Sussidio Quaresima 2013 - Migrantes - 17 febbraio - I Domenica 
17 febbraio - I Domenica   versione testuale
"Chiunque crede in lui non sarà deluso" (Rm 10,11)
La carità del dialogo oggi
 
 
Dialogare non significa cedere al relativismo o perdere la propria identità. Anzi. Ci viene in aiuto la testimonianza di Pierre Claverie, domenicano ucciso in un attentato in Algeria, in ambiente islamico, dieci anni fa. Ci aiuta a focalizzare questo compito decisivo per gruppi e minoranze attive: “Ci siamo trovati a realizzare con mezzi poveri luoghi d’incontro e piattaforme per conoscersi e comprendersi meglio, con le nostre differenze e la pesante eredità dei nostri conflitti passati e presenti. Oggi non c’è nulla di più necessario e di più urgente che creare questi luoghi umani, in cui s’impara a guardarsi in faccia, ad accettarsi, a collaborare e a mettere in comune le eredità culturali che fanno la grandezza di ognuno. La parola d’ordine della mia fede oggi è perciò dialogo. Non per tattica o per opportunismo, ma perché il dialogo è alla base del rapporto tra Dio e gli uomini e tra gli uomini stessi”. Il dialogo nasce dall’interesse (l’I care di don Milani), dalla passione, dalla condivisione, dalla compassione.
Il dialogo, che valorizza le esperienze umane, cristiane e religiose diverse, con l’attenzione a non escludere nessuno, ma soprattutto a superare divisioni e contrapposizioni. A tale proposito, indicativo è un passaggio di Giorgio La Pira, ricordato da P. Giuntella – il grande giornalista televisivo - nel profilo su La Pira intitolato: “L’ultimo realista: i sentieri del professore”: C’è oggi davvero un deserto da abbandonare; una terra promessa da raggiungere; un Giordano da attraversare; un risveglio da compiere; un movimento di popoli – in questo senso – da attuare. C’è un capitolo nuovo – in certo senso finale – della teologia della storia che deve essere scritto dai popoli della storia nuova del mondo… passare dall’inverno della storia (la guerra) alla primavera della storia (la pace)[1].
È un invito a non leggere la sicurezza in forme, progetti, azioni di difesa e di offesa, in un ritorno alla conflittualità, ma a leggere la sicurezza dentro gesti, progetti, azioni di accoglienza e di relazione d’aiuto, di promozione e di sviluppo integrale della persona e dei popoli che incontriamo in città. È questa, ancora , “la nostra vocazione sociale”.
Nel Messaggio inviato in occasione della giornata di studio organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura, il 3 dicembre 2008, Benedetto XVI ha affermato che il tema del dialogo tra culture e religioni è oggi “una priorità” per l’Europa e ha spiegato che “l’Europa contemporanea, che si affaccia sul Terzo Millennio, è frutto di due millenni di civiltà. Essa affonda le sue radici sia nell’ingente e antico patrimonio di Atene e di Roma sia, e soprattutto, nel fecondo terreno del Cristianesimo, che si è rivelato capace di creare nuovi patrimoni culturali pur recependo il contributo originale di ogni civiltà[2].   Il tema del dialogo interculturale e interreligioso – ha aggiunto il Papa – emerge come una priorità per l’Unione europea e interessa in modo trasversale i settori della cultura e della comunicazione, dell’educazione e della scienza, delle migrazioni e delle minoranze, fino a raggiungere i settori della gioventù e del lavoro[3].  Infine, il Santo Padre ha concluso il Messaggio invitando i credenti ad essere “pronti a promuovere iniziative di dialogo interculturale e interreligioso, al fine di stimolare la collaborazione su temi di interesse reciproco, come la dignità della persona umana, la ricerca del bene comune, la costruzione della pace, lo sviluppo”.
 


[1] G. La Pira, Il sentiero di Isaia, Firenze, Cultura editrice, 1978, p. 389; in P. Giuntella, Il fiore rosso. I testimoni, futuro del cristianesimo, Milano, Paoline, 2006, p. 219.
[2] E continua dicendo che “Il nuovo umanesimo, sorto dalla diffusione del messaggio evangelico, esalta tutti gli elementi degni della persona umana e della sua vocazione trascendente, purificandoli dalle scorie che offuscano l’autentico volto dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Così, l’Europa ci appare oggi come un prezioso tessuto, la cui trama è formata dai principi e dai valori scaturiti dal Vangelo, mentre le culture nazionali hanno saputo ricamare una immensa varietà di prospettive che manifestano le capacità religiose, intellettuali, tecniche, scientifiche e artistiche dell’Homo europeus. In questo senso possiamo affermare che l’Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale sull’insieme del genere umano, e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile non solo del suo futuro ma anche di quello dell’umanità intera”.
[3] Il Santo Padre, proseguendo, spiega che “Una volta accolta la diversità come dato positivo, occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l’esistenza della cultura dell’altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento. Il mio Predecessore, il servo di Dio Paolo VI, indirizzandosi ai cattolici, enunciava in questi termini la sua profonda convinzione: ‘La Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione’ (Enc. Ecclesiam suam, n. 67). Viviamo in quello che si suole chiamare un ‘mondo pluralistico’, caratterizzato dalla rapidità delle comunicazioni, dalla mobilità dei popoli e dalla loro interdipendenza economica, politica e culturale. Proprio in quest’ora, talvolta drammatica, anche se purtroppo molti Europei sembrano ignorare le radici cristiane dell’Europa, esse sono vive, e dovrebbero tracciare il cammino e alimentare la speranza di milioni di cittadini che condividono i medesimi valori”.