"Miserere. Racconti votivi" il titolo dell'esposizione accessibile dal 20 giugno al 20 settembre: un itinerario dentro la preghiera del sofferente
«...siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta
inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca,
tutti fragili e disorientati ma nello stesso tempo importanti e necessari,
tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda...».
L'eco delle parole pronunciate da
Papa Francesco il 27 marzo scorso in un'apocalittica Piazza San Pietro deserta,
avvolta dall'oscurità e battuta dalla pioggia, riverbera ancora forte, come
miele accarezza le ferite dell'animo, lenisce dolori, patimenti, induce a
confrontarci con sofferenze, speranze e preghiere che oggi più che mai appaiono
corali, collettive e universali. Da qui la decisione di riaprire al pubblico, da sabato 20 giugno, le
sale del Museo Diocesano Arborense con la mostra ideata per il periodo
pasquale, allora inevitabilmente annullata, che adesso riletta con l'animo del
"naufrago sopravvissuto alla tempesta" si carica di nuovi e più
intensi significati sociali, culturali, cultuali e antropologici. Il progetto
"MISERERE Racconti Votivi",
curato da Anna Rita Punzo con la direzione di Silvia Oppo, propone una riflessione sui dispositivi narrativi e rappresentativi
della preghiera del sofferente: gli ex-voto.
Il titolo rimanda alla capacità di queste potenti composizioni devozionali,
polimorfe e polimateriche, di configurarsi quali peculiari "spazi locutori",
cioè atti di definizione e fissazione della parola e dunque di racconto. Le
voci narranti sono quelle di tre sensibili interpreti: Giovanna Maria Boscani,
Gianni Nieddu e Giovanni Sanna, cui si aggiunge il "coro" dei
detenuti di diverse case circondariali regionali, autori degli ex-voto realizzati per il progetto
"PGNR Pergrazianonricevuta"
(di Giovanna Maria Boscani e Joe Perrino). In quest'ultimo caso l'oggetto
votivo oltre a rappresentare la "via
di fuga", la speranza del riscatto, la soluzione escatologica contrapposta
a un presente che trattiene entro il limes
dell'impossibilità, è anche medium di
significati e connessioni tra la prima
tappa della Via Crucis e la sesta dell'agire
misericordioso: Visitare i carcerati. La misericordia è il sentimento motivante
dell'agire e dell'interagire umano che dispone l'animo alla compartecipazione
della sofferenza altrui e avvicina colui che la intraprende al doloroso
itinerario che condusse Cristo al Golgota; del resto lo stesso Gesù fu
arrestato e condannato (Mt 26, 50), prima di lui
i Patriarchi e i Profeti e dopo di lui i primi seguaci e cristiani. I detenuti sono inoltre menzionati nella
parabola del giudizio finale (Mt 25, 31-46) "Ero in carcere e siete venuti a trovarmi", come
pure nella
lettera agli Ebrei (10, 32-35) "... avete
preso parte alle sofferenze dei carcerati", (13, 3) "...ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere".
Le opere che
definiscono il percorso espositivo articolano soluzioni stilistiche e materiche
differenti. Il raffinato tratto grafico di Gianni Nieddu, ora essenziale, ora
carico d'intensa densità chiaroscurale, mette in scena una Via Crucis concreta, solida, ferma e al contempo evanescente, in
cui la presenza umana è appena accennata, quasi suggerita, in bilico tra
manifestazione e negazione, percezione ed essenza. Il tratto rapido, sicuro e
vibrante della sanguigna di Giovanni Sanna definisce le delicate membra e il
ricco panneggio del nunzio evangelico che incede tra figure ed elementi
architettonici solo abbozzati; sua competenza è "... portare al cospetto di Dio le preghiere degli uomini"
(Tb
12,12) (Ap 5,8; 8,3), qui materialmente definite dagli ex-voto. Il ricco campionario
di riproduzioni anatomiche, attributi iconografici e repertori figurativi realizzato
da Giovanna Maria Boscani, amplifica ed enfatizza gli aspetti sacri, macabri e kitsch
del lessico compositivo e didascalico-narrativo proprio della devozione
popolare. I lavori dell'artista sassarese, in complesso con i cimeli votivi
provenienti dai Santuari di Nostra Signora del Rimedio (Oristano), di Nostra Signora
di Bonacattu (Bonarcado) e dalla Chiesa di San Palmerio (Ghilarza) compongono un
tripudio di forme, colori, storie e simbologie tale da evocare le parole di Benedetto
Croce che nel 1923 così ammoniva:
«Voi, illuminati nemici di
superstizioni, voi che irridete le pratiche popolari, i santuari, le pitture
miracolose, gli ex-voto, i tatuaggi sacri e simili, avete mai penetrato lo spirito
di siffatte pratiche, le avete intese quali sono, simboli di vita morale, che
infrenano, minacciano, consolano, e ispirano gentilezza di sentimenti e azioni
buone? Schernite le goffe chiese spagnuole, dove le immagini dei santi sono
incrostate di lamine d'argento e di altri ornamenti di cattivo gusto: ma
forsechè quelle chiese sono musei per artisti e non case di Dio, nelle quali
semplici devoti vanno per pregare? "» (B. Croce "Poesia e non
Poesia", 1923).
Quasi cento anni dopo il Museo Diocesano Arborense
diventa "chiesa" per gli artisti che a quelle manifestazioni di
semplice arte devozionale e popolare guardano con ammirazione, interesse e
sensibilità.