L'itinerario quaresimale è un'occasione straordinaria di conversione, di appropriazione di ciò che è essenziale nella vita di discepoli di Gesù. Ci accorgiamo di quale incontro l'ascolto del Vangelo ci riserva: scoprire la nostra “sete” di Gesù, Colui che veramente può dissetare l'umanità.
Il brano evangelico di questa terza tappa, ci presenta Gesù seduto al pozzo di Sicar nel deserto di Giuda: è Dio che si rivela, mostrandosi vicino a chiunque si reca lì, perché assetato: eppure chi domanda acqua è Dio!
La donna che va ad attingere acqua nell'ora più calda del giorno, ha sicuramente un motivo che cogliamo subito: vuole evitare incontri con la gente del suo villaggio... forse non si fida più di nessuno, per aver “studiato” quell'insolita uscita: tutto è deserto... eppure l'incontro avviene con lo sconosciuto che domanda acqua e che berrà attraverso la sua brocca! Leggendo l'intero brano scopriamo che ciò che la donna ritiene un miracolo nell'incontro con Gesù (“Mi ha detto tutto quello che ho fatto”), si rivela solo un inizio.
Gesù l'ha accolta e riesce a farle credere veramente all'amore e ai rapporti belli e veri che questa donna cerca con tanta sete! Gesù riesce a stimarla e ad amarla così com'è, cioè come figlia di Dio e sorella.
Il missionario che entra nella cultura di un popolo che non conosce (almeno, mai completamente), apprende l'”arte del dialogo” con il mezzo più povero che possiede, cioè con la parola, come lo sconosciuto che si ferma al pozzo di un villaggio. La modalità di Gesù è la caratteristica che deve avere ogni comunità cristiana: partendo dalla persona più povera e sola, forse la meno stimata (come la samaritana che evita con cura i propri compaesani) inizia a manifestare stima e arriva al cuore. Questa tappa quaresimale può favorire una riflessione sulla conversione pastorale delle nostre comunità: che cosa ci impedisce di essere accoglienti, di dialogare con chi non conosciamo? La misericordia è l'atteggiamento di un cuore umile, povero, accogliente: sappiamo ascoltare davvero i fratelli che incontriamo, nei loro bisogni primari?
Testimonianza
“Il mio inserimento qui? Cappellano nelle prigioni? Impossibile perché straniero. Cappellano di ospedali? Per ora non a tempo pieno; bisognerà vedere e magari proporre un gruppetto che si occupi dei malati. (…) Per fortuna che c’è il Martini. Sono sicuro che voi pensate al cardinale o all’aperitivo. No, si chiama proprio così, ma è un “solo”, un “malandato” a pochi minuti dalla Fraternità. Lavora come guardiano quando può e ce la fa – poche volte. Sono passato a trovarlo prima di venire al ritiro e gli ho portato tre taralli (sì, taralli) preparati da suor Maria Luisa e le sue sorelle Tanzaniane. Quando busso e sente la mia voce, s’affretta ad aprire. Saluto e dono i taralli, dicendo: «Sono pochi ». Dice: «Ci sei tu, da tempo non sei venuto, karibu sana». Riprendo, vedendolo in condizioni poco buone: «Come va?». Risponde: «Bene, ringrazio Dio per ogni cosa, sempre. Hai sentito - mi dice - degli americani che bombardano? [in riferimento al conflitto con il terrorismo islamico in Medio Oriente, dopo l’11 settembre, n.d.r.] ».
(Mi stupisce, è al corrente, non ha radio, ma quella dei vicini è sempre al massimo). Dico: «Che vergogna». Commenta: «Dobbiamo benedire tutti, i poveri, i ricchi». Aggiunge come pregando: « Sì, padre, ci sono ricchi che pensano solo a sé stessi e ce ne sono che condividono; ma Padre, benedici tutti… A noi il cibo di ogni il giorno, poco, e se manca Mungu anajua, Dio sa»; e mi guarda con un sorriso “oltre”. «Noi non sappiamo, Dio è rifugio vero, solo Lui. Benedire è sempre bene». E di nuovo mi guarda. Dico: «Amen», convinto. Al momento di partire non vorrei chiudere la porta… mai. Né la sua, né quella di Mama Hali, musulmana, malata di AIDS – comincia a star davvero male: tosse, catarro, diarree… Nella sua casetta mi sento dire: «E’ raro vedere un bianco che visita malati qui in queste baracche. Chi o che cosa te lo fa fare?».
Come posso spiegarle e dirle la gioia intima che non è commercio né curiosità, né solo motivo medico. Sono qui, sono con te, con voi per un po’ di tempo (…) A poche decine di metri c’è Impala Hotel – 120 dollari la notte, per turisti e impiegati dell’ONU (poveretti!).
Marna Eva, che a volte mi accompagna nelle visite, mi dice: «Vedi l’hotel, là, ci sei andato?». Dico: «Tu sai quanto sto bene qui, sto con gioia con voi». Camminiamo silenziosi, per i vicoli. I saluti a tanti risuonano festosi, la vita fluisce.”
(T. Bogliacino, Valige di speranza, Emi, Bologna 2007, pp. 82-83)