24 marzo
Giovedì Santo   versione testuale

Ho lavato i vostri piedi

Parola di Dio
Es 12,1-8.11-14: “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore”. La celebrazione manifesta il primato dell’iniziativa di Dio.
Sal 115: “Tu hai spezzato le mie catene”. Nella celebrazione apprendiamo qual è la vera schiavitù e qual è la vera liberazione.
1Cor 11,23-26: “Nella notte in cui veniva tradito”. La misericordia risplende ancora di più sullo sfondo oscuro del tradimento e dell’abbandono.
Gv 13,1-15: “Li amò sino alla fine”. Un amore che va al di là della morte.
 
In breve
La celebrazione della Cena del Signore, in connessione con il significato della cena pasquale per Israele, richiama all’identità comunitaria dei credenti in Cristo. Israele è il popolo salvato da Dio; la Chiesa sarà la comunità di coloro che sono rigenerati dalla carità (agape) di Cristo e vivono in essa. L’amore di Cristo che si manifesta nella Cena, anticipazione della Passione, è amore “fino alla fine”, portato alla perfezione della misericordia.
La tentazione che ci si presenta è di accontentarci di qualcosa di meno: un amore diverso dal suo, oppure non vissuto così radicalmente. Se al centro non è la misericordia profondissima di Cristo, anche la comunità cristiana diviene una associazione orientata a secondi fini, e l’unico problema sarà quello della gestione della leadership, con le stesse logiche di potere di tutte le altre organizzazioni umane. Pietro nel vangelo è l’immagine del fraintendimento: in lui vediamo anche il percorso di conversione da compiere.

Il popolo salvato per la misericordia di Dio

Le catene spezzate
Israele è il popolo a cui Dio ha spezzato le catene della schiavitù. Ognuno può pregare con il salmo “Tu hai spezzato le mie catene”, riferendosi così all’evento originario dell’Esodo, e riconoscendo ulteriormente la salvezza di Dio anche in altri eventi della propria vita. La salvezza attraverso la liberazione ha come necessaria controparte la sconfitta degli Egiziani. Solo con Gesù, e almeno da parte sua, il contrasto è destinato a risolversi (per parte nostra, la tentazione di un successo, di una realizzazione che passa solo attraverso l’annientamento del nemico è molto forte, anche quando sinceramente ci diciamo cristiani). La croce e risurrezione è un tipo di vittoria che non passa attraverso la distruzione dell’avversario, ma si realizza trasformando l’avversario in potenziale amico, oggetto di amore, destinatario del perdono. Solo così sono davvero spezzate tutte le catene del peccato, della vendetta, della rivalsa.

La misericordia apparente e l’amore integrale
Finta misericordia e finto amore è amare fino a un certo punto. Anche Pietro cade nella trappola: “Non mi laverai mai i piedi”. Egli pensa di poter mettere un limite di decenza all’amore del Padre. Gesù risponde che proprio una carità senza fine è la condizione necessaria per “avere parte con lui”.
Il vangelo ci permette di seguire i contorni e lo sviluppo dell’agape (amore di carità, amore gratuito) con cui Gesù avvolge i discepoli. Si tratta di un agire consapevole, meditato, programmato, e nello stesso tempo non artificioso, non falsato: la carità autentica abbraccia tutte le dimensioni della persona, dalla spontaneità fino all’intelligenza, arrivando al piano più profondo, il piano simbolico e integrale: quello che Gesù fa vivere ai discepoli nella Cena, quello che a noi si fa accessibile nella Liturgia.

Il fraitendimento
Due risultati sono dunque possibili a partire dal malinteso di fondo: a livello profondo, porre un fondamento diverso dall’amore misericordioso, a un livello più superficiale, impostare le problematiche comuni a solo in termini di leadership e organizzazione. Pietro raffigura emblematicamente i due tipi di incomprensione: è colui che istintivamente rifiuta di vedersi lavare i piedi da Gesù, perché pensa di non averne bisogno, ed è colui che lo vede come un “capo” simile agli altri dominatori della terra, e pensa quindi che non debba abbassarsi fino a quel punto. Siamo invitati a compiere il suo stesso percorso di conversione: riconoscendo il primato del partecipare di Cristo e del suo amore.

Una comunità nuova
“Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”. L’amore di Gesù non si traduce in un permesso ad approfittare della sua benevolenza. Non ci autorizza a vivere nella rilassatezza indolente, pensando che comunque saremo perdonati. Chi ha gustato la bellezza del suo amore non può fare a meno di restituirlo agli altri. “Siate misericordiosi, come misericordioso è il vostro Padre celeste”: nell’Eucaristia che celebriamo ci viene posta davanti tutta la grandezza dell’amore, che si rende accessibile, perché possiamo praticarlo. Esso si attua innanzitutto in una comunità nuova, prima che in uno sforzo eroico e individuale. Perciò si parla di reciprocità: i discepoli testimoniano l’amore innanzitutto accogliendosi, perdonandosi reciprocamente, nel nome di Gesù, vivendo una fraternità che non è chiusura, ma custodia e sostegno reciproco a coltivare la fiamma che Cristo è venuto a portare.

Nella notte in cui fu tradito
Sul modello di Gesù andranno ricompresi anche i torti che riceviamo, i tradimenti piccoli e grandi a cui siamo sottoposti nell’esperienza quotidiana, così come nelle grandi prove della vita, spesso proprio da parte delle persone più care, da cui ci si aspetterebbe di più. In Gesù ci è mostrato un amore possibile, nel Pane di vita ci è data la forza per attuarlo.
Lo sfondo del tradimento è anche una provocazione che ci aiuta alla conversione. Non possiamo essere presuntuosi, quasi fossimo perfetti. Il rischio di diventare noi stessi in qualche modo persone che vengono meno alla carità e alla fedeltà è molto più vasto di quanto possiamo pensare di quanto siamo disposti a riconoscere. Gesù che ama anche chi lo tradisce ci invita ad entrare nella dinamica dell’agape: continuamente ci si accoglie e ci si perdona, sia in famiglia, sia nella comunità cristiana, sia verso le persone amiche. Perché quotidianamente anche le relazioni più solide sono sottoposte al logoramento e all’usura: solo Gesù è fedele per sempre, lui ci dona la forza di ricostruire sempre la comunione.