(12 giugno 2014) - In tasca un biglietto per andare a vedere Maradona a Napoli. Ma allo stadio San Paolo, nel gennaio del 1988, Rainald Milinthe, giovane trentenne proveniente dalle Isole Mauritius, non andò mai. Era solo un pretesto per arrivare in Italia via Francoforte. All’aeroporto tedesco c’era il fratello ad aspettarlo, per consegnarli una sciarpa azzurra da mettere al collo e un ticket da esibire in caso di controlli in Italia. «In quel periodo – rivela Milinthe – se dicevi che andavi a vedere il “dio del calcio” ti facevano passare». Sono trascorsi quasi 30 anni da quell’episodio curioso, che ha permesso ad un giovane mauriziano di ricongiungersi con una parte della propria famiglia, che già viveva a Catania. Due anni più tardi, nel 1990, grazie alla legge Martelli, regolarizzerà la sua posizione insieme alla moglie. L’amore per i figli, alla base della scelta di lasciare il Paese d’origine, ma anche la volontà di dedicare la propria vita ad ideali più alti e di lasciarsi alle spalle quella situazione di instabilità socio-politica. «Mi ricordo la prima volta che raccolsi 500 mila lire: ero felice, perché equivaleva ad un anno di lavoro nelle Mauritius, dove speravo di rientrare. Ma, integrandoci bene in città, abbiamo deciso di far ritornare i nostri tre figli, che vivevano sull’Isola, sotto le cure della nonna».
Adesso i tre figli, due femmine ed un maschio, immigrati di seconda generazione, parlano tre-quattro lingue, sono cittadini del mondo e da Catania hanno preso il largo per brillanti carriere. Geraldine, la prima dei tre, vive e lavora a Roma, fa la hostess di terra per conto della compagnia aerea Alitalia ed è sposata con un pilota italiano. Il secondo figlio, Gerald, si è laureato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania, con una tesi autobiografica: “Il problema della rappresentanza politica per le seconde generazioni dell'immigrazione: la Rete G2”. Ora si sta specializzando a Londra, segue un Master internazionale e sogna di svolgere la carriera diplomatica. La terza figlia, Annabelle, è una giovane studentessa di Medicina e Chirurgia, che a breve dovrebbe conseguire la laurea. «Abbiamo sempre lavorato – spiega la moglie – io faccio la donna di servizio da 25 anni nella stessa famiglia, mio marito è impiegato in una farmacia». Vite normali di immigrati ben integrati, che alla luce della recente emergenza sbarchi sembrano essere un’utopia. Ma i sentimenti di chi lascia la propria terra sono sempre gli stessi. Cambiano i tempi e le modalità di arrivo, ma gli stati d’animo coincidono: «Quello che succede in queste ore non è paragonabile al mio arrivo in Italia, ma i pensieri di chi arriva da fuori sono comuni: paura per ciò che non si conosce, distacco dagli affetti, solitudine, malinconia per il proprio Paese d’origine.
Le difficoltà vengono superate grazie alla generosità che la città di Catania ha sempre dimostrato nei nostri confronti. Oggi i mauriziani rappresentano la comunità più numerosa tra quelle presenti nel capoluogo etneo. Anche se, negli ultimi tempi, a motivo della crisi, molti miei connazionali hanno cambiato il loro progetto migratorio e cercano fortuna in Francia o nel Regno Unito». Milinte Rainald, 65 anni, è presidente dell'Association des Immigrants Mauriciens, che, insieme alla Migrantes diocesana ed ad altre associazioni, ha creato una rete di aiuto e supporto per la comunità d’origine. I suoi figli, immigrati di seconda generazione, hanno ricevuto da qualche anno la cittadinanza italiana, sono grati all’Italia e alla Sicilia. Da due mesi è nato Matteo, primo nipote della famiglia, italiano, “immigrato” di terza generazione. E chissà cosa gli riserverà la vita. (Filippo Cannizzo - Migrantes Catania)