L'excursus analitico parte dall'epoca in cui, dopo le devastazioni seguenti alla rivoluzione francese, si pose il problema di recuperare le chiese medievali danneggiate. L'epoca in cui fiorì la disciplina del restauro che ebbe in Viollet-le-Duc uno dei massimi esponenti, ma anche l'epoca in cui mosse i primi passi il Movimento liturgico. In breve sintesi l'A. ripercorre l'evolversi del dialogo tra architettura e Chiesa, con la convinzione che il ruolo della prima sia fondamentale anche nel proporre nuovi modi di manifestarsi della liturgia, ovvero che l'architettura delle chiese non si limiti a offrire un luogo fisico ove svolgere le celebrazioni ma, in quanto espressione intrinseca alla cultura del tempo, ne influenzi direttamente il modo di dispiegarsi. L'A. si sofferma sul modo in cui, con l'emergere in architettura del Movimento moderno e in particolare con l'irrompere dell'attenzione per l'essenza degli edifici e per il loro significato nella storia, si imponesse anche un ripensamento sulla struttura delle chiese e un tentativo di recuperare la primigenia semplicità di queste.
Nel procedere della sua analisi storica, Gabetti si riferisce a concreti progetti di chiese che sono considerati come esemplari di un'epoca e di una sensibilità, e che sono illustrati nelle tavole disegnate da Reinerio e poste a conclusione del volume. Per esempio, nel discorrere di come nuovi materiali e nuove tecnologie influenzino la forma delle chiese al sorgere del Movimento moderno, ecco i disegni di Notre-Dame di Le Raincy, a Parigi, progettata da August Perret e completata nel 1923: un edificio che i critici dell'epoca definirono la “Sainte-Chapelle du béton armé”. Infatti l'edificio si presenta come un ampio porticato rettangolare retto da quattro file di colonne, perimetrato da pareti composte da blocchi prefabbricati vetrati che rendono l'ambiente aereo, leggero e luminoso.
Com'è noto, d'altro canto, l'uso del cemento armato e dell'acciaio consente di eludere le condizioni di necessità che imponevano limiti stringenti all'arte del costruire: di qui l'emergere nel XX secolo di edifici dalle forme scultoree e libere, che cercano ciascuno a suo modo di interpretare l'importanza simbolica della chiesa. Tra questi, spicca il caso della
cappella di Ronchamp in Svizzera, progettata da
Le Corbusier il quale, pur convinto razionalista, in quest'opera della metà degli anni '50 compose una
forma estremamente complessa e articolata, uno «
spazio sospeso dove tutte le direzioni coesistono: schiacciato dal tetto incombente, dilatato nelle cappelle laterali e risucchiato dai fiabeschi periscopi verticali».
Chiese come questa furono studiate come parte di una ricerca, bensì architettonica ma decisamente collegata col pensiero liturgico. Tra gli esempi italiani che rispecchiano questo rinnovato impegno di stretto dialogo tra progettazione architettonica e liturgia, v'è la Madonna dei Poveri a Milano, opera di Luigi Figini e Gino Pollini. Una chiesa dalle scabre superfici esterne in cemento che interpreta in modo letterale la povertà richiamata nell'intitolazione, e all'interno ripropone la silenziosa, ascetica penombra delle antiche chiese romaniche.
Secondo Gabetti, il fatto che i Padri conciliari fossero a conoscenza di queste e altre chiese nuove, e forse vi avessero anche celebrato in prima persona, può aver contribuito a ispirare le loro riflessioni, tradottesi poi nella Costituzione liturgica “Sacrosanctum Concilium”.
Essendo la chiesa un edificio di grande complessità, Gabetti le esamina in modo sistematico, e sempre seguendo un approccio storico. Un capitolo del volume è dedicato a discutere il tema “sacro-santo”. Su tale argomento la riflessione di Gabetti si dispiega attorno a quanto scritto da Severino Dianich (in “Spazio e rito. Aspetti costitutivi dei luoghi della celebrazione cristiana”, Roma, 1996): «Diversamente dal tempio pagano, che era innanzitutto il luogo dove abitava la divinità, la chiesa cristiana è fatta per l'assemblea di coloro che credono in Cristo. Non c'è un luogo “sacro” in opposizione a un luogo “profano”... Dio è là dove ci sono coloro che lo adorano in spirito e verità». E argomenta in favore di una ricerca della semplicità del progettare per la liturgia, rifuggendo dall'eccessiva esibizione di trionfalismi o di ricchezze, anche per quanto riguarda gli oggetti per il culto e la ricerca di simboli attivi, cioè capaci di parlare oggi alle persone, mentre pone in termini problematici il rapporto prossemico che si può stabilire tra popolo e altare, dopo la decisione di volgere l'altare verso il popolo, propendendo per l'idea di celebrare “tra di noi, piuttosto che in faccia a noi”, secondo la lezione di F. Debuyst e di G. Bonnet.
Tra i molteplici esempi di realizzazioni contemporanee che interpretano il tema con efficacia, Gabetti presenta quella della
chiesa di S. Giovanni Battista a Savigliano (CN): l'edificio fu completato nel 1922 con gusto classico baroccheggiante, e nel 1971
l'aula liturgica fu radicalmente rivista su progetto di
Domenico Bagliani,
Giuseppe Bellezza,
Virgilio Corsico e
Erinna Roncarolo. La pianta quasi ellittica della chiesa prestò il destro per una
rotazione di 90° dell'asse principale, talché l'
altare fu spostato dalla grande abside a un luogo lungo il fianco destro, incorniciato da un'absidiola laterale, permettendo così il raccogliersi di tutta l'assemblea con file di sedute disposte a semicerchio al suo intorno.
Come caso emblematico, a conclusione del suo scritto, Gabetti esamina il tema della cattedrale e della disposizione dei luoghi liturgici al suo interno. Perché la cattedrale costituisce l'esempio principale al quale ispirarsi in ogni diocesi, e perché al suo interno si dispiega con particolare chiarezza il rapporto tra assemblea e l'autorità del Vescovo.
Al di là dei propri convincimenti, Gabetti non si pone come maestro che indottrina: pur nel continuo richiamo ai documenti magisteriali e agli autori che ne hanno rielaborato le problematiche, cosciente della complessità della situazione, invita a riflettere, indicando un percorso conoscitivo ed elaborativo a chi, sia quale architetto, sia quale committente (la sua esperienza del resto abbraccia entrambi questi campi), si trovi di fronte al compito di costruire o adeguare una chiesa: «Il progettista-artista, chiamato ad affrontare la realizzazione o la trasformazione di un edificio per il culto o il design di arredi o di suppellettili... deve superare molti passaggi intermedi, ricercando profondamente, in se stesso, il modo di impossessarsi del difficile oggetto del suo lavoro». Perché le norme, pur fondamentali, non sono decisive ai fini del progetto: questo, sostiene Gabetti, richiede intuizione, cultura, creatività, indagini storico critiche, apertura ai ricordi così come anche alle innovazioni.