(17 settembre 2014) - L’emorragia di vite umane nel mar Mediterraneo non si arresta e non c’è antidoto di politica internazionale che tenga. In parte, forse, perché volutamente non ben sperimentato, in parte perché non può esserci modo per arginare l’istinto di sopravvivenza di chi lascia la propria terra per fuggire a morte quasi certa. Il bilancio delle vittime si aggrava di giorno di giorno, di settimana in settimana, ma di fronte ai numeri i “grandi della terra” rimangono impotenti. Esattamente come lo sono i tanti genitori che, inermi, vedono morire i propri figli tra le braccia, osservandone scivolare gli esili corpicini tra le inarrestabili correnti mediterranee.
I mezzi della Marina militare impegnati nell’operazione “Mare Nostrum” pattugliano senza sosta il canale di Sicilia, con l’obiettivo di trarre in salvo il maggior numero possibile di disperati partiti dai porti libici nelle mani di scafisti senza scrupoli. Agghiaccianti, a tal proposito, le testimonianze rese dai migranti sopravvissuti alla tragedia consumatasi nei giorni scorsi nei pressi dell’isola di Malta, dove a perdere la vita sono stati circa 500 stranieri. L’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha definito l’incidente il “peggior naufragio mai verificatosi negli ultimi anni”, numericamente superiore alla tragedia occorsa nei pressi dell’Isola dei Conigli (a perdere la vita 366 tra uomini e donne), che ha poi dato input all’Italia per l’avvio dell’operazione “Mare Nostrum”.
L'Oim ha reso noti alcuni elementi delle dichiarazioni fornite da due palestinesi salvati da una nave mercantile, dopo un giorno e mezzo in balia delle acque: quest’ultimi hanno raccontato di essere partiti da Damietta in Egitto, lo scorso 6 settembre, e di aver cambiato diverse volte imbarcazione durante il viaggio verso l’Europa. Secondo i sopravvissuti, gli ”scafisti”, che si trovavano su un’altra barca, avrebbero cercato di convincere i migranti a salire su una nave più piccola e di fronte al loro rifiuto non hanno esitato a far rovesciare il natante dove si trovavano. I superstiti, trasportati a Pozzallo, in Sicilia, hanno quindi riferito che a bordo si trovavano circa 500 profughi di nazionalità siriana, palestinese, egiziana e sudanese. Altri nove sopravvissuti al naufragio sono stati soccorsi da navi greche e maltesi.
Una situazione così grave che viene evidenziata dalle parole, pesanti come macigni, di Michele Cercone, portavoce del Commissario UE agli affari interni Cecilia Malmstrom: «quello che abbiamo visto negli ultimi giorni nel Mediterraneo non sono incidenti, ma omicidi. È per questo che abbiamo deciso di intensificare i nostri sforzi, assieme alla comunità internazionale, per combattere i trafficanti di esseri umani e, sotto questo punto di vista, accogliamo con favore l’intenzione dell’Oim di indagare su quanto avvenuto”.
Nei tanti bollettini degli sbarchi, si racconta dei sopravvissuti, di coloro che non ce l’hanno fatta, dei dispersi e, a volte, trova spazio anche una storia a lieto fine. Nei giorni scorsi, nel porto dirimpettaio a quello di Messina, Reggio Calabria, ha toccato terra la piccola Yambambi Yete, la bimba nata a bordo della nave militare Euro, grazie al sostegno e all’assistenza sanitaria fornita dall’equipaggio dell’imbarcazione. La famiglia della neonata, fortunatamente in buone condizioni di salute, sarà ospitata nelle strutture messe a disposizione dal Comune. Un’istantanea di speranza, tra migliaia di immagini di dolore, tristezza e disperazione, che raccontano il presente e, forse anche il futuro, del Mediterraneo. (Elena De Pasquale - Migrantes Messina)