Rinfrancate i vostri cuori. Uomo nuovo risorto con Lui (Cf. Rm 6,8-11) - Domeniche - 19 aprile - III domenica di Pasqua 

19 aprile   versione testuale

III domenica di Pasqua


Padova - Basilica di S.Giustina - dossale del coro ligneo - Cena in Emmaus - Riccardo Taurigny - XVI sec. 
 
L’Apostolo Pietro nella Seconda Lettura di questa terza domenica di Pasqua si rivolge a “tutto il popolo” dicendo che «Dio ha […] compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire» (At 3,18). È ciò che avrebbero compreso anche i due discepoli che erano di ritorno da Emmaus, come riferisce il Vangelo di Luca. Proprio a loro quell’oscuro pellegrino che li aveva accompagnati aveva spiegato come nelle Scritture si parlasse della passione del Figlio dell’uomo e della sua risurrezione e come fosse necessario adempiere ciò che era stato scritto riguardo al messia sofferente. Anche per quei due discepoli, tristi e delusi, risuonavano le parole del Salmo responsoriale che la liturgia propone in questo stesso giorno: «Nell’angoscia mi hai dato sollievo» (Sal 4,2). Nel narrare la loro esperienza agli altri Apostoli essi riferiscono di aver sentito ardere il cuore nel petto nel mentre ascoltavano le parole di colui che riconobbero come Gesù Risorto nell’istante in cui, prima di sparire dalla loro vista, ripeté ancora il gesto compiuto nel cenacolo prima di essere consegnato alla morte. Proprio in quel momento, cioè durante il racconto dell’esperienza pasquale dei due discepoli nel contesto di un banchetto eucaristico, avviene negli altri compagni riuniti nel cenacolo una radicale conversione: dallo sconvolgimento e dalla paura per la presenza improvvisa di quel personaggio che aveva fatto irruzione nel luogo dove si trovavano e che ancora non erano stati in grado di riconoscere, scambiandolo addirittura per un fantasma, alla gioia e allo stupore di vedere Gesù risuscitato dai morti. Questa stessa gioia che scaturisce dall’incontro con il Risorto è quanto la Chiesa chiede rivolgendosi al Signore affinché  accolga i suoi doni e le dia di godere il frutto di una perenne letizia (Orazione sulle Offerte). Così come avvenne per i discepoli chiusi nel cenacolo, anche per la comunità ecclesiale, riunita per l’ascolto della Parola e per la frazione del pane, la condivisione della mensa, chiaro rimando all’Eucaristia, è il momento germinale per l’incontro e la conoscenza di Gesù Risorto. Da quell’esperienza di comunione, infatti, ha origine la Chiesa; in quell’esperienza di comunione deve trovare alimento e ispirazione la sua missione la sua azione nel mondo; in quella comunione di mensa deve trovare compimento ogni suo anelito e desiderio.
Nella Chiesa abbaziale di Santa Giustina a Padova, tra i tesori d’arte che conserva, occupa un posto decisamente particolare il bellissimo coro ligneo, detto Grande Coro, che arricchisce la zona presbiteriale; un capolavoro a cui lavorò Riccardo Taurigny con alcuni suoi collaboratori intorno alla metà del ‘500. Il programma iconografico è chiaro: a ciascuno dei fatti della vita di Gesù, così come sono rappresentati negli specchi del dossale, viene fatto corrispondere, negli schienali degli stalli superiori, l’evento dell’Antico Testamento che ne è la prefigurazione. Tra gli specchi dei ricchi dossali, scolpiti con figure in pieno rilievo in cui è presentata “l’opera redentrice di Gesù Cristo prefigurata nel Vecchio Testamento, attuata nella sua vita, applicata all’umanità”, si può individuare l’incipit del Vangelo di oggi, ovvero l’episodio dei due discepoli di Emmaus, che tra l’altro funge da chiave di lettura dell’intera pericope. L’artista si è soffermato sul momento culminante del brano evangelico, e cioè sull’istante in cui Gesù spezza il pane ed è riconosciuto dai discepoli come il Risorto. Al centro della scena è disposta la sua figura affiancata dai due discepoli, mentre alle sue spalle sono presenti altri due personaggi, un uomo e una donna. Il tavolo su cui sono poggiate le vivande è inclinato verso lo spettatore che in questo modo viene coinvolto in ciò che sta accadendo e viene fatto partecipe dell’esperienza pasquale di quei discepoli. Diviene loro contemporaneo o, il che è lo stesso, è invitato a vivere nel suo presente l’incontro con il Risorto che per lui e per la Chiesa delle diverse generazioni, continua a spezzare il pane e a mostrarsi vivo e vittorioso sul peccato e sulla morte. Non per nulla la stessa architettura del luogo in cui si svolge il convivio sembra alludere a un edificio sacro, forse a una Chiesa, certamente a un luogo che rispecchia lo stile proprio dell’epoca in cui l’opera fu realizzata, come a dire che quell’evento di salvezza, avvenuto una volta per tutte, si rinnova nel presente e continuerà a realizzarsi nel futuro, sino alla consumazione del mondo: ogni volta, infatti, che mangiamo del pane eucaristico e beviamo al calice della salvezza, annunziamo la morte del Signore, ne proclamiamo la risurrezione, nell’attesa della sua venuta (cf. 1Cor 11,26).