(4 giugno 2014) - A guadarli giocare sulla banchina del molo Favaloro, tutto si potrebbe immaginare tranne che hanno attraversato mezza Africa, tra cui l'inferno del deserto del Sahara, e che, con il barcone di appena 25 metri su cui si trovavano stipati, insieme ad altre 271 persone, sono rimasti in balia del mare, per un’avaria al motore, fin quando la Marina Militare italiana non li ha raggiunti e recuperati. Parliamo dei 12 bambini giunti a Lampedusa e soccorsi, a trenta miglia dalla più grande della Pelagie, dalla Guardia Costiera dell'Isola. Sono in tutto 271, 230 uomini, 29 donne, di cui una in avanzato stato di gravidanza trasportata immediatamente al poliambulatorio dell'Isola, e 12 minori, provenienti tutti dall’Eritrea.
Ad attenderli sulla banchina Favaloro, famosa per avere accolto il Santo Padre l'8 luglio del 2013 e, qualche mese dopo, il 3 ottobre, i corpi delle vittime della tragedia in cui morirono 366 persone, oltre al parroco dell’Isola don Mimmo Zambito ed il suo vice don Giorgio Casula, con i volontari della parrocchia e le suore di “don Morinello”, anche “pezzi” di Italia e Germania. Infatti, in questi giorni si trovano sull’Isola anche Marta Bernardini e Francesco Piobbichi, della Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia, per il progetto “Mediterranean hope”, i ragazzi della Caritas della diocesi di Tricarico (Matera) Francesco Diluca, Vito Traficante, Pierluigi Barbarito e Sabato Lapata, che hanno partecipato al campo formativo e di servizio promosso da Caritas-Migrantes "Lampa Lampa" e don Klaus Leist, Claudia Riotte, Thomas Trapp e Anton Stier della parrocchia Sankt Wendel (Germania), ospiti della parrocchia San Gerlando di Lampedusa, alla quale hanno fatto dono della raccolta svolta durante la festa patronale, più altre somme inviate dai parrocchiani che serviranno per l’acquisto di beni necessari ad accogliere quanti dovessero giungere sull’Isola.
Non essendovi sull’Isola un luogo per l’accoglienza, essendo il Centro di contrada Imbriacola ancora chiuso, i migranti sono stati fatti sostare sul molo, dove, grazie alla collaborazione delle Forze dell'ordine, i volontari hanno potuto dare una prima semplice, ma generosa e doverosa accoglienza portando dell’acqua, del succo di frutta, del cibo, del gelato per i più piccoli ed anche degli abiti e scarpe pulite ed asciutte.Ma simbolo di questo giorno di “ordinaria” accoglienza è padre Klaus Leist, parroco della comunità di Sankt Wendel, che oltre ad essersi intrattenuto con i bambini giocando con loro, ha anche donato le sue scarpe ad un migrante che le aveva perse durante la traversata. Ma, accanto ad un’accoglienza attenta alle esigenze ed alle necessità di uomini, donne e bambini, vi è quella di uno Stato, quello italiano, che sembra essere restio ad accogliere. Ne ha avuto la prova il parroco di Lampedusa, don Mimmo Zambito quando gli è stato richiesto di ospitare, nella Casa della Fraternità, nove uomini che sono rimasti sull’Isola per accertamenti.
Sembra strana una richiesta del genere, se ancora oggi all’interno del Centro di prima accoglienza e soccorso di contrada Imbracola è presente e funzionante il posto di polizia, oltre che il presidio dell’esercito. Inoltre tre padiglioni del Centro non sono stati interessati dai lavori di manutenzione. Le immagini che ci giungono da Lampedusa non sono edificanti per i nostri governanti: i nove eritrei mangiano dinanzi ai cancelli del centro, seduti per terra ed insieme ad essi anche don Mimmo. Alla fine i cancelli sono stati aperti ed i nove eritrei accolti, ma era necessaria la protesta di qualcuno affinché venisse data ospitalità a chi scappa da una guerra? (Marilisa Della Monica - Migrantes Agrigento)