(8 aprile 2015) - Anche quest’anno, all’interno del programma di preparazione alla Santa Pasqua, si è svolta a Catania la Via Crucis delle comunità multietniche cattoliche promossa dalla Migrantes diocesana. Ancora oggi, nei tanti che hanno partecipato al pio esercizio, italiani e migranti, rimane il ricordo di una celebrazione vissuta con quella devozione e partecipazione che nei nostri contesti è andata via via affievolendosi. Un ricordo che in questo tempo di Pasqua ci accompagnerà e renderà ancora più forte la consapevolezza che la presenza dei migranti in mezzo a noi è un punto di forza per la rivitalizzazione della nostra pastorale e della nostra cattolicità.
All’evento erano presenti numerosi rappresentanti dello Sri Lanka di lingua cingalese e tamil, delle isole delle Mauritius, della Nigeria e dell’Europa dell’Est (Polonia, Ucraina, Romania, Ungheria). Il tema della Via Crucis è stato “Migranti e Chiesa in uscita”, in linea con il messaggio consegnato da Papa Francesco in occasione della recente Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Un monito quello del Santo Padre recepito anche dall’Ufficio di pastorale che, a nome dell’Arcivescovo e di tutta la Chiesa cittadina, nell'istituire una Via Crucis multietnica, ha dato voce agli immigrati di fede cristiana presenti in città. Hanno curato la Via Crucis il diacono Giuseppe Cannizzo, direttore Migrantes, il sacerdote S.G. Cristie Perera, cappellano della comunità etnica cingalese di Catania e l'accolito Giuseppe Calantropo. Il percorso, con partenza dalla Chiesa di “San Biagio” ed arrivo in piazza Ogninella, è stato animato con canti, meditazioni e preghiere in quattro differenti lingue. La Via Crucis ha offerto meditazioni e spunti di riflessione sulle problematiche del nostro tempo legate al fenomeno migratorio. Lungo le 14 stazioni della strada percorsa da Gesù nel portare la croce, dal tribunale dove fu condannato da Pilato, al luogo del Calvario per essere crocifisso, si è pregato per la promozione di una nuova cultura dell’accoglienza e per la pace tra i popoli. Si è posta particolare attenzione al rispetto dei diritti umani e di una pari dignità tra i cittadini: oltre ogni forma di discriminazione sociale e religiosa. Da qui l’invito rivolto in lingua cingalese, tamil, polacca e nigeriana a costruire una società fondata sui valori dell’integrazione e della condivisione. Alla processione, composta e densa di fede, hanno partecipato 300 persone, compresi molti cittadini catanesi che si sono uniti spontaneamente lungo il percorso di via Etnea. Attraverso le diverse stazioni, i migranti in rappresentanza delle diverse comunità etniche, si sono uniti in preghiera formando un unico corpo spirituale. Ognuno di essi ha offerto una meditazione sul senso della sofferenza e sulla Croce, che oggi si incarna negli emarginati, nei profughi, nei precari ed in quanti scappano dalle guerre, dalle violenze e dalle persecuzioni in diverse parti del mondo. “Il Salvatore che sulla croce ha steso le mani – si legge in una delle meditazioni che hanno accompagnato la Via Crucis – sia d'esempio per tutti noi ad accogliere la fragilità degli altri, ad aprire tutte quelle porte che separano e negano accoglienza e solidarietà.” Significativa, infine, la riflessione in lingua tamil proposta per la quinta stazione, nella quale Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce: “Ogni volta che con bontà ci facciamo incontro a qualcuno che soffre, qualcuno che è perseguitato e inerme, condividendo la sua sofferenza, aiutiamo a portare la croce stessa di Gesù”. Ma è sulla via del Golgota, in cui Gesù cadde lungo il doloroso percorso, che si incarna il volto di tutta l’umanità sofferente, alla quale, però, Cristo attraverso la morte in croce ha dato senso e giustificazione.
La Via Crucis si è conclusa con la Santa Messa presso la Chiesa di “S. Maria dell’Ogninella” con grande partecipazione delle comunità cingalesi-tamil e mauriziane, molto integrate in città ed esempio di fervente fede cattolica.
(Filippo Cannizzo - Migrantes Catania)