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Festa dei Popoli tra cooperazione e integrazione   versione testuale
Roma, 8 maggio 2011

(5 maggio 2011) - Domenica il ventennale della manifestazione. Davanti a San Giovanni in Laterano stand, piatti etnici e spettacoli. Nella cattedrale la Messa di monsignor Crociata. (RomaSette)
«Occorre, oggi più che mai, intervenire in quei Paesi da cui provengono gli immigrati per contenere, con lo sviluppo economico e sociale nei luoghi di partenza, i flussi di immigrazione». Soprattutto, «è urgente l’accompagnamento e la gestione dei processi di integrazione di quegli immigrati che si trovano a vivere da anni nel nostro Paese». L’appello, alle forze politiche e alla società civile, è di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenuto il 7 aprile alla riunione della commissione presbiterale, all’indomani della tragedia che ha contato nelle acque del Mediterraneo, tra morti e dispersi, circa 300 profughi all’alba del 6 aprile.
 
Le parole del presule, che presiederà l’8 maggio la Messa delle 12 nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, in occasione della XX edizione della Festa dei Popoli, «sono una presentazione significativa e sintetica - spiega padre Gaetano Saracino, scalabriniano, ideatore dell’iniziativa - di quello che è la Chiesa in Italia, messa dinanzi al fenomeno della mobilità umana». Cioè, «una mano tesa attraverso i progetti di cooperazione e sviluppo, ma anche una madre che accompagna i processi di integrazione, l’altra faccia irrinunciabile delle dinamiche migratorie».
 
Promossa dalla Famiglia e dai Missionari Scalabriniani, dagli uffici Migrantes e Caritas della diocesi di Roma, in collaborazione con le Acli provinciali, le comunità etniche, la Regione Lazio, la Provincia e il Comune di Roma, «la Festa dei Popoli, "Una festa senza confini", come è detto nel titolo della XX edizione - sintetizza padre Saracino - è espressione di questo percorso». Incoraggiato dalla Chiesa, specie in questi anni, «che ha saputo guardare lontano cercando di combattere - riconosce lo scalabriniano - una certa stanchezza spirituale e ideale diffusa nella nostra società attraverso la visibile vitalità delle comunità etniche della città di Roma».
Nata, la Festa, per ricordare la varietà del tessuto sociale e l’accoglienza delle comunità etniche presenti a Roma, non è un caso che il tema dell’integrazione venga celebrato anche negli stand sulla piazza antistante la basilica lateranense, nella liturgia, nello spettacolo e nell’animazione che la giornata propone a partire dalle 9. Tra le iniziative, la mostra culturale (in contemporanea con Cracovia) allestita, fino al 13 maggio, in piazza della Repubblica «Karol il papa dei popoli»: una scelta di foto dedicate al rapporto tra Giovanni Paolo II e Roma. Curiosa novità, lo spettacolo pomeridiano dell’8 maggio, protagonista l’artista di fama internazionale Santino Spinelli, grande virtuoso della fisarmonica, in arte Alexian, rom appartenente alla comunità romanès di più antico insediamento in Italia.
 
Che la Festa non sia autocelebrativa ma ogni volta un punto da cui ripartire, per fare di più e meglio, lo ricorda anche don Pierpaolo Felicolo, direttore di Migrantes Roma: «Quando si celebra un anniversario, vuol dire che c’è un cammino. Nel nostro caso quel cammino è paziente, fatto di reciproca accettazione, e di rispetto anche della legalità». In altri termini, «non celebriamo per dire quanto abbiamo fatto perché non c’è mai un punto d’arrivo. Quello delle nostre cappellanie è piuttosto un lavoro quotidiano. Silenzioso e fattivo».