Sussidio Quaresima-Pasqua 2014 - Educazione e Scuola - 30 marzo - IV Domenica 
30 marzo - IV Domenica   versione testuale
Uno sguardo nuovo sulla vita
Nella vita accadono esperienze singolari che fanno letteralmente aprire gli occhi e illuminano il quotidiano, permettendo così di avere uno sguardo nuovo sulla vita.
 
Grazie, prof.” A questo riguardo, mi permetto di ricordare un’esperienza personale. Da qualche mese mi era stata assegnata anche la sezione Terza A del Liceo classico in cui ero docente di Religione cattolica. Tutti gli studenti della scuola desideravano realizzare prima della maturità un sogno: fare un viaggio di istruzione in Grecia. Voleva essere il coronamento di un percorso di studi in cui il legame con la Grecia classica era stato costante. Prima di chiedere le debite approvazioni, c’era da risolvere un aspetto non irrilevante: la partecipazione al viaggio di Marco, affetto da una gravissima malattia agli occhi che, di fatto, gli impediva di vedere. A coro unico docenti e studenti dissero: “Marco ci deve venire”. Mi offrii per fargli da accompagnatore. Qualche mese dopo si partì per la Grecia. Arrivò il giorno della visita a Delfi. Entrammo nel Museo archeologico in cui è esposta anche la celebre statua dell'Auriga di Delfi, scultura bronzea presente in tutti i libri di arte classica. Informai Marco che eravamo in prossimità dell’opera, studiata a suo tempo in classe. Lui mi chiese di andarle vicino. Notai che un cordone rosso impediva, però, di avvicinarsi più di tanto. Con dei gesti un po’ goffi cercai di far capire al custode che Marco non vedeva e, subito dopo, gli chiesi se poteva toccare l’opera. Il custode annuì. Marco toccò la scultura. Con le dita sfiorò delicatamente i capelli, il viso, le braccia, il lungo panneggio della veste. Subito dopo mi disse: “Grazie, prof. Ho visto”.
 
Un diverso modo di vedere. L’espressione lapidaria di Marco mi ha aiutato a capire come esistano diverse modalità di vedere. L’occhio, organo che ha il compito di ricavare informazioni sull’ambiente circostante attraverso la luce, permette di acquisire un’ampia serie di informazioni degli oggetti, delle loro forme, delle dimensioni, dei colori, dei materiali e di altro ancora. E soprattutto permette di vedere le persone, con le loro espressioni e i loro atteggiamenti. Tuttavia esistono altre modalità per entrare in comunicazione con le cose e con le persone, e di relazionarsi con loro.
L’esclamazione dello studente Marco lo attesta e ci ricorda che ci sono modi diversi di “vedere” la realtà che ci circonda e di coglierne aspetti che l’occhio non sempre è in grado di percepire.
Lo abbiamo sperimentato tutti: ci può essere una persona che ha una buona vista, ma non è in grado di “fissare lo sguardo” sulle cose e sulle persone. E paradossalmente ci può essere una persona che, pur senza vedere, riconosce comunque oggetti e persone, grazie ad una sensibilità che le permette di cogliere aspetti essenziali e profondi. Una celebre espressione dell’Antico Testamento ricorda in modo puntuale che l’uomo, seppur dotato di vista, sovente non vede il senso profondo delle cose e non guarda ciò che sta dentro al cuore delle persone, diversamente dal Signore: «L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore» (1Sam 16,7).
 
Il cieco nato. C’è una persona in cui avviene contemporaneamente una trasformazione sia fisica sia spirituale, che gli permette di vedere e di avere uno sguardo radicalmente diverso sulla vita: il cieco nato. L’evangelista Giovanni nel capitolo 9, una delle pagine più dense del suo Vangelo, ci racconta l’improvvisa guarigione di un uomo cieco dalla nascita. Nella narrazione, in cui emerge progressivamente la portata salvifica dell’evento, vi è una serie di elementi simbolici (terra, acqua e saliva, alla quale si attribuivano in quel tempo proprietà curative), inseriti in una trama del racconto alquanto articolata. Il racconto è vivace grazie anche all’elevato numero delle persone coinvolte. Vengono per altro sottolineati i loro sentimenti e precisate le opinioni tra loro discordanti. In questo modo si viene spontaneamente indotti a seguire i diversi interlocutori, a prendere parte alle discussioni e agli scambi di opinioni, a pronunciarsi e a prendere posizione.
Infine, risuonano nella narrazione diversi titoli dati a Gesù. Sono altrettante “parole di rivelazione” che si trovano in rapida successione nel testo: “maestro”, “luce del mondo”, “profeta”, “Figlio dell’uomo” e, infine, “Signore”. Tutto ciò porta ad appropriarsi del punto focale della narrazione: Gesù, il Verbo di Dio, è la luce venuta nel mondo, che illumina ogni uomo.
 
