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Lampedusa di nuovo al centro dei flussi con la fine di Mare Nostrum'   versione testuale
Articolo di Luca Insalaco - Lampedusa

(31 ottobre 2014) - Vent’anni di accoglienza, circa duecentocinquantamila persone transitate, con i loro drammi ed i loro distacchi, con speranze da fare fiorire lontano dalla propria terra. Ne ha viste tante Lampedusa in questa lunga stagione di emergenze e di ribalta internazionale, di cui è stata palcoscenico e attrice non protagonista. L’isola, sconosciuta a molti fino ai missili di Gheddafi del 1986, è diventata il simbolo di un fenomeno, quello migratorio, antico come l’uomo, eppure maneggiato da molti come qualcosa di imprevedibile e inaspettato.
Lampedusa è salvagente nel Mediterraneo per chi parte e avamposto di un’Europa che l’ha scoperta solo con la strage del 3 ottobre. Nel mezzo cinquemila anime che modulano le proprie vite sui movimenti del vento. Loro, i lampedusani, stanno in attesa della prossima mossa di chi guarda questa terra da troppo lontano per poterla capire.
Oggi, dopo un periodo di quiete, le acque antistanti le coste isolane potrebbero tornare ad essere increspate dalle carrette sempre più malandate in partenza dalla Libia. Di là dal mare c’è un continente in ebollizione, una disperazione crescente, che i paesi europei pensano di poter arginare disponendo qualche nave a riparo delle proprie frontiere.
Con l’avvio di Triton e la fine dell’operazione Mare Nostrum il clima sulle Pelagie potrebbe cambiare e riportare le “isole d’alto mare” al centro dei flussi, il primo approdo per chi fugge da guerre e carestie.
“La preoccupazione – ha detto Fulvio Vassallo Paleologo, docente di dritto d’asilo dell’Università di Palermo, intervenendo qualche giorno fa ad un evento pubblico – è che l’isola torni ad essere un luogo di concentramento per persone appena salvate e trattenute a lungo nel Centro di contrada Imbriacola. Lampedusa può certamente dare il proprio contributo all’emergenza. Penso, ad esempio, alle urgenze ginecologiche, a quelle donne che non possono aspettare di essere trasportate in Sicilia per partorire. Lampedusa – ha ammonito il giurista – non può tornare ad essere utilizzata come un luogo di confino in cui i diritti delle persone sono calpestati”.
L’isola, nota per il suo mare cristallino e la natura selvaggia, ha attraversato tutte le stagioni, è stata elogiata per lo spirito e l’efficienza dell’accoglienza, ma è stata anche oggetto di infuocate polemiche per le violazioni dei diritti delle persone, specie in condizioni di particolare sovraffollamento. In tutti i casi ha subito le decisioni prese da qualcun altro.
“Lampedusa cambia di continuo, ogni mese. L’isola – ha ricordato Vassallo Peleologo – è stata per diversi anni un modello organizzativo e di gestione, grazie al trasferimento dei migranti nell’arco di un paio di giorni dal loro arrivo. Fungeva da polmone: le persone arrivavano, si rifocillavano e poi erano smistaste in altri centri. Nel 2011, poi, è diventa un carcere, i minori sono stati ospitati in condizioni di promiscuità con gli adulti e abbiamo assistito alla rivolta dei migranti, ai quali era stata negata la protezione umanitaria, fino ad allora concessa per l’emergenza Nord-Africa. Dopo essersi svuotata nel 2012, l’anno successivo si è registrata una crescita esponenziale degli arrivi, in conseguenza della crisi in Medio-Oriente. Oggi – ha aggiunto il docente – Lampedusa ha un forte valore simbolico e ha un’importante valenza per il futuro. È interessata da molti progetti, ma di fatto non ospita nessun migrante”.
Il Centro di primo soccorso e accoglienza, affidato in gestione alle Misericordie d’Italia, è stato riattivato ed è pronto a svolgere le proprie funzioni. Le prossime settimane diranno cosa bisogna aspettarsi dal cambio di rotta politico e dalle mutate condizioni meteorologiche. Dalle frontiere italiane e da quelle africane si interroga l’orizzonte, ma con opposte speranze. Sarà il mare, più che una flotta, a dare ogni responso.   (Luca Insalaco - Lampedusa)