(7 ottobre 2014) - Un anno, 365 giorni. Se a questo numero aggiungessimo altre tre unità arriveremmo a quota 368. Questo, dopo giorni di ricerche e recuperi effettuati in mare, sul fondo di quel barcone ancora adagiato sulla “sabbiosa terra” del Mediterraneo, il bilancio complessivo delle vittime della tragedia consumatasi a poche miglia di distanza dall’isola dei Conigli, nei pressi di Lampedusa. Questo il dato, di fronte al quale l’Europa e il mondo intero si sono mostrati tanto inorriditi quanto incapaci, da cui è scaturita l’operazione Mare Nostrum. Quell’ormai famosa attività di pattugliamento e salvataggio dei barconi alla deriva nel Canale di Sicilia, che tante altre tragedie ha consentito di evitare.
A distanza di un anno, come sempre accade, arriva il momento dei bilanci, ma in questo caso anche quello del ricordo e delle commemorazioni. Hanno commosso le immagini dei parenti delle vittime sepolte nei cimiteri di diversi comuni della Sicilia, che si sono “ricongiunti” ad amici, fratelli, figli, padri, mariti. Lacrime su lacrime, dolore su dolore, rabbia su rabbia, perché la terra ferma, per molti la terra promessa, era lì a pochi metri dal poter essere toccata.
A ricordare quanto accaduto, seduto di fronte al televisore della sua nuova abitazione condivisa con altri quattro ragazzi stranieri, anche il giovane Salaymana Ahmid, originario del Ghana, giunto al centro di accoglienza di Messina l’8 novembre del 2013. La sua, come già raccontato su questo portale, è stata una storia caratterizzata dalle coincidenze: prima fra tutte quella di avere “incrociato” e superato, tra le correnti del Canale di Sicilia, il barcone che da lì a qualche ora, nel giorno 3 ottobre, sarebbe affondato. Ancora adesso, di fronte alle immagini del relitto che giace sul fondo del Mediterraneo, Salaymana, che vive e lavora a Messina, avvolto e coccolato dall’affetto della famiglia che lo ha preso con sé, aiutato e sostenuto come se fosse un figlio naturale, prova commozione e incredulità: è commosso per essere riuscito a realizzare il suo sogno, raggiungere la città dello Stretto, “conosciuta” attraverso i racconti di un amico; è incredulo per avercela fatta, per essere sopravvissuto.
Dall’inizio dell’operazione Mare Nostrum, secondo i dati ufficiali forniti dalla Prefettura, sono 7487 i migranti transitati da Messina: per la maggior parte degli stranieri si è però trattato di un passaggio, seguito da successivi trasferimenti in strutture di seconda ospitalità, in attesa dell’esame della propria richiesta di asilo da parte della commissione territoriale competente. Pur essendo trascorsi 365 giorni dall’inizio di questa nuova geografia dell’accoglienza, non più legata solo ai confini dell’arcipelago delle Pelagie, la sensazione, tuttavia, è che l’incontro con l’altro sia ancora cosa sconosciuta. Quella venutasi a determinare con i costanti, e quasi sempre fortunatamente andati a buon fine, interventi di salvataggio da parte di imbarcazioni militari o mercantili, è una situazione che ha reso inevitabile impostare una politica migratoria di tipo emergenziale, che non ha quindi lasciato spazio alla fase della reciproca conoscenza, inevitabilmente “mediata” dalle pareti degli stanzoni dei Centri di accoglienza. (Elena De Pasquale - Migrantes Messina)