L’esaltazione, le sue mani, il suo fianco
L’esaltazione di Gesù non toglie le piaghe alle sue mani e il segno della ferita del fianco. Gesù si è irrimediabilmente compromesso nella storia dell’umanità: la risurrezione non è un venirne fuori, un prendere le distanze. Il Risorto supera le barriere fisiche, come le porte chiuse del luogo dove si trovano i discepoli, ma non abolisce il legame relazionale, non trasporta i discepoli fuori dalla storia: li manda a costruire una nuova storia nel mondo: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Con la forza del suo Spirito, essi saranno testimoni di riconciliazione: «A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati».
Ripartire dai discepoli
L’esaltazione di Gesù, la sua risurrezione, non consiste dunque in un azzeramento, in una rivalsa contro chi l’ha tradito. I primi beneficiari del perdono e della misericordia di Gesù sono proprio i discepoli: confermati nel loro incarico, nella fiducia del Maestro. Dopo l’esperienza della fuga e dello sbandamento, riscoprono come un dono (non più come un privilegio, con prospettive di potere) poter essere di quelli che appartengono a Cristo.
Il segno del perdono
Il principale incarico affidato ai discepoli è il perdono, non il giudizio, tantomeno il castigo; la storia nuova che prende inizio dalla Risurrezione è una prolungata offerta di perdono, non più solo annunciato, ma disponibile, reso possibile dal dono dello Spirito. Il luogo proprio della riconciliazione donata dal Risorto è la comunità dei suoi discepoli; ciò potrebbe apparire sconcertante: perché non offrire un contatto diretto, un accesso senza mediazioni all’amore di Dio? Perché riproporre nuovi filtri? Perché il Risorto deve essere incontrato nella chiesa dove abita? Perché a noi non è concesso di far nostra la richiesta di Tommaso, di vedere e toccare?
I diversi modi della testimonianza
Tommaso è il testimone della prima ora, del gruppo dei Dodici. Ma la Risurrezione di Gesù apre un nuovo scenario, non più legato alla sua presenza terrena. Il Risorto è presente dovunque “due o tre sono riuniti nel suo nome”, in una comunità di fratelli e sorelle che si amano. Il Salvatore unico, con contatto immediato con tutti, rischierebbe di trasformarsi in una sorta di potere tirannico universale, tale da adattarsi ai capricci e alle esigenze di ogni persona. La continuazione della sua azione non è legata alla sua azione diretta, ma alla sua presenza nascosta, attraverso il dono dello Spirito, che permette di sperimentare comunione e carità.
La prima comunità
La lettura degli Atti mostra il modo di essere e di agire della comunità del Risorto. Un legame profondo li unisce, permettendo di arrivare fino alla comunione dei beni, alla condivisione estesa dei tempi della vita. Un simile modello resta punto di riferimento anche per noi oggi, ma non dobbiamo considerarlo una sorta di paradiso perduto: ciò che ha reso impossibile la prosecuzione su una simile linea è la crescita del Vangelo in ogni parte del mondo, la diffusione dei cristiani “fino ai confini della terra”, come richiesto dal Risorto. È avvenuta una moltiplicazione, un’accoglienza di tanti fratelli, rinunciando talvolta a porre barriere: sta alla nostra carità oggi crescere non solo numericamente, ma anche nella profondità della relazione fraterna e nella percezione della presenza di Dio.
Gioia e prove
La lettera di Pietro illustra bene il dinamismo che anima la comunità, tra la gioia del Risorto, e le prove inevitabili, paragonate al fuoco che prova i metalli preziosi. Il salmo ci aiuta ad entrare nella santa assemblea dei discepoli del Risorto: «Dicano quelli che temono il Signore: il suo amore è per sempre».