(2 luglio 2015) - Nuova ondata di partenze di migliaia di uomini, donne e bambini, che dalle coste libiche tentano di attraversare il Mediterraneo. Solo nella giornata del 28 giugno, i mezzi navali della missione Triton sono intervenuti in 21 operazioni di soccorso per aiutare circa 2.900 migranti in difficoltà. In 194, tutti provenienti dall’Africa subsahariana, hanno toccato sani e salvi il molo Favarolo di Lampedusa, giunti in tarda serata dopo due operazioni successive: un primo gruppo di 87 recuperati da due unità SAR della Guardia Costiera e un secondo gruppo di 107 portati da una motovedetta della Guardia di Finanza. Fra loro moltissime donne e due bambine, una piccolissima di sei mesi. Puntualmente l’isola maggiore delle Pelagie, meta ambita di tanti vacanzieri, si presta a essere un luogo di approdo, un piccolo porto di appoggio dove prendere fiato e ricominciare immediatamente il viaggio. Intanto il Centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa ha superato nuovamente la capienza consentita, nonostante qualche giorno prima fosse stato svuotato ricorrendo a delle corse straordinarie di aliscafi e traghetti, fomentando la giusta rabbia della sorella minore Linosa, altro approdo che subisce i disagi dell’isolamento, dove ancora è in corso una protesta per un aliscafo che non è garantito. Nelle mattinate e nelle nottate successive, altri profughi faranno rotta verso queste terre dove, spesso dimenticate, vivono molte persone alle quali sono negati tanti diritti e che però non perdono occasione di rivendicare quelli altrui. Solo una settimana fa, infatti, uno striscione all’uscita dell’aeroporto di Lampedusa ha accolto i turisti sbarcati sull’Isola, con la frase: “20 giugno 2015.
Lampedusa celebra la giornata del rifugiato. 365 giorni l'anno”. L'iniziativa è stata organizzata dai componenti nel “neonato” Forum Solidale, un gruppo di lampedusani impegnati nel sociale e alcuni referenti di associazioni che operano nel territorio, come Amici dei Bambini, con l’intento di sensibilizzare sulla condizione di sofferenza di chi è costretto a fuggire dalla propria patria e pur portando l’etichetta di “rifugiato”, con difficoltà ottiene il diritto di protezione. All’interno del Forum, singolarmente si da il proprio contributo, uscendo fuori dalle logiche della politica e svincolandosi da quel sistema di accoglienza che rende ogni essere umano un numero. Le stesse persone si ritrovano a collaborare per dare assistenza ai migranti al momento dello sbarco e provare a restituire loro un pizzico di dignità. La celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato, voluta per quel giorno dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dall’aeroporto si è spostata in serata sulla via principale dell’isola, dove indossando delle significative t-shirts ognuno liberamente ha letto una preghiera, una poesia, un brano, qualunque cosa raccontasse ed esprimesse il proprio pensiero su un tema così importante che deve però essere tenuto in mente tutto l’anno.
Il diritto di asilo, di essere accolto, di essere ospitato è fondamentale e innegabile a chi subisce il dramma della guerra, della violenza, della persecuzione e della povertà, è di vitale importanza per chi scappa da morte certa. A tal proposito riportiamo la testimonianza di Aweis Ahmed, un rifugiato somalo in Italia.
A chi chiede: “Non era meglio rimanere a casa piuttosto che morire in mare?” rispondo: “Non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile: Tu che sceglieresti? O meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?” A chi domanda: “Cosa speravate di trovare in Europa? Non c’è lavoro per noi figurarsi per gli altri" rispondo: “Cerchiamo salvezza, futuro, cerchiamo di sopravvivere. Non abbiamo colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e soprattutto voi non avete alcun merito di essere nati dalla parte giusta”.… A chi chiede: “Come si possono evitare altre morti nel Mediterraneo?” rispondo: "Venite a vedere come viviamo, dove abitiamo, guardate le nostre scuole, informatevi dai nostri giornali, camminate per le nostre strade, ascoltate i nostri politici. Prima dell’ennesima legge, dell’ennesima direttiva, dell’ennesima misura straordinaria, impegnatevi a conoscerci, a trovare le risposte nel luogo da cui si scappa e non in quello in cui si cerca di arrivare. Cambiate prospettiva, mettetevi nei nostri panni e provate a vivere una nostra giornata. Capirete che i criminali che ci fanno salire sul gommone, il deserto, il mare, l’odio e l’indifferenza che molti di noi incontrano qui non sono il male peggiore”.
Difficile indossare i panni degli altri, difficile capire cosa vuol dire essere rifugiati, molte volte l’immaginazione non tenta nemmeno di rispecchiare la realtà. Terminiamo proprio con la celebre poesia Se questo è un uomo di Primo Levi, letta, come la testimonianza di Ahmed e tanto altro, da uno dei partecipanti alla “#Giornata del Rifugiato-Lampedusa” e consideriamo se questi siano uomini, se debbano subire ancora gli “olocausti della loro dignità”. (Maria Veronica Policardi - operatrice di Ai.Bi. a Lampedusa)