Impronte digitali e violazione dei diritti dei richiedenti asilo, il caso Lampedusa all’esame di Bruxelles
Articolo di Luca Insalaco - Lampedusa
(11 dicembre 2015) - Il centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) di Lampedusa è al centro di un caso politico che vede contrapposti i vertici dell’Unione europea e il Governo italiano. Per l’Ue la linea italiana nella gestione dei migranti che passano dalla frontiera sud del Vecchio Continente è troppo morbida. Le critiche dell’esecutivo comunitario, in particolare, si concentrano sulla presunta trascuratezza delle forze di polizia nella raccolta e trasmissione delle impronte digitali dei profughi che transitano dal centro di contrada Imbriacola. Da qui la procedura di infrazione che la Commissione europea ha aperto nei confronti del nostro Paese, con una formale messa in mora finalizzata ad attivare una più rigorosa attuazione nel regolamento Eurodac sulle procedure di identificazione degli stranieri.
Per il Governo italiano, al contrario, la raccolta delle impronte digitali dei migranti sarebbe subordinata all’avvio a pieno regime del piano di ricollocamento dei profughi, programma approvato a Bruxelles ma ben presto arenatosi contro le resistenze di non pochi Paesi membri.
Nella confusione che contraddistingue la marcia politica dell’Unione europea, il centro di Lampedusa è stato il primo hotspot attivato dall’Italia, facendo così dell’isola ancora una volta luogo di sperimentazione, con risultati che non appaino felici, in primo luogo, per i destinatari delle politiche decise altrove. Da più parti, infatti, si segnalano prassi illegittime e violazione dei diritti dei migranti, a cominciare dalla facoltà degli stessi di presentare richiesta d’asilo. Da ultimo un gruppo di 22 europarlamentari di diversi gruppi politici ha presentato un’interrogazione in Commissione europea per segnalare le pratiche messe in atto dalle autorità italiane nell’hotspot lampedusano, struttura gestita ufficialmente dall’Unione europea attraverso i funzionari Frontex, da mesi presenti in pianta stabile sull’isola. Nell’interrogazione, in particolare, si contestano gravi mancanze riguardo la tutela dei diritti umani dei migranti e richiedenti asilo.
«Arrivati nell’hotspot, i migranti sono frettolosamente intervistati e ricevono un formulario incompleto senza informazioni sul diritto all’asilo – accusa una dei firmatari dell’interrogazione, l’eurodeputata Barbara Spinelli -. Pertanto, molti migranti ricevono provvedimenti di respingimento senza avere avuto l’opportunità di chiedere asilo ai sensi delle direttive 2011/95/UE detta ‘Direttiva Qualifiche’ e 2013/32/UE detta ‘Direttiva Procedure’. Una volta ricevuti i provvedimenti di respingimento, i migranti sono cacciati dai centri con un documento che li obbliga a lasciare il paese entro sette giorni dall’aeroporto di Roma-Fiumicino». I provvedimenti di respingimento cd. “differito” così adottati contrasterebbero con l’articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e con la giurisprudenza consolidata della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Per questi motivi gli europarlamenti hanno chiesto alla Commissione di indagare sulla compatibilità di tali pratiche di gestione degli hotspot con il diritto dell’Unione Europea. (Luca Insalaco - Lampedusa)