(26 maggio 2014) - Nessuno potrebbe mai immaginare che quelle mani così grandi e possenti siano capaci di realizzare lavori all’uncinetto e ricami di ogni fattura. Nessuno, osservandolo sempre sorridente, penserebbe che una parte del suo passato, e probabilmente anche del suo presente e del suo futuro, sarà per sempre legato a quei pochi metri di “legno” a bordo dei quali ha sfidato la vita e al tempo stesso la morte. Eppure, nonostante le apparenze, Salayman Amid, 27 anni, originario del Ghana, ce l’ha fatta e per questo non smetterà mai di ringraziare la sua nuova “maman”, la signora Fatima Trimarchi, che a propria volta chiama Salayman «il mio figlio nero». Martina, invece, la “nuova” sorella, ha coniato per lui un soprannome che rispecchia in pieno la luce sprigionata dal suo volto: Sole.
Il destino di Salayman e quello di Fatima si sono incontrati, incrociati e reciprocamente accolti oltre quel muro che definisce il “perimetro” del Centro di accoglienza Primo Nebiolo di Messina dal resto della città. Il ragazzo, tra i primi a giungere, insieme al fratello, nella struttura messinese dopo essere sbarcato ad Augusta, ha trascorso diverse settimane all’interno della Cas (Centro accoglienza straordinaria) in attesa della successiva destinazione. Questo, almeno, sarebbe dovuto essere il suo destino, uguale a quello dei tanti richiedenti asilo che in questi mesi hanno fatto tappa in città. È lo stesso Salayaman, con l’aiuto di Fatima e di Martina, cui è spettato il compito di traduttrici simultanee francese-italiano, a raccontarci perché le cose siano andate diversamente.
Salayman fa ancora parecchia fatica a ripercorrere i momenti del viaggio che lo ha condotto in Libia (risalendo il deserto) e da lì verso la Sicilia; alle parole preferisce le immagini, alcune delle quali sono state da lui stesso immortalate su un foglio bianco: un barcone rovesciato, uno ancora “in piedi”, sullo sfondo un albero, una farfalla e un serpente, quest’ultimo a simboleggiare il diavolo. Salayman ha avuto la fortuna di salpare sull’imbarcazione “giusta”; a poche ore di distanza dalla sua partenza, un altro barcone si sarebbe invece rovesciato nel Canale di Sicilia. Era il 3 ottobre. Durante i giorni trascorsi a Messina in attesa del suo turno di trasferimento, Salayman, grande amante del rugby, praticato nel suo Paese a livello amatoriale, ha chiesto ad uno dei mediatori culturali se in città ci fosse una squadra di rugby in cui poter giocare.
E a questo punto che avviene l’incontro tra Fatima, moglie di uno dei dirigenti del club cittadino “Amatori Rugby Messina” e mamma di uno dei ragazzi che fanno parte del team, e Salayman. La donna viene a conoscenza del desiderio espresso dal giovane ghanese e, dopo appena qualche giorno, fa ingresso al campo per incontrarlo. L’intesa tra i due, così come con il resto della famiglia, è immediata. Nel frattempo, però, Salayman viene raggiunto dall’avviso di spostamento in un centro di seconda accoglienza. Grazie all’interessamento del club sportivo, presieduto dal Nello Arena, e per merito dell’intervento di quest’ultimo presso il Coni, Salayman riesce a “bypassare” il trasferimento, venendo direttamente “assorbito” dall’Amatori Rugby. Dopo i primi intensi mesi di allenamento, una volta ottenuto il tesseramento ufficiale, Salayman, poco prima della fine del campionato (terminato da poche settimane), ha disputato il suo primo match ufficiale portando “in cassa” anche una meta.
Una gioia condivisa con la sua nuova, grande famiglia allargata, un orgoglio per quella città che Salayman ha scelto come seconda casa. «Essendo terminata la stagione sportiva – spiega Fatima – siamo in cerca di qualche lavoretto per Salayman. Vuole mettere qualche soldo da parte ed essere indipendente, perché altrimenti teme di essere un peso per noi. Il suo obiettivo, almeno per adesso, è restare qui, anche perché dopo essere salpato dalla Libia, il suo desiderio era proprio quello di arrivare a Messina, di cui aveva sentito parlare da un amico partito prima di lui». La seconda vita di Salayman ricomincia quindi da Messina, da quella porta della Sicilia, che ogni giorno oltrepassano, spesso per non farvi ritorno, centinaia di ragazzi, ma che per il giovane ghanese ha invece rappresentato un sicuro punto di approdo.
(Elena De Pasquale - Migrantes Messina)