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Stipendi più alti nel Nord-Est per gli immigrati   versione testuale
Il Sole 24 Ore, 30 maggio 2011
(30 maggio 2011) - Fatto il confronto, non c'è storia. Se un cittadino moldavo lavora un anno in Italia guadagna più di nove volte il reddito (rappresentato dal Pil nominale) di un suo connazionale in Patria. Per arrivare allo stesso livello di reddito di un filippino dipendente in un'impresa italiana servono le entrate economiche di oltre sei conterranei che lavorano nel paese d'origine. Mentre la retribuzione media netta in Italia di un marocchino è pari alla ricchezza prodotta da 5,5 individui di Rabat e Marrakech. Il nostro Paese - nonostante la crisi e le difficoltà burocratiche - per molti migranti continua a costituire un approdo migliore. Almeno a livello retributivo.
I conti - su dati Istat e Fondo monetario internazionale - li ha fatti la Fondazione Leone Moressa di Mestre che, nel suo ultimo dossier, ha anche analizzato gli stipendi netti degli stranieri che lavorano in Italia. In media un dipendente immigrato guadagna 987 euro al mese. Quasi trecento in meno di un dipendente italiano. In proporzione: uno stipendio inferiore di quasi un quarto (-22,9%). Va evidenziato però che parità di qualifiche il divario si riduce: un operaio straniero (è il livello del 90% degli stranieri in Italia) intasca l'11% in meno rispetto a una tuta blu italiana.
Il divario nasconde poi differenze territoriali, con il Sud che si distingue per lo scarto più elevato. La maglia nera va alla Basilicata, dove uno straniero riceve 520 euro in meno in busta paga (-42%) rispetto a chi è nato qui. Valori simili anche in Calabria, dove la differenza supera di poco il 40 per cento. Tradotto in moneta: 465 euro in meno. Va un po' meglio nel resto del Paese. Soprattutto nel Triveneto, dove il differenziale retributivo non supera il 19 per cento.
In Lombardia lo stipendio della manodopera straniera è inferiore di quasi il 22% rispetto a quello di un italiano, mentre nel Lazio di più del 30. In generale, un migrante guadagna di più in Friuli Venezia Giulia (1.159 euro) e Trentino Alto Adige (1.105). Ultima in classifica la Calabria: lo straniero riceve mediamente 674 euro al mese. A livello di genere, gli uomini guadagnano più delle donne (1.135 euro contro 797), mentre sulla base della provenienza, riceve di più un africano (1.055 euro) rispetto a un americano (900).
 
I numeri non sorprendono Laura Zanfrini, docente di sociologia all'università Cattolica di Milano: «Le cifre sono perfettamente coerenti con il modello italiano d'integrazione che vede gli immigrati nei gradini più bassi della gerarchia professionale».
«Al Sud le cose vanno proprio male», aggiunge Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni all'università Statale del capoluogo lombardo e direttore della rivista "Mondi Migranti". «I dati ci dicono che in alcuni casi c'è chi guadagna anche meno della metà rispetto ai nostri connazionali». Sul perché, oltre alla differenza su scala nazionale, ci sia un ampio divario regionale, i giudizi toccano diversi aspetti. «Nel Meridione pesa la componente del lavoro sommerso e stagionale - spiega Ambrosini -. Nel Settentrione, invece, assistiamo a un mercato di tipo industriale, sindacalizzato e più stabile a livello contrattuale». Su quest'ultimo punto è d'accordo anche Valeria Benvenuti, la curatrice del dossier per conto della Fondazione Moressa. Che aggiunge anche l'elemento degli scatti d'anzianità e la presenza storica degli stranieri. «Nel Mezzogiorno, invece, buona parte delle immigrate è impegnata in settori dal basso valore aggiunto e quindi poco retribuito. Zanfrini, poi, cita il fattore "integrazione": «Nel Nord Est c'è più armonizzazione sociale mentre al Sud la discriminazione è più accentuata».
 
Come ridurre allora il gap? Le strade proposte dagli analisti sarebbero soprattutto due. Da un lato si dovrebbe puntare a una migliore gestione dei flussi migratori e non ricorrere a sanatorie mascherate o a decreti di corto respiro. Dall'altro bisognerebbe regolamentare certi settori del mercato del lavoro, come il terziario, dove i differenziali retributivi sono enormi. (Leonard Berberi - Il Sole 24 Ore)