(2 marzo 2012) - In molti hanno tentato di capirlo, ma in pochi sono riusciti a comprendere pienamente il legame indissolubile tra l’Isola e coloro che la abitano. Perché per noi è “U Scogghiu”, la terra dove vorremmo costruire il nostro futuro.
Un’unione forte ed individuale, che tiene ancorato alle proprie radici il cuore pulsante di numerosissimi giovani, che nonostante le difficoltà si sforzano, con coraggio, di imprimere una svolta positiva alla società locale. Definire “diverso” il modo di vivere a Lampedusa sarebbe inappropriato, perché il problema principale, da cui nasce anche quel sentimento di “solitudine” che ne contraddistingue lo spirito, è legato al problema della distanza geografica ma soprattutto dei trasporti poco efficienti. Purtroppo, e per certi aspetti anche per fortuna, è qui che siamo cresciuti e nonostante spesso il desiderio sia quello di scappare, perché ben consapevoli che le opportunità non sono le stesse di quelle offerte dalle grandi città, siamo comunque capaci di apprezzare le “unicità” che la nostra terra ci offre: gli odori, i profumi e i colori. I problemi che maggiormente interessano la vita di noi ragazzi, terminata la fase della scuola dell’obbligo (sempre che tutti decidano di frequentarla) riguardano, inevitabilmente, l’aspetto lavorativo: pochi gli sbocchi professionali che permettono di soddisfare le aspirazioni personali dei giovani isolani.
E a penalizzare maggiormente è l’incresciosa situazione del sistema istruzione, visto che, terminati gli anni delle scuole medie, l’unica alternativa è il liceo scientifico. Un malessere che si capisce bene, nel momento in cui ci viene chiesto di scrivere, “Come trascorre uno studente di Lampedusa la propria giornata”. Questa la risposta: «Il pomeriggio siamo chiusi dentro la scuola e la mattina a casa a studiare. Credo che non sia una giornata buona». Un’inversione di orari causata da alcuni problemi che momentaneamente stanno interessando l’istituto e che hanno determinato una diversa organizzazione didattica. Ciò non fa che confermare quanto grande sia il bisogno di una “vera normalità”, perché quella vissuta a Lampedusa o Linosa, per il solo fatto di essere delle isole, non è paragonabile a quella di migliaia di altri ragazzi.
La nostra è una realtà in cui la “questione giovanile” non è mai stata posta, o se lo si è fatto, solo in modo poco incisivo. E a pagarne le spese, alla fine, sono sempre coloro che nutrono e alimentano il desiderio di voler vivere in un ambiente che offra occasioni di ricchezza culturale e che diventi “campo d’azione” per chi ha bisogno di vivere e condividere la giornata. In questo momento, invece, è solo lo scorrere del tempo a scandire, lentamente, le attività quotidiane: così lentamente che qualcuno osa dire che «È sempre la stessa storia. Ogni giorno». Ma c’è anche chi ha assunto la matura consapevolezza che nessuno potrà mai costruirci un futuro migliore se non noi stessi. Non a caso anche coloro che per motivi di studio trascorrono molti anni lontano da Lampedusa o da Linosa, custodiscono il desiderio di farvi ritorno, perché profondamente attaccati allo “Scogghiu”. Questa terra è di noi ragazzi e solo noi possiamo darle un futuro.
(Mayra Castro - studentessa del liceo “Luigi Pirandello”)