(9 febbraio 2012) - Nonostante Lampedusa abbia rischiato e continui a rischiare di scontare l’effetto del linguaggio ansiogeno dei mezzi di comunicazione, avvezzi a documentare l’arrivo di migranti e richiedenti asilo come un’aggressione e una minaccia di cui aver paura, – con evidenti ripercussioni negative sul turismo – l’Isola ha accolto e continua ad accogliere migliaia di migranti nella consapevolezza che ciò rappresenti un valore aggiunto. Lampedusa, da sempre, ha testimoniato di esserne capace, dando prova all’Europa intera di come, negli ultimi vent’anni, in maniera del tutto spontanea, si sia attivata un’efficace macchina operativa di solidarietà.
Un ricordo indelebile quello dei cosiddetti “giorni dell’emergenza”,oltre seimila i migranti in giro per l’Isola, privi e privati di qualsiasi garanzia, anche la più basilare: quella di un letto, di un pasto o di un tetto sotto cui trovare riparo. Questo, purtroppo, il risultato di scelte poco valide da parte di chi avrebbe potuto, o meglio avrebbe dovuto evitare la creazione di uno stato emergenziale. Uniche vittime di un sistema scorretto e impreparato, dove anche i diritti e gli equilibri più elementari sono stati annullati, lampedusani e migranti. E tuttavia, nonostante le ostiche condizioni, tra coloro che sull’Isola ci sono nati e cresciuti e quanti, invece, vi sono approdati alla ricerca di un futuro migliore, si è riuscito a creare un equilibrio armonioso. E ciò perché non si può mutare la natura di un popolo, ma soprattutto non si può negare quell’innata predisposizione all’accoglienza e quella volontà di continuare ad essere approdo di primo soccorso.
Senza per questo dimenticare l’originale vocazione turistica che, al contrario, andrebbe certamente più tutelata e valorizzata. Mentre a distanza di un anno sembra quasi si voglia cancellare un’esperienza che ha invece rappresentato una pagina di storia ormai indelebile, ciò che andrebbe fatto è rileggere quegli avvenimenti volgendo lo sguardo verso chi continua a lasciare la terra d’origine pur sapendo di mettere a rischio la propria stessa vita e decide di affrontare le peripezie del mare per raggiungere un obiettivo ben preciso: lasciarsi alle spalle anni di soprusi sociali e mancanza di libertà. Anche alla luce di questo, avrebbe più senso ripensare a quanto vissuto come ad un’occasione di crescita collettiva ed è proprio questo spirito che ci ha spinto a proporre diverse attività sul territorio e promuoverne di nuove, finalizzandole alla sensibilizzazione verso un fenomeno epocale, quello dell’immigrazione, al quale non si può per nessun motivo restare indifferenti.
Rimane ancora vivo oggi nella nostra memoria l’incontro con chi sostava sulla collinetta adiacente il porto, ribattezzata erroneamente dagli organi di stampa come la “collina della vergogna”; ricordiamo con affetto il semplice gesto di avvicinarci a quella cultura organizzando la giornata del cous cous e condividendo con quelle persone tante ore. L’immagine dei ragazzi sparsi in ogni angolo dell’Isola, è “riapparsa” come un ritornello durante il primo campeggio per i diritti umani, realizzato dalla nostra Associazione unitamente ad Amnesty International e Legambiente. Giovani provenienti da diverse città italiane hanno condiviso, nel mese di luglio, l'incontro con chi a Lampedusa vive, lavora, accoglie, si batte per i propri diritti e per il rispetto dei diritti altrui; con chi si impegna per la salvaguardia della realtà lampedusana e dell'ambiente naturale. I partecipanti hanno vissuto, con chi questa realtà la vive 365 giorni l’anno, una terra carica di storia, di diritti umani violati ma ancor di più terra di diritti umani difesi. Un’esperienza che ha impresso segnali positivi lasciando ben pensare alla possibilità che non ci si fermi, ma che diventi una “sana abitudine” quella di confrontarsi insieme per poter mantenere spalancate le “porte” della Porta d’Europa, sempre pronta ad accogliere chi arriverà e a rappresentare anche quanti, purtroppo, non ce l’hanno fatta ad arrivare nel Porto Salvo. Non vi è una scelta alternativa tra sicurezza e diritti umani, tra diritti dei cittadini di Lampedusa e diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Se in un luogo si propaga tale cultura, questa gioverà a tutti. Se si creano servizi, l’intera comunità ne beneficerà. Se invece si ammette la possibilità di abusi e violazioni, tutti saremo più insicuri.
(Associazione “Alternativa Giovani”)