27 marzo
Domenica di Pasqua
«Risurrezione del Signore»   versione testuale

«Corsero insieme al sepolcro»

Letture

At 10,34a.37-43 Volle che si manifestasse a testimoni prescelti da Dio.
La risurrezione dà avvio alla missione dei testimoni di Cristo.
Sal 117 Il suo amore è per sempre.
Col 3,1-4 Se siete risorti con Cristo…
La risurrezione dà origine a uno stile di vita nuovo.
Gv 20,1-9 Entrò anche l’altro discepolo, e vide e credette.
Attraverso una lenta progressione, gli occhi dei discepoli si aprono alla gioia della risurrezione.

In breve
Vivere il Giubileo: la gioia di ripartire, la gioia di avere un traguardo
È possibile vivere un Giubileo della misericordia solo a partire dal Risorto. È possibile intraprendere un percorso di conversione e riscatto solo incamminandosi verso il Risorto. Gesù risorto è origine e meta di una storia rinnovata. Al di fuori di lui ci potrà essere solo piatta ripetizione, o innovazione turbinosa e insensata. La nostra gioia nasce dal fatto che il Risorto ci fa ripartire, e nello stesso tempo ci indica il traguardo: il punto di arrivo è l’incontro con lui, Signore della storia, anche delle nostre storie parziali e ingarbugliate, talvolta interrotte e spezzate. In lui tutto si ricompone.
Prepararsi al Congresso Eucaristico: Gesù si fa incontro a tutto il mondo con la gioia della risurrezione
La gioia della risurrezione si riversa lentamente nei cuori dei discepoli, fino alla piena attuazione, chiamandoli alla missione. È possibile radunarsi attorno ai segni eucaristici solo perché il Risorto ci chiama; la semplice possibilità di un simile trovarsi con lui e insieme ai fratelli è fonte della gioia più autentica, semplice e gratuita.

«CORSERO INSIEME AL SEPOLCRO»

La misericordia luttuosa
Nei racconti di risurrezione troviamo, da parte delle donne e anche da parte dei discepoli, un atteggiamento di ricordo affezionato e commosso. Appare l’intenzione, certamente nobile, di coltivare la memoria di Gesù: tuttavia è un movimento del cuore che si volge unicamente al passato, nella forma del lutto. Le donne vanno a lavare e profumare il corpo, i discepoli si preoccupano della profanazione del sepolcro, Tommaso stesso a suo modo prende le distanze da ciò che gli appare un oltraggio alla memoria del defunto, uno scherzo o un’illusione di cattivo gusto. La pietà verso i defunti certamente fa parte delle opere di misericordia, ed esprime il radicamento profondo nella compassione e solidarietà; tuttavia è fuori luogo nei confronti del Risorto, che è l’espressione della misericordia vittoriosa e vivente del Padre. All’inizio dei racconti di risurrezione dunque vediamo il fraintendimento che permane nel cuore dei discepoli, e probabilmente lo ritroviamo anche in noi, che vorremmo vedere in azione un altro tipo di amore per l’umanità, che siamo portati a celebrare il lutto per il fallimento dei nostri progetti e delle nostre ideologie.

La compiacenza rifiutata
La misericordia luttuosa, che si accontenta di piangere il defunto, è infatti la prosecuzione dell’equivoco che abbiamo già visto in azione nel Venerdì Santo. Secondo i discepoli, forse anche secondo le donne, l’amore del Padre si sarebbe dovuto manifestare attraverso l’esclusione della croce. Nel pensiero illusorio, che periodicamente torna nella storia dell’umanità, e anche nella nostra storia, Dio dovrebbe intervenire per sottrarre Gesù, il giusto, alla morte infamante, e presumibilmente anche per punire i suoi assassini. Il lutto, peraltro adeguato e giustificato, nei confronti di Gesù è anche il lutto per il fallimento di una certa prospettiva di salvezza, una prospettiva puramente mondanizzata, che vorrebbe imporre a Dio di mostrarsi compiacente verso i desideri di rivalsa di una parte dell’umanità.
Ma abbiamo già scoperto nel Venerdì Santo che il Padre non vuole mostrarsi compiacente, ma autenticamente misericordioso, non contro la croce, ma attraverso la croce; non intervenendo per punire i malvagi, ma perdonandoli attraverso il Figlio. Anche le donne hanno bisogno di essere illuminate sul progetto di Dio, per divenirne partecipi; anche i discepoli, fuggiti dalla croce che sconvolge i loro sogni di grandezza, hanno bisogno dello stesso perdono e della rinascita.

