(14 maggio 2014) - Molti la definiscono la nuova Lampedusa. Parliamo di Pozzallo, la piccola città marinara che diede i natali a Giorgio La Pira e che,a partire dal 2014, ha visto oltre 6.000 persone sbarcate presso gli angusti locali del CPSA (Centro Primo Soccorso e Accoglienza), che può contenere al massimo 180 persone e che si è ritrovato ad ospitarne anche il doppio, in condizioni facilmente immaginabili. Gli arrivi si susseguono incessantemente: l’ultimo, del 7 maggio, ha visto l’approdo di 103 migranti, di cui uno giunto cadavere a causa delle botte ricevute dai trafficanti libici poco prima della partenza. La Questura di Ragusa ha diffuso le agghiaccianti testimonianze dei compagni di viaggio: “Ho visto che un ragazzo è stato colpito violentemente al collo, cadendo all'interno delgommone, ma non mi rendevo conto delle sue condizioni. Abbiamo navigato per circa 14-15 ore senza avere né cibo né acqua, poi ho notato un elicottero che ci aveva avvistato e ci sorvolava sopra; ho notato che chi conduceva il gommone usava degli strumenti tipo la bussola per mantenere la rotta ed un telefono per chiamare aiuto, in lingua inglese, alle autorità italiane”. Un altro migrante afferma: “Le bastonate dei libici ci raggiungevano in qualsiasi parte del corpo e anche in parti vitali, come la testa, la nuca e il collo. Io mi trovavo ad occupare un posto posizionato al centro del gommone, quando uno di noi ci faceva notare che un ragazzo, probabilmente eritreo, era morto.” A fronte di questa situazione il sistema di accoglienza in provincia di Ragusa mostra le stesse confusioni del resto della Sicilia, con una coesistenza non sempre ben coordinata di centri governativi, progetti dello SPRAR e accoglienze straordinarie. Anche se non è semplice tenere il conto dei posti di accoglienza, sembra che per l’emergenza il territorio abbia messo a disposizione circa 500 posti, gestiti da IPAB (le ex Opere Pie), Cooperative sociali ed Enti ecclesiali. La diocesi di Ragusa ha messo a disposizione 80 posti presso due diverse strutture, a cui si aggiungono altri 130 posti forniti da una parrocchia di Vittoria. La diocesi di Noto, invece, non interviene nella prima ospitalità in convenzione con la Prefettura, ma, su segnalazione dei Comuni, offre dei posti presso le case di accoglienza. A fronte di una buona risposta, però, si segnalano diverse criticità. La prima è relativa al Centro di accoglienza straordinaria di Comiso, aperto e subito chiuso per il gran numero di migranti che si allontanavano da esso. La seconda è da attribuire, purtroppo, ad una generale psicosi diffusasi tra la popolazione. Sono cresciuti enormemente i timori relativi alla sicurezza sanitaria, nonostante i dati diffusi dall’ASP siano del tutto tranquillizzanti. L’ultimo caso, che ha avuto un’eco nazionale, è quello relativo ad un gruppo di mamme che ha vietato ai propri figli di svolgere una gita scolastica, poiché avevano individuato negli autobus utilizzati per l’escursione gli stessi messi a disposizione per gli spostamenti dei migranti. La terza, infine, è relativa alle amministrazioni che, pur denunciando un sentimento di abbandono da parte delle istituzioni centrali, spesso sembrano assecondare le paure dei cittadini, accrescendo un allarme che non trova giustificazioni.