Da qualche tempo, a ogni nuovo compleanno, rinnovava il piccolo vezzo di spingersi subito sopra il gradino successivo, aumentandosi letà di un anno, come a voler dire che potevano bastare. Per padre Roberto Busa, spentosi a 97 anni nella serata del 9 agosto allAloisianum di Gallarate (dove si celebrano i funerali il 12 agosto alle 10), il secolo di vita era ormai a un passo, sebbene la sua presenza si andasse appannando. E a chi lo incoraggiava a non aver fretta di passare allaltra sponda replicava con un sorriso paziente di aver già vissuto a sufficienza, e di aver provveduto a lasciare consegne, beni e biblioteca a chi di dovere. «Sono nullatenente», scherzava: e non cera da stupirsene, considerato lo stile di vita essenziale dellinfaticabile giramondo. Luomo che ha cambiato la storia dellinformatica convertendo il computer da ferraglia buona giusto per far calcoli velocemente a protesi della vita quotidiana con la quale dialogare viveva già immerso nello splendore abbagliante del Logos che laveva affascinato sin dallingresso in seminario nel 1928, trascinandolo in unimpareggiabile avventura cristiana e scientifica. Di lui le biografie ufficiali ricorderanno - giustamente - anzitutto i grandi meriti intellettuali e lopera anticipatrice nel campo delle nuove tecnologie applicate al linguaggio e alle scienze umane, che ha fatto di lui il vero pioniere degli ipertesti. Senza la sua ardita intuizione (parliamo del 1946) la storia del computer avrebbe preso unaltra piega. Padre Busa, vicentino, compagno di formazione sacerdotale di Albino Luciani, gesuita dal 1933 e sacerdote dal 1940, ha non solo aperto una strada, ma lha anche spianata, messa in sicurezza, codificata e attrezzata con metodicità: non gli interessava essere il primo, ma tracciare minuziosamente una mappa e metterla a disposizione di tutti. Ecco perché pochi storici dellinformatica ne conoscono davvero i meriti, che invece tra i nomi che hanno fatto la storia dellindustria tecnologica sono ben noti. Bill Gates e Steve Jobs, Google e Facebook hanno schiuso altre soglie decisive, ma arrampicandosi senza saperlo sulle spalle di questo gesuita imponente e pacato che nulla lasciava allimprovvisazione crescendo generazioni di studiosi con la sua inconfondibile pedagogia della pazienza e unintelligenza umanistica rimasta viva e contagiosa ben oltre i 90 anni. È impossibile però cogliere il segreto più profondo di padre Busa senza partire dal suo sentirsi nel vivo di un mondo che è tutto nelle mani buone di Dio. A ben vedere, e ripensando al suo modo di spiegare gli infiniti garbugli dellesistenza umana, ha sempre vissuto nellansia di vedere il Padre faccia a faccia, di colmare lattesa di entrare in quel mistero che aveva iniziato a esplorare diventando il massimo conoscitore del pensiero di Tommaso dAquino. Per Busa la scienza e la preghiera, la vita religiosa (con lobbedienza ai superiori anche nelle minuzie) e quella culturale, lintelletto analitico e la contemplazione, la Messa quotidiana e gli impegni continui in sempre nuovi progetti accademici sono sempre stati un corpo vivo e inseparabile. Il desiderio di conoscere e la certezza che la risposta a ogni domanda umana sta nellamicizia con Cristo, e in un mistero al quale affidarsi serenamente nellattesa che si sveli, in lui hanno convissuto in unarmonia evidente a chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo. È certo che nellanticamera newyorkese del big boss di Ibm Thomas Watson, nel 1949, lallampanato e sconosciuto gesuita vicentino si sia presentato non solo per tentare di convincere il mito vivente dellindustria elettronica a seguirne le stravaganti visioni umanistiche (e ci riuscì) ma anche per il desiderio sempre vibrante di portare Dio là dove lo si stava mettendo alla porta, proprio a opera di chi mostrava con i successi della tecnologia di cosa è capace linaudito dono dellintelligenza creata. Fino allultima fibra della sua anima, padre Busa è stato anzitutto un prete autentico, un modello di gesuita di cui santIgnazio può andare fiero. Frequentando i leader dellindustria informatica e i luminari delle università di tutto il mondo ha sempre mostrato anzitutto il desiderio e la curiosità di vedere le persone così come sono. Ha percorso il mondo seminando amicizia e spirito cristiano anche là dove trovava unapparente indifferenza religiosa: un seme sparso a piene mani dalla sua base operativa di Gallarate a Roma, Milano, Pisa e Venezia, dai laboratori di calcolo negli Stati Uniti alle università dellEuropa orientale (frequentate ancora in piena guerra fredda) e, più di recente, del Maghreb e dellAsia. Ma la sua vera casa accademica, insieme alla Gregoriana, è stata lUniversità Cattolica, che lo annovera tra le proprie glorie, e dove ha fondato il Gircse, avamposto mondiale della linguistica computazionale. Cattolica e Gregoriana raccolgono ora la sua imponente eredità, insieme alla nidiata di ricercatori che ha avviato a una disciplina esigente e difficile, nel rispetto assoluto della regola di creare strumenti per lanalisi testuale da mettere a disposizione di altri, senza cercare la ribalta. Solo con questo rigore, sempre stemperato da unacuta bonarietà, si spiega limpressionante opera che resta legata al suo nome: quellIndex Thomisticus che in 56 volumi composti in trentanni di lavoro grazie a schede perforate e nastri magnetici, e poi approdato ai bit delle tecnologie digitali, analizza parola per parola lopera omnia dellAquinate alla ricerca della ratio che ne governò le scelte concettuali e terminologiche. È qui il nocciolo del metodo Busa: scandagliare la lingua di letterati e teologi per giungere al nucleo del loro pensiero, superando lostacolo di secoli, idiomi, culture e religioni. Una ricerca delluomo vero, del suo segreto, dellimpronta del Creatore.