La vera misericordia
Nella Pasqua vediamo rifulgere la vera misericordia: essa tiene unite croce e risurrezione, condivisione delle sofferenze e partecipazione alla gloria, la relazione intima di Dio con il suo popolo, e un perdono offerto largamente a tutte le genti. La vittoria della risurrezione prosegue lo stesso stile della vittoria della croce. Gesù non appare come un eroe vendicatore ai suoi nemici, ma si manifesta come il Vivente alla comunità dei suoi amici, che, una volta confermata nella fede, sarà il granello di senape da cui il Regno di Dio potrà crescere, fino a diventare un grande albero che offre ombra e riparo a tutta l’umanità.

La possibilità di ripartire
Dalla vera misericordia, che proviene da Dio stesso, attingiamo la possibilità di ripartire, di ricostruirci come persone, di ricostruire una storia insieme a Gesù. Nel brano evangelico si esprime simbolicamente il dinamismo della risurrezione mettendo in evidenza la corsa da e verso il sepolcro: corre Maddalena ad avvisare i discepoli, corrono Pietro e il discepolo amato: la staticità della morte è sostituita dal movimento vitale. Nascono nuove domande, nuove prospettive, fino ad arrivare alla fede piena nel Risorto.
In tutto il mondo migliaia, milioni di persone attendono con ansia la possibilità di ricominciare a sperare. Le prime che vengono in mente sono le schiere di profughi che fuggono dalle zone di guerra. Tuttavia molte altre abitano le periferie del mondo, anche ai margini delle metropoli dell’agiatezza, senza avere neppure una specie di terra promessa: essi stanno già dove i profughi vorrebbero andare, e sono già stati scartati dalla vita. Ma anche persone esteriormente agiate, con un lavoro decoroso, con apparenti sicurezze, sono in realtà bloccate, schiave del loro ruolo sociale, chiuse in un girotondo alternato di produzione-consumo, ingabbiate nella lotta per la concorrenza e la produttività, nel costante rischio di essere scartate non appena la loro efficienza diminuisca.
Per tutti la Pasqua è possibilità di rinascita, di speranza, di riscoperta della scintilla originaria della gioia, che non consiste nella compravendita di beni, nello scambio quantitativo, ma nella libertà del dono, della riconoscenza, dell’amare e del sentirsi amati. La lettera ai Colossesi esprime la libertà e la gioia del credente con un’espressione densa e provocatoria: «Voi infatti siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!» (Col 3,3). La morte di cui si parla è la partecipazione alla croce di Cristo, che segna la rottura di ogni legame profondo con i meccanismi di morte e di violenza che dominano nel mondo, nel mondo di oggi come in quello di allora.

Aprirsi alla gioia
Il passaggio dal lutto alla gioia non è istantaneo, né può essere forzato. I racconti di risurrezione e di apparizione mostrano un percorso esemplare, con cui si passa progressivamente dall’oscurità alla luce, dagli occhi chiusi alla visione, dalla tristezza del lutto alla gioia nella pace del Risorto. Parallelo al ritrovamento della gioia è il percorso della ricostruzione della comunione fraterna: i discepoli, divisi e dispersi, sono ricostituiti nella carità proveniente da Cristo, riscoprono i legami profondi che li legano, abbandonando la tentazione della divisione per conoscere “il più grande”. Nel dinamismo di ritorno alla gioia e alla fraternità un elemento importante è l’accettazione progressiva della differenza: si tratta di riconoscere che Maddalena ha avuto un’esperienza speciale, prima degli altri discepoli, che il discepolo amato arriva prima di Pietro e crede prima di Pietro; come si vedrà domenica prossima, si tratterà anche per Tommaso di lasciarsi coinvolgere in un’esperienza che inizialmente lo vede escluso. Nel vangelo di Giovanni il percorso di riapertura alla letizia dei risorti con Cristo è concluso dall’annuncio «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29). Chi riscopre la fede nel Risorto, arriva alle sorgenti della vera beatitudine.