(26 maggio 2015) - La Veglia diocesana di Pentecoste, nella ricchezza dei segni che la liturgia propone, è stato un momento di incontro, di condivisione, di unione, di scambio reciproco, vissuto nell’imponente cornice della cattedrale di Messina. Una solennità resa tuttavia familiare dalle melodie intonate dal coro dell’Ufficio Migrantes di Messina, “animatore” del concerto che ha visto protagonisti i venticinque componenti del gruppo musicale diretto dal maestro senegalese Dieudonne Badji.
La Veglia di Pentecoste, che come si sa rappresenta un momento di profonda riflessione, in cui ogni fedele riconferma la sua più intima vocazione verso Dio, rifondando il suo essere famiglia che dialoga, che s’interroga e, soprattutto, che cerca forza nello Spirito, in occasione della celebrazione tenutasi al Duomo di Messina ha rappresentato qualcosa in più.
Il tema “Illuminati dallo Spirito…per raccontare la speranza”, scelto per la celebrazione del 2015, ha infatti consentito di ribadire, così come ricordato in più occasioni da Papa Francesco, che “la speranza per il cristiano è Gesù in persona, è la sua forza di liberare e rifare nuova ogni vita”, attraverso testimonianze che riguardino soprattutto quelle che il pontefice ha definito “periferie esistenziali”. Luoghi, da cui spesso ci teniamo fisicamente lontani, in cui si racchiude però il senso di un’umanità che merita di essere ascoltata, osservata, aiutata. E, adesso più che mai, una delle periferie richiamate da Papa Francesco, non può che essere rappresentata dalle migrazioni forzate. È alle migliaia di uomini, donne e bambini che tuttora attendono il proprio turno per “salpare” dai porti libici, dopo essere riusciti a liberarsi dalle sevizie di carcerieri senza scrupoli, a cui la Chiesa di Messina, nella notte della Veglia di Pentecoste, ha voluto rivolgere un pensiero speciale. Un pensiero “suonato”, un pensiero “cantato”, un pensiero “ballato”, ma soprattutto un pensiero testimoniato da parte di chi, in prima persona, ha vissuto la paura di annegare nel buio del Mediterraneo. Una paura che mai potrà essere dimenticata ma che, proprio perché vissuta, aiuta forse ad apprezzare e a comprendere la vera bellezza della semplicità. Ad accompagnare il coro Migrantes, infatti, anche alcuni ragazzi attualmente ospiti del Centro “Ahmed” , struttura temporanea di accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Cristopher, Pascal, Elvis e Lucky: questi i nomi dei giovani africani che hanno preso parte alla celebrazione raccontando, ciascuno a proprio modo, cosa abbia significato e cosa significhi tutt’ora essere lontani dalla propria terra, alla ricerca di un futuro dai contorni ancora sfumati. I canti scelti dal coro dell’Ufficio Migrnates, individuati sulla base di un criterio ben preciso, volto a favorire una riflessione sui temi dell’accoglienza e dei diritti umani, hanno aiutato ancor più a capire come una Chiesa che veramente vuol stare dalla parte del Vangelo, non possa rimanere indifferente di fronte all’umanità ferita, di fronte ai tanti crocifissi del nostro tempo silenziosamente adagiati sul sabbioso “pavimento” del mar Mediterraneo.
Ed ecco, dunque, i tanti perché “celati” dai canti intonati dai venticinque elementi che compongono il coro Migrantes: partecipare la bellezza dello stare insieme all’interno di un gruppo geograficamente e culturalmente eterogeneo; sensibilizzare la comunità affinché pregiudizi e luoghi comuni non siano una minaccia alla fraterna accoglienza di chi bussa alle nostre porte; educare sui temi della pace e della mondialità; costruire un percorso di dialogo ecumenico e interreligioso. Concetti pieni di significato ma resi quanto mai “leggeri”e, forse proprio per questo ancor più carichi di senso, dalle strofe calorosamente interpretate dal coro Migrantes. Un arcobaleno di note capace di racchiudere l’InCanto dell’incontro con le periferie del mondo.
(Elena De Pasquale - Migrantes Messina)