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Lampedusa, Pasqua di salvezza per quattrocento profughi    versione testuale
Articolo di Luca Insalaco - Lampedusa

(7 aprile 2015) - Nel giorno in cui il sepolcro, aperto, ha annunciato all’umanità la resurrezione di Cristo, sull’Isola si sono nuovamente spalancate le porte del Centro di accoglienza di Contrada Imbriacola. La breve tregua del maltempo ha favorito il recupero nel Canale di Sicilia di circa 1.800 profughi, fatti sbarcare dalle navi della Marina Militare negli scali di Porto Empedocle, Augusta e, appunto, della più grande delle isole Pelagie, dove sono arrivate circa quattrocento persone, tra le quali anche alcuni bambini e tre donne in stato di gravidanza.
Nel nuovo assetto post Mare Nostrum, Lampedusa ha acquisito una posizione di centralità nelle operazioni di salvataggio, visto che le unità navali destinate alle attività di ricerca e soccorso fanno base proprio sull’Isola. I numeri degli arrivi, sporadici fino allo scorso anno, confermano l’inversione di tendenza e segnano il ritorno all’operatività del Cpsa, la cui gestione è nelle mani delle Misericordie d’Italia, ormai da alcuni mesi. I profughi finora recuperati in mare sono stati ospitati nei padiglioni agibili del Centro di accoglienza, i cui lavori di ristrutturazione procedono ora di gran lena dopo una lunga stagione di stallo. La struttura è tornata alla ribalta dei media a causa del congestionamento dello scorso mese di febbraio, quando si è registrata la presenza di oltre mille “ospiti”, stipati anche all’esterno e in condizioni di promiscuità tra minori e adulti. Un film già visto a queste latitudini, come l’assalto dei media, la cui presenza negli anni diventa sempre più molesta e come la paura degli operatori turistici per la prossima stagione, sulla cui riuscita si ripongono molte aspettative, al fine di risollevare l’economia locale. 
I prossimi mesi diranno quali saranno le condizioni dell’accoglienza. Le ondate di questo lungo inverno, ad ogni modo, sembrano le prove generali dello scenario che potrebbe accompagnare l’arrivo della bella stagione e il ripristino della piena agibilità del Cpsa.
Anche l’Esercito, che lo scorso dicembre aveva salutato l’Isola, è ritornato sui propri passi, in conseguenza del mutato scenario geopolitico nel Mediterraneo. I vertici della Difesa, infatti, hanno deciso di riattivare l’operazione “Strade sicure”, tornata operativa dallo scorso 19 febbraio. I militari riprendono da dove avevano lasciato, con compiti di controllo del territorio e mansioni di presidio del centro di prima accoglienza. Proprio la presenza massiccia di forze militari è vista con preoccupazione da chi, tra gli abitanti, teme che la militarizzazione della propria terra ne possa snaturare la natura turistica e violare le bellezze naturalistiche, oltre a guardare con preoccupazione all’eccessiva concentrazione di radar, per i possibili danni che ne potrebbero derivare per la salute pubblica.
In questa terra di frontiera c’è anche chi continua a vedere nell’apertura di canali legali di ingresso l’unica soluzione per porre fine alla mattanza che si consuma sulle rotte della speranza e a stroncare la mafia dei trafficanti di morte. Gli imprenditori Paola La Rosa e Carmelo Gatani si sono fatti promotori di una petizione online, con la quale invocano un intervento di Papa Francesco per l’attivazione di canali umanitari. Con la raccolta di firme, che ha superato le ottocento adesioni, si chiede al Pontefice di fare in modo che le persone in fuga da guerre e persecuzioni possano chiedere asilo alla Santa Sede, aderente alla Convenzione di Ginevra del 1951, rivolgendosi direttamente ai nunzi apostolici presenti nei Paesi di fuga o di transito. I profughi, una volta arrivati in Vaticano e in possesso di un visto temporaneo, potrebbero presentare richiesta d’asilo in altri Paesi, rivolgendosi a una delle 178 ambasciate che hanno sede in Vaticano. In tal modo – spiegano i promotori – oltre a dare un segnale all’Europa, si neutralizzerebbe anche la Convenzione di Dublino, che limita la libertà delle persone di scegliere in quale paese rifugiarsi e vivere.
(Luca Insalaco - Lampedusa)