Negli anni del sempre e ovunque connessi, il «posizionamento» nei motori di ricerca sta diventando come la corsa alloro per i primi pionieri del Klondike. Nel linguaggio tecnico informatico questo fenomeno è indicato con il termine di «ranking», parola inglese che significa «posizione in una graduatoria». Una volta materia esclusiva di tecnici e webmaster, nellera del web 2.0 il «ranking» è diventato appannaggio di professionisti, società di consulenza e aziende di ogni settore, compreso quello editoriale, che vogliono stare sempre ai primi posti di questa classifica on line (il termine Page Rank è un marchio registrato da Google, ndr). La pole position sulla griglia di un motore di ricerca equivale ad essere immediatamente visibili e «in alto». Ad alimentare la competizione, la regola del «chi non sa creare contenuti, sul Web non esiste». Per questo motivo negli ultimi tempi sono nati fenomeni come quello della «fattoria dei contenuti», letteralmente in inglese «content farm», che agiscono sui contenuti informativi allo scopo esclusivo di aumentare il «ranking», ovvero di far raggiungere a siti e pagine Web la vetta della classifica nei motori di ricerca. Diffusosi negli Usa, e ora approdato anche in Europa, la «content farm» consiste nel generare contenuti, ad esempio news, opinioni su fatti di cronaca, commenti a editoriali, ma anche brevi testi su particolari tematiche redatti dai cosiddetti «writers», per lo più giovani che per pochi dollari inseriscono materiali sul web. Secondo gli esperti, questi «scrittori digitali» si concentrano molto sulla quantità sacrificando la qualità dei contenuti e utilizzando la Rete solo come uno spazio da riempire per agevolare un blog e creare un effetto di migliore indicizzazione sui motori di ricerca. Poiché un motore di ricerca considera un risultato tanto più valido quanto più numerosi sono i link, cioè i collegamenti presenti allinterno di un sito Web, la loro abilità sta proprio nel costruire pagine ricche di link. Da qui lesigenza dei principali gestori dei motori di correre ai ripari per preservare i contenuti di qualità rispetto a quelli di bassa qualità. Senza entrare nella polemica e nei dibattiti in atto sulle «content farm», ma riflettendo semplicemente sullimportanza di creare contenuti che siano davvero di qualità per gli utenti, quante volte capita di intraprendere una ricerca ed avere come risultato ai primi posti siti internet che portano solo a pagine povere di informazioni? Un fattore che crea - come dicono gli esperti - stress a tutti quegli utenti che non trovano a portata di mano quello che davvero cercavano. Di fronte a tutto ciò è evidente che in gioco cè la credibilità e la qualità delle informazioni in Rete, due fattori che richiamano il vero lavoro giornalistico che ogni giorno viene svolto nelle redazioni dei quotidiani, delle tv, delle radio, ma anche delle testate on line e negli uffici stampa che producono informazione per il Web. Sono i giornalisti di professione che fanno la differenza nella produzione dei contenuti, anche on line. Scrivere testi di qualità non vuol dire solo riempire uno spazio, ma utilizzare in modo positivo e costruttivo gli strumenti del web 2.0 tenendo sempre presenti le regole delletica e della deontologia professionale. Daltra parte, chi meglio dei giornalisti e dei gruppi editoriali consolidati possono riuscire in questa impresa tutta multimediale proiettata verso un futuro di convergenza digitale su ununica piattaforma?