Intervista ad una ragazza in servizio civile in Caritas Italiana
Come è nata la tua collaborazione in queste interviste?
Stavo svolgendo l’anno di Servizio Civile all’estero a Marawila, in Sri Lanka, tra i bimbi disabili di due scuole speciali. Ho saputo del terremoto in Emilia, la mia terra, dal direttore delle scuole. Al mio ritorno a Modena ho potuto vedere con i miei occhi le conseguenze. Per questa mia esperienza mi è stata affidata una ricerca sulla situazione degli immigrati singalesi nelle tendopoli.
Com’è andata?
In questi due giorni di interviste matte e disperatissime agli immigrati dallo Sri Lanka mi sono trovata di fronte uomini e donne disponibili e desiderosi di condividere ed esprimere la loro realtà di migranti. Nessuno si è tirato indietro di fronte alle domande e, anche se alcune risposte sembravano un po’ di circostanza e gentilezza (neanche un italiano può dire di non aver mai avuto problemi con un italiano!), per la maggior parte sono state sincere e sentite. Mi ha colpito sentire bimbi parlare con accento modenese un secondo, e il secondo dopo rivolgersi ai genitori in singalese, e trovarsi tutti insieme in una tenda blu della protezione civile, in un paese terremotato della bassa emiliana, a parlare di Chilaw, di Marawila e di posti così distanti eppure condivisi. Ho smesso di stupirmi invece a sentire parlare di cugini a Milano, zii a Verona, fratelli a Napoli. Immagino che tra dieci anni solo i loro figli, e forse neanche loro, saranno ancora in Italia. Questa triste esperienza da terremotati non ha cambiato i loro piani, forse li ha rafforzati nella determinazione di “fare fortuna”, ma lascia un sapore amaro di sconfitta lo stesso, per chi ha perso tutto. Tutto è la casa e, per alcuni di loro, il lavoro. Tutto il resto, quello che rimane, è la famiglia, la presenza forte di persone disposte ad aiutarli, i parenti e le comunità locali, ed è quello che li sostiene. La nostalgia di casa trova espressione nella frase “lo Sri Lanka è bello, ma non c’è lavoro, non ci sono soldi” però se chiedo che cosa manca loro dello Sri Lanka, o se qui si sentano soli, non mi sanno rispondere. La loro famiglia è qui, molti dei loro parenti sono qui, i loro figli parlano modenese e la loro integrazione sul territorio pare sia stata e sia tuttora buona, stanno reagendo al terremoto con forza cercando soluzioni e trovando sostegno sia da italiani che cingalesi, sia da privati cittadini che dalle istituzioni, eppure l’Italia continua a non essere la loro vera mèta.
Forse, come dice il saggio Nicholas, “Le persone sono come gli alberi. E come gli alberi, hanno radici.”