IV Domenica di Avvento - 22 Dicembre
BEATO ANGELICO, Maria visita Elisabetta, Predella della Pala dell’Annunciazione, Museo diocesano, Cortona, 1430 ca. Per gentile concessione del Museo diocesano di Cortona
«Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, Maria si fa, in qualche modo, “tabernacolo” – il primo “tabernacolo” della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all’adorazione di Elisabetta, quasi “irradiando” la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria». È quanto leggiamo al n. 55 della Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II. Lo stesso pontefice, questa volta nell’Enciclica Redemptoris Mater ai nn. 12-13 scrive: «La pienezza di grazia, annunciata dall’angelo, significa il dono di Dio stesso; la fede di Maria, proclamata da Elisabetta nella visitazione, indica come la Vergine di Nazareth abbia risposto a questo dono. “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede” (cf. Rm 16,26; 1,5; 2Cor 10,5), per la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente. Questa descrizione della fede trovò una perfetta attuazione in Maria». La Visitazione di Maria alla cugina è simbolo della stessa visita di Dio al suo popolo (cf. Lc 1,68), una visita che arreca la gioia della salvezza. Papa Francesco in una sua omelia del maggio scorso ha ricordato che nel racconto evangelico la gioia caratterizza la visita di Maria a Elisabetta la quale rivela alla cugina: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,44). «Tutto è gioia – commentava il Papa. Ma noi cristiani non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria. Cosa è la gioia? La chiave per capire questa gioia è quello che dice il vangelo: “Elisabetta fu colmata di Spirito Santo”. Quello che ci dà la gioia è lo Spirito Santo». Risuonano in questa riflessione le parole di S. Ambrogio il quale parla di Maria dicendo: «Gioiosa di compiere il suo desiderio, delicata nel suo dovere, premurosa nella sua gioia, si affrettò verso la montagna» (Esp. del Vangelo secondo Luca, II, 19). La scena evangelica è stata espressa innumerevoli volte dai diversi artisti. Il Beato Angelico, in particolare, l’ha raffigurata anche in un riquadro della predella della Pala dell’Annunciazione conservata a Cortona e realizzata nella prima metà del ‘400. Qui sono stati dipinti alcuni episodi della Vita di Maria, dallo Sposalizio alla Morte della Vergine, senza soluzione di continuità. La seconda scena raffigura l’incontro di Maria con la cugina che avviene all’ingresso della casa di Elisabetta. Sono presenti anche due figure femminili che assistono all’evento. Alle spalle della Vergine si scorge una sorta di sentiero, quasi una cavità scura, che sprofonda in una valle interrotta da un lago. Si tratta di un espediente che rende bene il lungo cammino e il sentiero scosceso che Maria ha dovuto percorrere dalla sua città, dipinta in lontananza, e il luogo montuoso in cui risiede la parente. Ciò che colpisce è comunque l’abbraccio tra le due sante donne, lo sguardo intenso che si scambiano e che rivela la profonda e sincera comunione dei loro animi. La serenità dei loro volti indica invece la consapevolezza di essere oggetto dell’attenzione e della benevolenza di Dio. L’artista non ha voluto porre Maria in una posizione di privilegio rispetto a Elisabetta, ma in perfetta simmetria con l’elegante figura dell’anziana donna, per significare la grande umiltà della Serva del Signore la quale ”ha creduto nell’adempimento delle parole di Dio” (cf. Lc 1,45). Nella Vergine Maria che fa visita a Elisabetta la Chiesa riconosce l’esempio più alto e il significato più profondo del suo cammino verso il mondo intero che è chiamata a servire innanzitutto con il dono dell’annuncio e della testimonianza del vangelo e quindi con il servizio della carità, nutrendo la viva speranza che tutte le genti possano accogliere Cristo e divenire “eredi della vita eterna” (cf. Tt 3,7).
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