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 Anagrafe - Archivio News - Glorioso Maggio 1799 - Altamura "Leonessa di Puglia" 
Glorioso Maggio 1799 - Altamura "Leonessa di Puglia"   versione testuale
Zecher l'Churban "ricordati della distruzione". Cronaca minuziosa dei tragici eventi tra l'8 e il 10 maggio del 1799 ad Altamura







Glorioso Maggio 1799 - Altamura "Leonessa di Puglia" è un percorso didattico che in questi giorni avrebbe visto coinvolte numerose scolaresche alla scoperta dei luoghi che conservano memoria della Rivoluzione che ha valso l'appellativo di "Leonessa di Puglia" alla città di Altamura. Sull'esempio di quanto accaduto a Napoli, anche Altamura visse la sua esperienza repubblicana ispirata ai principi di libertà, uguaglianza e fraternità propagandati durante la Rivoluzione Francese.
Tra le testimonianze di questo tragico periodo storico, vi è il Registro di Amministrazione delle Masserie del Capitolo proveniente dall'Archivio Diocesano sezione di Altamura, oggi esposto al Museo Diocesano Matronei Altamura. Sfogliando le pagine di questo registro, vi sono annotate annualmente, a partire dal 1774, le varie voci di introito ed esito relative alla gestione delle aziende agricole, i numeri dei capi di bestiame, la tipologia e la quantità delle colture seminative, le spese per il personale da impiegare nei lavori dei campi, gli introiti derivanti dalle vendite di carni, formaggi, lana ecc. All'anno 1800, si trova una pagina di cronaca dell'assedio e del sacco della città di Altamura perpetrato dall'esercito del Cardinale Fabrizio Ruffo tra l'8 e il 10 maggio. L'anonimo compilatore ha intitolato la pagina "Zecher le Chorban" cioè "ricordati della distruzione", con chiaro riferimento a quella del tempio di Gerusalemme. Di seguito, si propone la trascrizione del testo:

ZECHER LE CHORBAN

Vi fo presente o mio lettore il funesto avvenimento accaduto in questa nostra afflitta Città, e si è che nel dì 9 di Maggio corrente anno si vidde verso le ore dieci venire da questa parte di Matera una numerosissima truppa divisa in tre colonne, e questa con la bandiera, e divisa del nostro invitto Sovrano Ferdinando IV (che Dio guardi) sotto la direzione e comando dell'Eminentissimo Cardinal D. Fabrizio Ruffo, ed appena giunto al prospetto a vicinanza, ecco s'incominciò un vivissimo fuoco fra essa truppa e di pochi mal contenti, che erano al di dentro di estera nazione; o Dio, si vedeva il terrore e lo spavento delle continue cannonate, e con la pioggia di molte bombe e archibugiate: ecco la povera gente attonita, ed atterrita fugge, chi in Chiesa, chi in più profonde cavi di miserabili sottani e pozzi per essere sicuri della vita! Ma che, tutto ciò si faceva con moltissimi timori non essendoci adito sicuro di tragittar le strade; sicchè poveri abitanti disabitati erano divenuti qual altra colomba mandata dall'Arca di Noè per osservare se erano disseccate le acque del diluvio, ma non ebbe dove posare il piè, ed in simil deplorabil conflitto dai malcontenti sudditi furono abbandonati nella desolazione ed sterminio, dandosi essi ad una precipitosa fuga, e lasciare i poveri innocenti nella desolazione ed estermini. Nel seguente giorno, di dieci, verso le ore nove entrò detta truppa, e come rabbiosi cani, che contendono dividersi una preda incominciarono un orribil sacco, ed occisione, si accrebbe il terrore, ed il spavento non avendo luogo dove fuggire, e nascondersi, trovandosi da per dove circondati da numerosa soldatesca, e questi devastando le case con foco, assassinando, assassinando le case con prede, non perdonando ben anche a sacre chiese, e chiostri, in tal terrore si vedevano deplorando le madri cercando le figlie, i mariti non avendo notizie delle donne, e i fratelli delle sorelle, e quello, che più inorridiva, che a persone delle più potenti mancava il pane a poter soccorrere la fame dei piangenti figli perché tutto era saccheggiato, il simile anco accadde alle masserie, in campagna a bestiami e grano e stromenti di dette massarie, e non avendo altra maniera di esprimersi di un sì lacrimevole giorno conchiudo colla scrittura = Dies magna et amara valde = che Iddio ci liberi da una simile.


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