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“Immigrazione, cosa fare' Riflessioni e proposte pastorali”   versione testuale
Articolo di Filippo Cannizzo - Migrantes Catania

(29 ottobre 2014) - «La fine di Mare Nostrum porterà a nuovi morti e nuove stragi». Lo ha detto Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana, a margine della conferenza che si è svolta al Museo Diocesano di Catania sul tema: “Immigrazione, cosa fare? Riflessioni e proposte pastorali”. L’incontro è stato promosso dalla Caritas diocesana, diretta da don Piero Galvano, in collaborazione con l’Ufficio Migrantes, diretto dal diacono don Giuseppe Cannizzo. La conferenza ha dato la possibilità di fare chiarezza sulla complessità del recente fenomeno migratorio, a poche settimane dalla fine dell’operazione umanitaria e militare Mare Nostrum. In apertura, don Piero Galvano, ricordando gli interventi di Papa Francesco sulle migrazioni forzate, ha ribadito l’importanza dell’accoglienza nella recente emergenza sbarchi, sollecitando un’attenzione maggiore verso coloro che portano sulle spalle il peso di un destino tragico. Dello stesso avviso, il direttore dell’Ufficio pastorale delle Migrazioni, che ha ricordato come, al culmine dell’emergenza, Migrantes e Caritas hanno cooperato per soddisfare al meglio le primissime necessità dei migranti giunti in questi mesi nel capoluogo etneo. Dopo gli interventi dei due direttori, ha preso la parola Oliviero Forti, ricordando all’assemblea che il fenomeno delle migrazioni coinvolge tutti, senza distinzione di ruoli e compiti: «Lavorando all’Ufficio Nazionale da più di 15 anni, quando mi viene chiesto quali sono le risposte pastorali, io spiego che le vere risposte vengono date da coloro che operano sul territorio e Migrantes e Caritas ne sono una testimonianza concreta». Passando alla stretta attualità, il responsabile dell’organismo della Chiesa italiana, ha evidenziato il timore che nel Canale di Sicilia, a seguito di quanto stabilito, venga a mancare la possibilità di soccorso ai migranti in fuga: «A un anno dalla tragedia di Lampedusa in cui persero la vita centinaia di migranti, sono state salvate 150 mila persone tra uomini, donne e bambini, ma dal 1 novembre con il passaggio all’operazione Triton si rischiano più morti e nuove stragi».
La nuova operazione congiunta di Frontex nel Mediterraneo, di fatto, permetterà il pattugliamento delle frontiere a 30 miglia dall’Italia, ma non garantirà interventi umanitari di ricerca e soccorso. Questo uno dei punti chiave dell’intervento di Forti, che ha cercato di mettere ordine ad un flusso di informazioni distorte, alla luce di una situazione internazionale in profonda evoluzione e in costante mutamento. Ha ricordato che nel 2014 i migranti giunti sulle nostre coste sono in maggioranza siriani ed eritrei: «Non parliamo di semplici migranti, ma di persone che sono state private di tutto, che richiedono protezione internazionale, persone che decidono di lasciare casa perché del loro paese d’origine restano solo macerie». Persone che troppo spesso rischiano di passare come i nuovi untori, quelli che portano le malattie e mettono in serio pericolo la sicurezza del nostro Paese: «Chi arriva in Italia, chi ha la possibilità di arrivare qui da noi – ha ricordato Oliviero Forti – deve avere delle risorse umano-culturali non indifferenti, non solo risorse economiche. Non stupisca che chi arriva da noi riesca a parlare tre-quattro lingue. Devono godere di buona salute, per affrontare mesi e mesi di deserto. Basta un po’ di buon senso per capire che questo è solo un modo per strumentalizzare l’emergenza sbarchi. Chi non è forte o è affetto da qualche malattia non ce la fa ad arrivare, perché il tragitto è cosi lungo che bisogna essere in buona salute».
Così, la conferenza è stata l’occasione per sfatare vecchi e nuovi pregiudizi, che tanto incidono sull’opinione pubblica e a volte diventano motivo di paure infondate anche nel mondo ecclesiale. Ma ciò che più preoccupa è l’avanzare di nuovi populismi, sembra suggerire Oliviero Forti: «Non possiamo più nasconderci dietro classici stereotipi. Chi accosta l’immigrato all’Ebola, promuovendo l’idea che i migranti sono portatori di malattie, chi dice che gli immigrati tolgono lavoro, dimostra un’arretratezza culturale che non fa onore a questo Paese, che ha un passato di emigrazione importante che spesso in molti dimenticano».
(Filippo Cannizzo - Migrantes Catania)