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Il limbo burocratico dei richiedenti asilo: un anno per la decisione delle Commissioni ministeriali   versione testuale
Articolo di Luca Insalaco - Palermo

(3 luglio 2014) - Fuggono da guerre e persecuzioni, inseguendo una speranza di libertà e di pace. Per farlo si espongono alle fauci del deserto, agli orrori delle torture inferte in Libia, alla roulette russa del mare. Chi riesce ad arrivare pensa di avere visto tutto, si aspetta un destino meno sgarbato. Non immagina di finire tra le sbarre della burocrazia, una cella in cui il tempo sembra dilatarsi all’infinito. È questa la sorte che tocca ai richiedenti asilo, la maggior parte di quanti stanno arrivando in queste settimane nei porti siciliani. Giungono dalla Siria, dal Gambia, dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Mali. Arrivano e vengono posteggiati nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), che sorgono come funghi sul territorio e che si reggono soltanto sullo spirito caritatevole di tante donne e uomini di buona volontà. Se i posti non bastano, se i centri sono saturi, si aspetta solo che i migranti fuggano, in modo da favorire il continuo ricambio degli ospiti. Chiedi loro se hanno già formalizzato la richiesta d’asilo e ti guardano con gli occhi gonfi di stupore. Non sanno nulla, perché nessuno li ha informati. Ne avranno di tempo per capire, anche un anno. Questo è il tempo che trascorre dalla presentazione della domanda alla notifica della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. L’iter non sembra avere trovato grande giovamento neppure dall’apertura di una nuova sottocommissione a Palermo. I tempi restano estremamente lunghi, le procedure farraginose, gli intoppi sono all’ordine del giorno.

«C’è l’esigenza di accelerare i tempi di audizione dei migranti, ma questo non dipende da me», commenta il Prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo. «Finora – spiega – siamo stati in grado di fronteggiare le richieste pervenute. La situazione, comunque, è in continua evoluzione, di giorno in giorno.
La mole di domande che la Commissione territoriale deve esaminare è consistente – aggiunge il Prefetto Cannizzo –. Siamo riusciti ad abbattere i tempi rispetto al passato, ma occorre velocizzare ancora di più l’iter».

La situazione, insomma, è preoccupante, come conferma l’associazione “Avvocati dei diritti umani Adduma Onlus”, composta da un gruppo di legali impegnati nella tutela dei diritti dei migranti. «La Sicilia sta sopportando un peso eccessivo per la sua capacità organizzativa. Di conseguenza il sistema non sta rispondendo in maniera ottimale. Gli arrivi andrebbero spalmati su tutto il territorio nazionale, in modo da essere gestiti dalla Protezione civile», commenta l’avvocato Giorgio Bisagna, presidente dell’associazione. Un migrantista sa bene che la domanda più pressante che gli viene posta da un sanspapier è quella che riguarda i “documenti”. Ecco perché le lungaggini burocratiche hanno un peso asfissiante sull’esistenza di queste persone. «Può essere necessario anche un mese prima che i migranti formulino la richiesta d’asilo – racconta l’avvocato Angelo Raneli, componente dell’associazione Adduma –. Poi devono aspettare in media dieci mesi prima che si possa svolgere l’audizione davanti la Commissione territoriale e infine anche tre mesi prima che venga loro notificata la decisione». Un calvario burocratico, insomma, che non manca di riservare amare sorprese. «È capitato – ricorda il legale – che i migranti si presentassero davanti la Commissione nel giorno loro assegnato e che la loro audizione saltasse a causa della mancanza dell’interprete. Non solo, quindi, le persone non vengono preavvisate del contrattempo, ma non viene loro neppure data un’altra data per la nuova audizione. Non va dimenticato – sottolinea il professionista – che si tratta di persone che sono reduci da traumi da migrazione forzata e da stress post-traumatici. C’è da augurarsi, quindi, che superata la fase di rodaggio, la Commissione palermitana possa migliorare in termini di operatività, superando i disservizi che abbiamo riscontrato finora».

Non va meglio la situazione nei Cas. Alla straordinarietà della loro istituzione corrisponde, purtroppo, una precarietà nell’accesso alle garanzie previste per i richiedenti asilo. «Il rischio – spiega l’avvocato Raneli – è che i migranti possano essere avvicinati da persone non qualificate e che queste possano indurle anche a fuggire, creando così altri danni. Non sono pochi i casi di persone che scelgono di raggiungere altri paesi europei e che poi vengono rispediti in Italia, paese di primo ingresso e come tale competente a trattare la loro domanda d’asilo».
La necessità di tutelare i diritti dei richiedenti asilo ha spinto l’associazione Adduma a proporre all’assessorato regionale alle Politiche sociali la costituzione di una task force di avvocati, che possa fornire assistenza legale nella prima fase di accoglienza in tutto il territorio regionale.(Luca Insalaco - Palermo)