|
|
|
Il cyberbullismo c'č, i genitori no
Aggressioni e molestie ai coetanei riprese col telefonino e poi postate sui social network o via e-mail, come accade spesso anche con foto e video dal contenuto hard. Ma ci sono anche adolescenti che usano annunci e chat per adescare le loro vittime, ed altri ancora che cascano nel tranello. Nell’indifferenza, purtroppo, dei genitori. Il web è l’ambito dove avvengono più frequentemente i fenomeni di bullismo. Ed è anche a scuola che i ragazzi mettono in atto i loro propositi di violenza contro i compagni più fragili e timidi, adoperando Internet come una 'vetrina' per vantarsi e umiliare chi viene preso di mira. Rischiando gravi e durature conseguenze sulla reputazione personale.
Il cyberbullismo è diventata un’emergenza a cui bisogna far fronte subito e con mezzi adeguati. Lo si evince dall’indagine 'Verso un uso consapevole dei media digitali' curata dal Censis in collaborazione con la Polizia postale e presentata il 10 marzo alla Scuola Superiore di Polizia. Dai dati risulta che in metà delle scuole italiane i presidi hanno dovuto gestire situazioni che hanno a che fare con le violenze perpetrate da studenti attraverso la Rete: per il 10% si è trattato di episodi di sexting (invio di immagini sessualmente esplicite) e per il 3% di adescamento online ai danni di minori. E per questo, nel 51% dei casi, i capi degli istituti scolastici si sono dovuti rivolgere alle forze dell’ordine per scoprire, fermare, denunciare atti da ritenersi criminosi perché provocano danni fisici o morali (e spesso entrambi) a una persona. Ma i genitori, a quanto pare, tenderebbero a sminuire il bullismo digitale considerandolo poco più che uno scherzo tra ragazzi: lo afferma infatti l’81% dei 1.727 presidi di medie e superiori che hanno risposto al questionario. Un rimpallo di responsabilità? In particolare, secondo il 77% dei presidi, Internet è l’ambiente privilegiato dai bulli, più di quanto avvenga in luoghi di aggregazione giovanile come bar, circoli e locali pubblici (47%). Ma c’è chi esercita tale attività col cellulare nel tragitto tra casa e scuola (35%) o all’interno dello stesso istituto scolastico (24%). Altro dato interessante: per il 45% dei dirigenti il fenomeno riguarda non più del 5% dei loro studenti (quasi in una scuola su 5, però, il famigerato sextingcoinvolge tra il 5% e il 30% dei ragazzi). Ma chi sono veramente i cyberbulli? Il loro identikit sociale sembra ancora abbastanza confuso. Per il 70% degli intervistati si tratterebbe, indifferentemente, di maschi o femmine, per il 19% invece sono in prevalenza ragazze e per l’11% soprattutto maschietti. Dall’indagine risulta inoltre che solo il 39% delle scuole della penisola ha attuato azioni specifiche di prevenzioni e repressione del cyberbullismo. Soltanto il 10% degli istituti, infine, ha un vero e proprio programma di monitoraggio attraverso questionari rivolti a studenti e genitori. Insomma, c’è ancora molta strada da fare.
|
|
|
|
|