«McLuhan? Allinizio lhanno snobbato in tanti, mentre è fortissima la sua componente cattolica. Questanno, per il suo centenario, nel mondo si celebrano oltre 250 convegni a lui dedicati, pure in Cina e Corea. Il web? Va regolamentato ma, come dimostrano le rivolte arabe, la Rete è via di libertà, come lo fu la stampa nel Rinascimento». Derrick de Kerckhove, uno dei massimi massmediologi al mondo, spazia tra Onda verde, Chesterton e Facebook. Intervenuto il 6 giugno al Festival della comunicazione di Padova con una lectio su ‘Il volto e la maschera: potere e sapere nella società in rete‘, il docente dellUniversità di Toronto promuove latteggiamento della Chiesa verso i nuovi media.
Un secolo fa nasceva il suo maestro Marshall McLuhan. Il suo pensiero è stato interpretato in maniera contraddittoria: ‘un antimoderno‘ e un guru dei nuovi media. Quale il ‘vero‘ McLuhan? «Entrambi. Lui era completamente contrario ai cambiamenti operati dai mezzi di comunicazione. Da vero letterato, vedeva il diavolo dentro i media, li considerava la causa di unimminente perdita dellidentità privata dellindividuo (io non ero sempre daccordo con lui…). Egli però era soprattutto un osservatore. Solo dopo luscita de La sposa meccanica il suo è diventato un giudizio morale. Allinizio aveva solo la volontà di capire. Certo, ad un punto in lui è prevalso il sentimento sintetizzabile nello slogan ‘Fermate il mondo, voglio scendere‘. Ma in realtà McLuhan voleva osservare e farlo con ironia, alla maniera di Nietzsche».
In quali aspetti la fede cattolica di McLuhan ha inciso nel suo pensiero? «Un giorno un giornalista lo ha intervistato nel suo studio allUniversità di Toronto. E a ad un certo punto gli ha chiesto cosa fosse quella cosa sul muro. ‘Un crocifisso‘ fu la risposta. E il reporter: ‘Ma lei non sarà cattolico?‘. E lui: ‘Della peggior specie, un convertito‘. Proveniva dallanglicanesimo. Tutto risaliva al suo incontro con Chesterton: un giorno, con il suo amico Tom Easterbrook (in futuro un noto economista) entrarono in un negozio di libri usati. Dopo unora ne uscirono con un volume ciascuno: McLuhan aveva in mano un saggio sul distribuzionismo, Easterbrook invece Ciò che non va nel mondo del grande scrittore inglese. Se li scambiarono. E quello scambio determinò le carriere di entrambi. McLuhan era convinto che non sono le teorie e i concetti che cambiano la mente delle persone, bensì la percezione. Diceva: ‘Nella Chiesa non si entra con dei pensieri in testa, ma in ginocchio‘. Su questo era un vero artista, che puntava sullimportanza delle percezioni piuttosto che sul primato dei concetti».
Lei è considerato uno dei grandi interpreti del mondo digitale. Questo 2011 è segnato dalla Primavera araba che ha avuto come ‘ingrediente‘ decisivo luso della Rete. Internet come esperienza che fa democrazia reale? «Nel Rinascimento la diffusione di scrittura e stampa favorì la separazione del potere temporale da quello spirituale. Quel fenomeno durò duecento anni (con relative guerre di religione …), il tempo in cui la gente che sapeva scrivere, leggere la Bibbia e interpretarla iniziò a decidere del proprio futuro. Oggi, per la prima volta, proprio tramite la Rete, la gente può intervenire in tempo reale su quello che succede. Finora questo avveniva solo in modo mediato attraverso la politica. Tutto questo ha un peso decisivo nel contesto islamico, visto che la scrittura araba (come quella ebraica) è un tuttuno con il suo messaggio: nel caso dellarabo ci deve essere una persona per completare oralmente lo scritto. Dunque, se nella scrittura alfabetica esiste uno stacco tra chi scrive e il messaggio del testo, in arabo questo non avviene. Con la Rete le popolazioni arabe, e in particolare i giovani, si sono ripresi per la prima volta il potere della parola».
Quando va segnato questo punto di svolta? «Decisivo è quanto accaduto con lOnda verde in Iran nel 2009. In quelloccasione la società araba si è resa conto che qualcosa andava cambiato: perché - si chiedevano i giovani - bisogna studiare alluniversità per poi finire a guidare i taxi?».
Il filosofo Roger Scruton critica chi accusa Facebook di ‘manipolare i giovani‘. Lei come la vede? «Io odio Facebook. Perché ha la pretesa di essere padrone delle mie immagini, delle mie informazioni e della mia e-mail. Esso causa la perdita dellautonomia personale. Ora in Italia e in Francia, finalmente, si discute della sua regolamentazione, così come, a mio giudizio, vanno riviste i parametri di Google. In particolare va salvaguardato il diritto alloblio dellindividuo».
Di recente il Vaticano ha organizzato un incontro con centocinquanta blogger di tutto il mondo. Quellevento, in poco tempo, ha generato quattoridici milioni di pagine web. Come giudica il rapporto tra nuovi media e la Chiesa? «Giovanni Paolo II è stato il pontefice della televisione: ha capito limportanza del rapporto con il mezzo tv. Benedetto XVI, se allinizio dava lidea di essere molto conservatore, si è dimostrato - anche grazie a bravi consiglieri - molto avanzato: è andato fino su YouTube! Posso confidarle un sogno? La santità di domani, a mio giudizio, avrà molto a che fare con la trasparenza. Immagino una webcam che segua il Papa in tutta la sua giornata: lui potrebbe farlo perché è una persona davvero notevole!».