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E‘ morto Vittorio Citterich,
voce del Concilio
di Piergiorgio Liverani



 
Il primo ricordo che di Vittorio Citterich si affaccia alla memoria di chi lo ha conosciuto e gli è stato collega e amico, è, anche a distanza di anni, il suo perenne sorriso. Sorrideva con gli oc­chi più che con la bocca o con il volto, qua­si a lasciar trapelare la sua serenità inte­riore anche quando doveva parlare, ma­gari in tv o a un convegno o riferire un ricordo, un’immagine, un evento drammatico di cui era stato gior­nalisticamente testimone. Non l’ho mai visto arrabbiato o an­che soltanto rabbuiato se qual­cosa gli andava storta o il me­stiere l’obbligava a immer­gersi in evento doloroso.
 La morte di Giorgio La Pira, per esempio, il ‘sindaco san­to‘ del quale era stato prima allievo all’Università di Firenze e che aveva avuto come relatore al­la sua laurea in giurisprudenza, e poi amico fraterno. Lo aveva se­guito nel suo viaggio a Mosca quando era sindaco di Firenze e come tale aveva immaginato una sorta di alleanza per la pace tra la sua città e la capitale dell’Urss e u­gualmente era stato con La Pira in altre missioni in Medio Oriente co­me inviato speciale de ‘Il matti­no‘, il quotidiano di Firenze.
 
Di quell’incontro con le autorità del Cremlino, Vittorio amava spes­so parlare: erano gli anni duri della Guerra fredda e ai capi dell’Urss La Pira aveva lancia­to come cosa pos­sibile un’alleanza tra le due città, Fi­renze e Mosca, nella prospettiva della pace da per­seguire nella luce delle rispettive fe­di storiche, la cat­tolica e l’ortodos­sa. Non solo, ma da intellettuale qual era, ne aveva anche scritto in uno dei suoi libri: Un Santo al Cremlino.
Vittorio, del resto, aveva forte il senso cristiano così della vita co­me della sua professione, che de­dicò prevalentemente all’infor­mazione religiosa, in una visione di costante apertura al dialogo: era davvero un laico nel significato cri­stiano del termine. Si può ricorda­re, a questo proposito, la testata del ‘Sabato‘, il settimanale che nac­que in ambiente ‘ciellino‘, ma che non fu mai organo ufficiale del Mo­vimento. La scelta della testata fu dovuta proprio a lui, che non ap­parteneva a Cl. Parlandone con La Pira aveva ne ricevuto il consiglio di trovarne una di sapore biblico: per esempio ‘L’ultimo giorno‘. E­rano gli anni in cui il popolo cri­stiano cominciava ad avere fami­liarità con le antiche Scritture e­braiche, fino a poco prima proibi­te per un forse eccessivo scrupolo prudenziale delle autorità eccle­siastiche, ancora condizionate da­gli eccessi libertari della Riforma luterana. Vittorio accettò il consi­glio, ma avvertì la sua possibile e­quivocità escatologica e corresse La Pira, proponendo un nome più chiaro e più moderno: appunto ‘Il sabato‘.
In Italia Citterich era venuto quat­tordicenne con il padre, italiano, e poco dopo la precoce morte della madre, dalla Grecia, dov’era nato nel 1930 a Salonicco, e cominciò a scrivere per ‘Testimonianze‘, la ri­vista ‘laica‘ fondata da padre Er­nesto Balducci e impegnata nel dialogo tra culture e religioni, e per ‘Politica‘, edita dal Mulino e di­retta dal giovane deputato demo­cristiano Nicola Pistelli, ormai scomparso da molti anni. Entrò poi nel quotidiano fiorentino ‘Il mattino‘, tenendo contempora­neamente e per lungo tempo stret­ti rapporti di amicizia e collabora­zione non soltanto con il servita e poeta padre David Maria Turoldo, ma anche con il vescovo Elia Dal­la Costa con l’allora don Silvano Piovanelli, con don Giulio Facibe­ne e con don Lorenzo Milani, di cui difese coraggiosamente la fi­gura e il ministero. Infine arrivò al ‘L’Avvenire d’Italia‘, il quotidiano cattolico edito a Bologna e diretto allora da Raimondo Manzini (poi direttore dell’‘Osservatore roma­no‘).
Per ‘L’Avvenire d’Italia‘, di cui l’at­tuale ‘Avvenire‘ può ben essere definito l’erede, Vittorio Citterich seguì, insieme con l’allora diretto­re Raniero La Valle, tutto il Conci­lio Vaticano II: le cronache e i com­menti di quel duetto furono tali da spingere la stampa di quasi tutto il mondo a interessarsi, per la prima volta a livello del globo, della vita della Chiesa e in particolare del Pa­pato e della Santa Sede.
Chiamato, infine, dalla Rai, fu dal 1967 al 1970 corrispondente da Mosca per il Tg1, di cui divenne poi conduttore, inviato speciale, auto­re di inchieste e servizi speciali e responsabile del­l’informazione re­ligiosa. Rimase al­la Rai, con il suo permanente e tra­sparente sorriso, fino alla pensione. Con la sua prepa­razione intellet­tuale e culturale, Citterich fu, infi­ne, a lungo un prezioso com­mentatore, per ‘Avvenire‘, dei principali avveni­menti della Chiesa. La sua produ­zione giornalistica fu abbondante in qualità e quantità e fu comple­tata da alcuni libri tra cui ricorde­remo il già citato Un Santo al Cre­mino, Giorgio La Pira (1986), e poi
Un Papa sull’orizzonte del 2000 (ovviamente Giovanni Paolo II), scritto nel 1979 insieme con lo scrittore e vaticanista polacco Sta­nislaw Grygiel, e Professore mi ri­cordo. Lettere a La Pira 1981-1991.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 04-AGO-11
 

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