LO SGUARDO QUOTIDIANO
I cattolici, l’informazione, la realtà (.pdf 340Kb)
Milano, 8-10 maggio 2008
INTRODUZIONE
Quando Spinoza parlava dell’epoca delle passioni tristi poneva una questione antropologica centrale ovvero mostrava il passaggio «dal mito dell’onnipotenza dell’uomo costruttore della storia a un altro mito simmetrico e speculare, quello della sua totale impotenza di fronte alla complessità del mondo».
Nessuna autorizzazione, comunque, né al troppo diffuso pessimismo di oggi così come alla facile nostalgia dell’ingenuo ottimismo di ieri. Piuttosto la consapevolezza che «la configurazione del futuro dipende, in buona parte, da ciò che sapremo fare nel presente.
Il presente rende piuttosto avvertiti di un’urgenza culturale decisiva: giunte, infatti, a sfinimento le teorie universali come l’illuminismo, l’idealismo e il materialismo storico, oggi lo scenario sociale è stato prepotentemente occupato dal pluralismo dei giochi linguistici.
Oggi si corre il rischio – e forse è proprio questo il campo della battaglia culturale – «di ritenere [...] che non ci sia più alcun criterio in base al quale poter misurare la validità dei singoli discorsi e delle singole culture. Ogni cultura se ne sta per proprio conto, dando per scontato che si può stare anche diversamente».
Questo il contesto socioculturale nel quale i direttori degli Uffici diocesani per le comunicazioni sociali con i loro collaboratori e i professionisti dei media lavorano giorno dopo giorno in un infaticabile opera di discernimento che da sempre ha guidato la Chiesa italiana, ma che è divenuto fattore strutturante di un pensiero e di un’azione pastorale, a partire dal Convegno ecclesiale di Palermo (1995). Basta, infatti, osservare gli ultimi dieci anni per percepire il peso della presenza cattolica nei media. «Oggi – afferma il Cardinale Bagnasco – stiamo raccogliendo i primi frutti, guidati dalla convinzione dell’urgenza di rendere presente nel dibattito pubblico e presso la pubblica opinione la voce della Chiesa e, dove una presenza c’era già, di rinvigorirla e di farle guadagnare qualità e risonanza».
Ciò che si raccoglie oggi è frutto di un lavoro paziente e faticoso negli anni, lavoro a volte in trincea con la tenacia e la caparbietà di coloro che hanno voluto offrire un punto di vista, uno sguardo appunto, a partire dalla visione cristiana sull’uomo e sul mondo.
Si tratta della grande e preziosa tradizione del quotidiano cattolico Avvenire che celebra i quarant’anni dalla nascita, a cui la prof.ssa Versace dedica una ricca e puntuale relazione ricostruendo i passaggi più significativi del dibattito ecclesiale. Accanto ad Avvenire la presenza dei Settimanali diocesani alcuni dei quali – ci racconta don Giorgio Zucchelli – «hanno una storia più che centenaria, radicata nel Movimento cattolico ispirato alla Rerum novarum della fine del secolo XIX: molti altri sono stati fondati per mettere in atto le indicazioni del Concilio Vaticano II». Ad oggi sono 136 le diocesi italiane a poter contare su un settimanale alla cui vita redazionale contribuisce il SIR, agenzia «nata, proprio vent’anni fa, dall’esigenza dei settimanali di avere a disposizione uno strumento di servizio per tutti. Oggi – prosegue Zucchelli – il SIR è una grande e bella realtà che non serve solo i settimanali cattolici, ma tutta la Chiesa italiana ed è ricercato anche dalla stampa laica».
Se il giornalismo della carta stampata è sottoposto a continue sollecitazioni come suggeriscono gli interventi del prof. Casetti, del dott. Folena e del prof. Boffi, non meno coinvolgente è la sfida del polo dell’emittenza radio televisiva, In Blu e Sat 2000, ultime realtà nate dieci anni fa in casa cattolica con grandi possibilità di crescita e di presenza soprattutto nel prossimo scenario del digitale terrestre.
Dentro tale fitta rete di comunicazione è necessario renderci, però, avvertiti sulle questioni cruciali che toccano l’uomo, la sua vita, il suo cuore. Dobbiamo tenere presente che «la pluralità delle interpretazioni si fa anche conflitto delle interpretazioni, da vivere – ricorda il prof. Botturi – nella ferma convinzione che il suo buon esito è a favore della maggiore capacità di rendere giustizia alla ricchezza della realtà e alle aspirazioni del cuore dell’uomo. Credo - prosegue – che dovremmo essere convinti che la surrealtà massmediatica da cui il mondo è avvolto, forse in gran parte come da una rete in cui è catturato e tenuto prigioniero, è come un gigante dai piedi di argilla, una paradossale potenza fragile che si regge sulla rarefazione di una densa esperienza umana e che solo dalla testimonianza di questa e dal confronto con questa può essere messa in crisi quanto alla sua pre-potenza».
Insomma, siamo tutti chiamati, direttori e animatori, operatori dei media cattolici, cattolici che vivono nel mondo dei media e associazioni culturali a vivere come profeti in questo nostro tempo, a tenere, cioè, lo sguardo fisso verso Dio e i piedi ben radicati a terra.
Non abbiamo bisogno di uno sguardo sradicato che può portare a visioni spiritualistiche con facili derive patologiche di stampo new age; così come neppure è costruttivo l’atteggiamento di chi, proprio perché è talmente radicato, sa vedere e confrontarsi solo con il frammento di terra che abita, perdendo di vista l’orizzonte più ampio e decisamente più luminoso.
All’apostolo Paolo chiediamo la capacità di cogliere come la fraternità e la condivisione della responsabilità siano non triste necessità, ma costitutiva e sorgiva forma dell’annuncio; supplichiamo, pure, l’umiltà di rimettere sempre in gioco i modelli del nostro annuncio, come è avvenuto per lui a Listra e ad Atene lasciandoci, come fu per lui, educare dalle fughe, dalle cacciate, dalle separazioni; da ultimo domandiamo anche noi la consolante visione che ci dica: «Non avere paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città».