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Laici e religiosi per aiutare le vittime della tratta   versione testuale
Articolo di Luca Insalaco - Palermo

(19 novembre 2014) - Diminuiscono gli sbarchi, ma aumenta il numero di potenziali vittime della tratta. Il numero di donne migranti arrivate in Italia nel corso del 2014 è più che triplicato rispetto all’anno precedente. Se si guarda, poi, alle ragazze provenienti dalla Nigeria si registra un incremento del 300% in rapporto al 2013 (sono 1.290 le giovani arrivate nell’anno corrente, contro le 392 arrivate l’anno scorso). Un fenomeno preoccupante se si considera che la maggioranza delle vittime di sfruttamento sessuale provenienti dai paesi extra-Ue è di nazionalità nigeriana. Ecco perché l’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) ha avviato l’identificazione delle possibili vittime di sfruttamento già nei porti di sbarco in cui l’organizzazione intergovernativa è presente. Le interviste effettuate alle migranti, purtroppo, hanno spesso confermato i timori degli operatori circa la finalità del viaggio delle donne.
La maggior parte delle ragazze nigeriane destinate alla prostituzione sono originarie dello stato di Edo e provengono, in particolare, dalla sua capitale Benin City, dove le donne vengono adescate con la promessa di un lavoro onesto in Italia, magari di badante o di parrucchiera. Da Benin City proveniva anche Isoke Aikpitany, la prima ragazza nigeriana a denunciare pubblicamente la tratta di donne dal suo paese a scopo di sfruttamento sessuale. La “ragazza di Benin City” è divenuta una fondamentale testimonianza per altre ragazze che, come lei, sognano di liberarsi dalla schiavitù in cui sono state ridotte, spesso attraverso il legaccio di riti woodoo e comunque sotto il ricatto di un prezzo altissimo da pagare per riscattarsi. La storia di Isoke può servire da esempio per le tante vittime mute di un dramma che quotidianamente si consuma sotto i nostri occhi distratti. Alla sua ribellione è seguita la creazione di un’associazione contro la tratta, attorno alla quale ruotano case di accoglienza per le vittime, unità operative, un esercito di donne e uomini di buona volontà.
“Raccontare la mia vita è sempre difficile, ma lo faccio per fare comprendere all’esterno come si muovono le organizzazioni criminali e per fare in modo che i mass media usino la voce delle vittime per raccontarne le storie” ha detto Isoke, recentemente a Palermo per ritirare la cittadinanza onoraria conferitale dal Comune e per partecipare ad una serie di iniziative organizzate dal Ciss, Ong palermitana particolarmente attiva sul fronte del contrasto alla tratta.
“La tratta – spiega Sergio Cipolla, presidente del Ciss – è una delle questioni che maggiormente comportano una violazione dei diritti umani, con la schiavizzazione delle persone per scopi sessuali; un crimine totalmente visibile e allo stesso tempo clandestino. Le vittime sono diventate un elemento del paesaggio urbano, come tutti gli altri. Bisogna però partire dal concetto che non sono prostitute, ma persone che sono prostituite”.
Di prostituzione si parla poco e, quando lo si fa, si affronta la materia soltanto in termine di decoro urbano e di sicurezza degli automobilisti. Ecco perché chi se ne occupa accusa le istituzioni di indifferenza e registra la mancanza di una reale volontà di contrasto al fenomeno. In una città come Palermo, in cui il controllo del territorio da parte della mafia è capillare, la lotta alle organizzazioni che gestiscono il traffico di esseri umani vuol dire entrare nei quartieri a rischio e toccarne gli interessi.
A preoccupare è soprattutto la prostituzione minorile, in costante aumento. Le ragazze in vendita sono sempre più giovani. Se fino a qualche tempo l’età media era di 21-22 anni, ora si è abbassata a 18. A guardare sotto il trucco, però, si scoprono facilmente i tratti di ragazze poco più che quindicenni.
Lo sanno bene i volontari del Coordinamento anti-tratta, una rete di associazioni, comunità religiose e singoli, splendidamente assortita. Ci sono i laici comboniani e il centro di documentazione Peppino Impastato; c’è la parrocchia di Sant’Antonino e gli avvocati di strada. E poi le sigle sindacali, i salesiani del Centro Santa Chiara, l’associazione Pellegrino della Terra, guidata dal pastore metodista Vivien Wiwoloku. Una trentina di soggetti uniti dal comune intento di combattere il mercato di essere umani e di aiutare le vittime. Il coordinamento, attivo ormai da due anni, prende il nome da Favour Nike Adekunle e Loveth Edward, due ragazze nigeriane costrette a prostituirsi e uccise tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. La prima era prossima alle nozze. Il suo corpo è stato trovato carbonizzato nelle campagne di Misilmeri, nel palermitano. Il corpo di Loveth, invece, è stato abbandonato in via Juvara, a poca distanza dal Palazzo di Giustizia, accanto ai cassonetti della spazzatura. L’attività del Coordinamento si muove su vari livelli: si indaga sulle organizzazioni mafiose che reclutano le nuove schiave, si studia il fenomeno transazionale, si promuovono campagne di informazione e di sensibilizzazione, in città e nelle scuole. Per fare sentire alle ragazze la loro vicinanza, poi, ogni settimana i volontari raggiungono i luoghi in cui si consuma la loro femminilità. A tutte offrono una preghiera, una bevanda calda, amicizia fraterna. Anche l’unità di strada vede impegnati insieme religiosi e laici: “Si tratta di incontri molto belli, durante i quali si condividono anche momenti di convivialità e che, a volte, hanno un seguito. Di recente, ad esempio, abbiamo battezzato la nipote di una ragazza di origine rumena costretta a prostituirsi – racconta Fra’ Loris, frate minore francescano – ciò che mi colpisce sempre, però, è l’indifferenza delle persone. Incontriamo le ragazze nell’andirivieni delle persone, ma nessuno si ferma per cercare di capire cosa stiamo facendo e chi sono queste donne”.
(Luca Insalaco - Palermo)