(9 giugno 2015) - Dal Senegal alla Sicilia rimanendo sempre fedele alla musica. La storia di Dieudonne Badji potrebbe benissimo essere la trama di un romanzo. Nella sua terra conosce una donna e dall’amore tra i due nasce una bambina. Ben presto, però, la ragazza decide di tornare in Francia, portando con se la bimba. A quel punto per il protagonista di questa vicenda inizia una lunga corsa per riabbracciare la figlioletta. Riesce a trasferirsi in Francia, ma l’esperienza transalpina non dura a lungo. Per restare comunque in Europa e lasciarsi aperta la possibilità di ricongiungersi con la figlia, si sposta a Messina, dove ritrova una parente. Nella città dello Stretto si cimenta in vari mestieri, sperimentando anche lo sfruttamento e le umiliazioni che sono costretti a patire molti migranti.
La svolta arriva quando Dieudonne incontra l’Ufficio Migrantes di Messina e il suo coro, al cui interno riesce a mettere a frutto i propri talenti musicali, già riconosciuti in Senegal. Il nuovo maestro prende in mano la corale diocesana e diventa il simbolo di come il linguaggio musicale possa, più di ogni altro, veicolare messaggi di solidarietà e di fratellanza. Africani, asiatici e italiani: tante voci, tutte diverse, si armonizzano fino a diventarne una sola.
Anche a Lampedusa il gruppo messinese ha portato il proprio esempio di integrazione e di speranza. Nell’isola, diventata il simbolo a livello globale degli “sbarchi”, Dieudonne ha mostrato con orgoglio il proprio status di migrante “per amore”, chiedendo per se il rispetto che si deve a ogni essere umano. “Il fatto di avere scelto volontariamente di lasciare il Senegal e di essere arrivato a bordo di un aereo, anziché su una barca, non ha reso meno difficile il mio percorso di integrazione – ricorda il maestro del coro –. Come spesso capita a tanti miei connazionali, la prima cosa che devi fare comprendere è che sei qui perché vuoi lavorare, perché vuoi renderti utile e sei disposto a dare la tua forza in cambio di qualcosa che non ti viene regalato, ma che ti spetta di diritto, perché è frutto del sudore della tua fronte, a prescindere dal colore della tua pelle. Dunque – sottolinea – vuoi essere rispettato come uomo”.
Le responsabilità di Dieudonne, tuttavia, non si limitano alla direzione della corale. Da gennaio infatti, è anche educatore e mediatore culturale presso il Centro “Ahmed”, che nel capoluogo messinese accoglie i minori stranieri non accompagnati. Per i ragazzi che, tra le altre cose, ricevono supporto scolastico e l’alfabetizzazione linguistica, Dieudonne è diventato ben presto un punto di riferimento. È il fratello maggiore al quale chiedere ogni tipo di informazione burocratica e di consiglio pratico. In lui vedono un precursore, uno come loro che ce l’ha fatta e che può aiutarli a muovere i primi passi in un mondo nuovo e sconosciuto. Dieudonne, dal canto suo, non si risparmia, intrattenendosi con i ragazzi del centro anche oltre il proprio orario di lavoro. “Si tratta di ragazzi che arrivano in Europa con l’intenzione di lavorare subito. Spesso, però, non sono riusciti ad andare a scuola nei loro villaggi e, quindi, devono iniziare un vero percorso scolastico prima di guadagnare qualcosa ed essere così in grado di mandare i soldi a casa. A loro raccomando sempre di non sprecare l’occasione più importante della loro vita, specialmente dopo tutte le difficoltà e i pericoli che hanno affrontato per arrivare. Al di là delle singole esperienze – conclude – la cosa più importante è sapere cosa vogliono e poi fare tutto il possibile per raggiungere i propri obiettivi, nel reciproco rispetto gli uni degli altri”. Dieudonne: nel nome era già traccia la strada del farsi dono agli altri.
(Luca Insalaco - Lampedusa)