quelli in italiano.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 15-SET-11
 

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