Intervista ad un operatore Caritas di Reggio Calabria
Come avete iniziato ad occuparvi di ludopatia?
Dal 2007 al 2011 la percentuale di popolazione che si è rivolta alla Caritas per affrontare le spese correnti è cresciuta del 14%. Anche attraverso questa situazione ci siamo resi conto di come il fenomeno della ludopatia andasse a gravare sulla quotidianità di quei lavoratori che hanno perso il proprio posto ma anche di genitori schiacciati dal costo anche economico di una separazione.
Il fenomeno del gioco d’azzardo assume in maniera sempre più diffusa i contorni di una vera e propria dipendenza psicologica. In un momento di difficoltà economica diffusa il miraggio di una ricchezza facile e immediata manda in rovina sempre più persone. A tale drammatico fenomeno sono particolarmente esposti i giovani, i disoccupati e le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, gli anziani soli. Tutte quelle fasce di popolazione un tempo appartenenti al cosiddetto ceto medio e che oggi vengono “declassate” come nuovi poveri. Tutte persone che mai avrebbero pensato di scivolare nella miseria.
Cosa riuscite ad offrire a chi rischia o è già coinvolto in questo grave problema?
Le “parole-chiave” che accompagnano il nostro impegno sono: ascolto, accompagnamento, reinserimento sociale, sensibilizzazione, auto aiuto, prevenzione, informazione, rete. Offriamo informazioni e consulenza a giocatori patologici e ai loro famigliari, ma anche spazi di socializzazione per trascorrere i tempi “vuoti” con relazioni positive, supporto al reddito per chi è maggiormente in difficoltà. Organizziamo anche campagne di sensibilizzazione per informare, prevenire e sensibilizzare studenti ed insegnanti, genitori, operatore dei servizi territoriali e la cittadinanza tutta.
È un campo difficile da affrontare, riuscite a vedere qualche risultato positivo?
È molto importante anche il ruolo dei famigliari in queste situazioni. Una storia per tutte: una donna rimasta vedova in giovane età che frequentava una sala bingo, nell’illusione di trovare risposta ai problemi e alla solitudine che diventava sempre più grande. Il debito aumenta, trascinandola nella depressione: sono i figli ad intervenire, affrontandola e imponendole di farsi aiutare.
Il percorso insieme a noi è durato circa due anni, durante i quali le ricadute sono state frequenti, ma alla fine è riuscita lentamente a riconquistare il proprio equilibrio, a riacquistare la fiducia in se stessa, a riallacciare i rapporti con i figli.
Oggi riesce a mantenere uno stile di vita sobrio grazie al quale ha recuperato i debiti e si è rimessa in piedi. Non ha più voglia di giocare, ma è consapevole della propria fragilità, è consapevole di avere cercato all’esterno qualcosa per riempire un vuoto che nessuna cosa avrebbe potuto colmare se non il faticoso cammino della condivisione e del quotidiano.