Cpsa di Pozzallo, Medici Senza Frontiere: condizioni degradanti e scarta tutela per i soggetti vulnerabili
Articolo di Luca Insalaco - Palermo
(25 novembre 2015) - “Un centro con servizi igienici che spesso non funzionano, senza un luogo adeguato per svolgere i trattamenti anti-scabbia, e dove non è garantita nessuna riservatezza non offre un’accoglienza dignitosa”. Le parole di Claudia Lodesani, medico e coordinatrice Medici Senza Frontiere in Italia, fotografano in maniera impietosa lo stato del Centro di Primo Soccorso e Accoglienza (CPSA) di Pozzallo, al cui interno l’organizzazione umanitaria opera dallo scorso mese di febbraio, fornendo assistenza medica e, su segnalazione, supporto psicologico ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati presenti nella struttura. Servizi che MSF cerca di offrire pur scontrandosi con le inefficienze del sistema e con le insufficienti risposte delle autorità competenti alle criticità denunciate. Un quadro, quello del centro di Pozzallo, rappresentato nel rapporto “Accoglienza Migranti”, presentato qualche giorno fa alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti e che tratteggia condizioni sotto gli standard minimi per quanto riguarda i servizi offerti e un deficit di protezione alle categorie di persone più vulnerabili. Dal documento, poi, emerge una struttura spesso sovraffollata e bisognosa di urgenti lavori di manutenzione, interventi mai eseguiti nonostante le ripetute segnalazioni.
Il centro – spiega MSF – che ha una capienza massima di 220 persone, si trova spesso a rispondere all’arrivo di numeri molto più alti, senza garantire un’adeguata separazione tra individui di diverso sesso, e una protezione adatta alle persone vulnerabili. Gli ospiti del CPSA – aggiunge l’organizzazione – riferiscono spesso di non possedere l’informativa legale e di non avere la possibilità di uscire o di chiamare i propri familiari, a causa della mancanza di accesso a linee e schede telefoniche.
Sono circa 12.483 i profughi arrivati dall’inizio dell’anno nel porto di Pozzallo e più di 2.600 le persone visitate dalle equipe mediche di MSF che lavorano all’interno della struttura pozzallese. “Oggi più che mai abbiamo bisogno di un sistema di accoglienza che tenga in considerazione le esigenze di chi ha alle spalle esperienze traumatiche – spiega la coordinatrice italiana di MSF, Claudia Lodesani –. Fin dalle prime fasi dell’arrivo, i servizi offerti dovrebbero garantire maggior protezione, come ad esempio, accesso a cure mediche rapide, disponibilità di spazi idonei ad ospitare donne e bambini e un’adeguata informativa legale. Il riconoscimento, già dalle prime ore dopo l’arrivo, delle persone più vulnerabili come per esempio delle vittime di violenza, è fondamentale”.
La presentazione del rapporto ha fornito l’occasione all’organizzazione umanitaria per chiedere alle autorità italiane di abbandonare l’approccio emergenziale e di sviluppare una risposta più strutturata, per garantire condizioni di accoglienza e servizi adeguati. “Il diritto alla salute e il benessere psico-fisico delle persone devono essere considerati prioritari e come tali devono essere tutelati e garantiti – sottolinea Stefano Di Carlo, capomissione MSF in Italia – Le persone ospitate all’interno del sistema di prima accoglienza devono essere trattate umanamente e in modo dignitoso. In particolare – aggiunge – chi desidera presentare richiesta di asilo deve essere messo nella condizione di farlo con procedure atte a individuarne le vulnerabilità”. (Luca Insalaco - Palermo)