Gesù, la luce che dona la vista ai ciechi. Il miracolo o, come lo chiama l’evangelista Giovanni, il “segno” di Gesù attualizza l’antica profezia «liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno» (Is 29,18) e dona concretezza a quanto proclamato dallo stesso evangelista nel suo Prologo di inarrivabile profondità: Gesù è la «luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Lui solo dona la vista ai ciechi; lui solo può liberarli dalle tenebre nelle quali sono imprigionati.
 
 
Questo assunto troverà un ampio spazio nella liturgia della Chiesa e nell’itinerario dell’iniziazione cristiana, ovvero il percorso che fin dai primi secoli la Chiesa ha creato e poi perfezionato per condurre adulti e bambini alla pienezza della vita cristiana. In questa prospettiva, è il Battesimo ricevuto nella comunità dei credenti che permette di guarire la cecità spirituale di quanti decidono di diventare cristiani.
In questo modo i cristiani, chiamati “neofiti”, imparano progressivamente a conoscere l’inviato di Dio Padre e lo Spirito Santo nel cui nome hanno potuto accedere alla luce. È quanto viene magnificamente riassunto nel Prefazio della Quarta domenica di Quaresima: «Nel mistero della sua incarnazione egli si è fatto guida dell’uomo che camminava nelle tenebre, per condurlo alla grande luce della fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli schiavi dell’antico peccato per elevarli alla dignità di figli». La metafora della luce e delle tenebre esprime simbolicamente quanto tutti i cristiani sperimentano nel prosieguo della vita cristiana: da un capo all’altro della vita va ricercata la luce, nel continuo tentativo di lasciarsene inondare.
 
Essere figli della luce. Si impara a conoscere Cristo luce del mondo vivendo come figli della luce che si impegnano a non ricadere nelle opere delle tenebre. Anche coloro che ci circondano possono giocare un ruolo molto importante: i nostri fratelli e le nostre sorelle di fede ci aiutano con la comunicazione della loro esperienza e la loro vicinanza; gli altri chiedendoci ragione della nostra fede. Bonarie o aggressive, le intimazioni di questi ultimi possono contribuire alla nostra progressione sul cammino della luce e della verità.
La fede è un cammino personale e libero, che spesso espone alla contraddizione, se non al rifiuto, anche da parte dei propri familiari e concittadini. È quanto è accaduto a Gesù: il contraddittorio che segue alla guarigione del cieco nato lo attesta in modo puntuale.
Nel tempo presente, meraviglioso e al contempo difficile, sono i “luoghi educativi” (come le scuole e le università), i “luoghi della sofferenza” (come gli ospedali e le carceri), senza dimenticare gli ambienti di lavoro, a richiedere una maggiore presenza di cristiani in grado di portare luce e di accompagnare le persone nella scoperta della bellezza della vita. Sono “luoghi profani” - che potrebbero essere definiti le “periferie esistenziali” verso le quali Papa Francesco ci invita ad andare – a richiedere una luminosa testimonianza di vita cristiana. Anche lo stile di presenza in tali luoghi dovrebbe essere impregnato di Vangelo, debitamente accompagnato dalle necessarie competenze, da parole e gesti carichi di affetto e di speranza. Sarà la testimonianza discreta e coerente del cristiano a far luce alle persone oscurate dal dolore e dalle disabilità, o accecate dalle fragilità e dall’odio e, pertanto, chiuse al futuro.
Tale testimonianza potrà essere un nostro personale esercizio di spiritualità, nonché una modalità per illuminare la nostra esistenza. Ancora, un modo sorprendente per incontrare il Signore Gesù ed essere da lui trasformati, come lo è stato il cieco nato che, prostrandosi davanti a chi gli ha aperto gli occhi, afferma: “Credo, Signore!”.
 
Preghiera di Simeone il Nuovo Teologo
(Chapitres théologiques gnostiques et pratiques, 56; SC 51)
 
O Dio e Signore di tutte le cose,
che hai potere su ogni vita e su ogni anima,
tu solo puoi guarirmi [...]
Concedi, Signore,
l’umiltà di cuore e pensieri convenienti
a un peccatore deciso di ritornare a te.
Non abbandonare per sempre un’anima
che una volta si è sottomessa a te,
ti ha confessato, ti ha scelto e onorato
al di sopra del mondo intero.
Tu, o Signore, sai che voglio essere salvato,
anche se il mio malvagio tenore di vita mi è di ostacolo;
ma a te, Signore, è possibile
tutto ciò che è impossibile ai mortali.


Preghiera di Anselmo d’Aosta
(Proslogion, XVIII; PL 158, 236-237)
 
Signore, ho cercato il tuo volto;
il tuo volto. Signore, io cerco,
non nascondermi il tuo volto.
Svela a me
tutto il mio essere di fronte a te.
Purifica, risana, rinforza.
illumina l’occhio della mia mente
affinché ti veda.
Raccolga le sue forze l'anima mia
e con tutto l’intelletto
si rivolga ancora a te. Signore.
Che cosa sei, Signore, che cosa sei.
che cosa comprende di te il mio cuore?
Certo tu sei vita, sei sapienza,
sei bontà beatitudine.
sei eternità e ogni vero bene.