Il «dopo Macerata» è già cominciato. E saranno tre le direttrici su cui si muoverà lUfficio nazionale per le comunicazioni sociali che ha promosso il Convegno «Abitanti digitali» insieme col Servizio informatico della Cei: linteresse al territorio, il dialogo con le realtà associative che viaggiano lungo le autostrade mediatiche e lattenzione agli animatori della comunicazione e della cultura. «Il primo impegno - spiega monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dellUfficio nazionale - sarà quello di valorizzare il territorio attraverso un percorso dellUfficio che porti a incontrare i nostri referenti per ascoltare le loro attese e le loro difficoltà. Lintento è di mettere in rete quanti nelle diocesi italiane sono in prima linea sul versante delle comunicazioni sociali per favorire il confronto». Laltro ambito su cui lUfficio nazionale intende puntare è «lattenzione alle varie realtà impegnate nelle comunicazione che gravitano intorno al mondo ecclesiale», afferma monsignor Pompili. Ne sarà la dimostrazione la presenza dellUfficio Cei al prossimo convegno della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) che avrà per tema «Internet e territorio: due luoghi da abitare» e che si terrà a ottobre a Cesena. Il terzo ‘fronte‘ è quello degli animatori nelle parrocchie. «Lufficio ha investito molto sulla formazione. Con loro sarà realizzato un cammino che vuol mettere in evidenze le competenze acquisite e far sì che gli animatori della comunicazioni e della cultura entrino nella pastorale ordinaria. Del resto, come ci sono i catechisti o gli animatori della liturgia, la Chiesa italiana avverte lurgenza di avere figure che abbiano non solo una specifica sensibilità sui media ma anche unaccurata preparazione per dire una parola autorevole e aiutare le comunità ad affrontare le sfide che giungono dallambiente digitale». Uno spazio in cui la comunità ecclesiale intende esserci. «Infatti abitare - spiega don Ivan Maffeis, vice direttore dellUfficio nazionale per le comunicazioni sociali - è il modo con cui ci relazioniamo a questo nostro tempo non da stranieri ma da interpreti delle istanze delluomo».