(9 Febbraio 2015) - Da oltre un anno e mezzo Messina è entrata a far parte, con un ruolo di prima linea, dello scacchiere dell’accoglienza siciliana. Dopo la fase iniziale, quella dei trasferimenti in pullman da altri luoghi d’accoglienza verso il centro “Primo Nebiolo”, la città dello Stretto è diventata porto di sbarco nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. In questi mesi di arrivi e partenze, ad essere rimaste sempre una costante, come spesso raccontato anche attraverso gli articoli pubblicati su “Isolamente accogliente”, sono purtroppo state le polemiche che hanno caratterizzato i rapporti tra Comune e Prefettura. Due istituzioni che, anziché avviare una collaborazione costruttiva e reciproca, sono finite al muro contro muro. Con tutte le prevedibili difficoltà che ciò ha determinato, in particolare in occasione della vicenda dei minori stranieri non accompagnati che per diversi mesi, in mancanza di idonee comunità individuate dal Comune, hanno sostato, in condizioni di promiscuità vietate dalla legge, in un Centro per adulti, il “Primo Nebiolo” appunto.
Nonostante dunque il tema dell’immigrazione, alle latitudini dello Stretto, sia fino ad oggi stato per lo più oggetto di accesi dibattiti e di circostanze non sempre edificanti, non mancano fortunatamente anche quelle eccezioni che rendono Messina, in tutta la Sicilia, una città “modello”. Il riferimento è all’apertura del primo cimitero islamico della Regione, fortemente voluto dall’Amministrazione comunale come segno di civiltà e apertura culturale. L’area cimiteriale, di circa 170 metri quadrati, sorgerà all’interno del cimitero suburbano di San Filippo ed è stata affidata in concessione per la durata di 99 anni. Nello spazio sarà possibile seppellire 28-30 salme, la prima delle quali appartiene a Samba Jarra, deceduto lo scorso agosto a causa di una malattia incurabile e della cui storia, proprio attraverso le “pagine” di questo portale, vi abbiamo riferito (articolo pubblicato il 7 agosto).
Jarra, così come le migliaia di migranti in partenza dai porti della Libia sui pericolanti barconi che spesso ne diventano tomba, era arrivato in Italia per sfuggire ai pericoli della sua terra e provare a regalare un futuro a quella moglie, quella madre, quei figli che purtroppo sanno di non poterne aspettare più il ritorno. La malattia, però, lo ha “seguito”. A stargli accanto, i responsabili del Consorzio “Senis Hospes”, nel cui cuore Jarra occuperà sempre un posto “speciale”. Ciò che Samba avrebbe potuto raccontare ai suoi cari, non sarebbero state solo le difficoltà del viaggio e le atrocità delle torture subite, ma anche l’amore, l’affetto e il calore di persone a cui la sua vita non è stata indifferente, perché non è stata considerata solo un numero.
Esiste, dunque, la prossimità “parlata”, l’apertura verso “l’altro”che spesso trova spazio nelle frasi di circostanza sempre facili da pronunciare. E poi c’è la prossimità “di fatto”, quella vera, quella che si manifesta in azioni concrete.
(Elena De Pasquale - Migrantes Messina)