Sussidio Quaresima-Pasqua 2014 - Salute - 6 aprile - V Domenica 
6 aprile - V Domenica   versione testuale
Chi crede in me non morirà in eterno. Credi tu'
“Colui che tu ami è malato”. Queste parole che le sorelle di Lazzaro rivolgono a Gesù, sono quasi le stesse che ho sentito dire nella preghiera di intercessione, fatta con una fede straordinaria nell’amore di Dio, da mamma Elena nella cappella del reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale di San Giovanni Rotondo. Nella penombra vespertina Elena ha ripetuto più volte, tra lacrime e speranza, la preghiera delle sorelle di Lazzaro: “Gesù tu ami Andrea prima di me e più di me. È malato. Ed ha aggiunto: però non la mia volontà sia fatta ma la tua”. Sono rimasto in silenzio accanto ad Elena e guardando scorrere le lacrime sulla sua guancia ho pensato dentro di me: Dio non vuole la sofferenza e la morte di Andrea; Dio non vuole la sofferenza di Elena e quella di suo marito. Dio non vuole la sofferenza di nessuno!
 
Riflettiamo con attenzione sui protagonisti del Vangelo di questa V Domenica di quaresima, il racconto della Risurrezione di Lazzaro, settimo e ultimo dei segni con il quale l’evangelista Giovanni completa la rivelazione di Colui che sta andando verso il Calvario per compiere la sua missione di salvezza e manifestare la gloria di Dio.
 
Guardiamo anzitutto alle sorelle di Lazzaro. A Betania Marta e Maria avevano già accolto Gesù nella loro casa. In lui evidentemente, scorgevano qualcosa che andava oltre l’amico di Nazareth. Lo avevano chiamato Maestro, ora lo professano Signore della vita: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”. Un atto di fede straordinario, incondizionato nella potenza di Dio attraverso la preghiera di Gesù. Un atto di fede che avviene tra le lacrime. Lacrime e fede non si escludono. L’amore ferito dalla perdita di una persona cara o dalla sofferenza di un amico ha bisogno di esprimersi. Questo non significa mancanza di fede ma testimonianza di affetto. Anzi, lo sappiamo, più grande è l’amore per una persona, più è forte il dolore del distacco. Le lacrime di Marta e Maria sono come le lacrime che versa Gesù quando vede l’amico Lazzaro morto. Sono le lacrime versate da Elena e suo marito per il loro bambino malato.
 
Non temiamo di piangere e non impediamo a nessuno di esprimere il proprio dolore anche con le lacrime; non lasciamoci andare a parole di consolazione inutili e fastidiose e  che talvolta aumentano la rabbia di chi soffre più che aiutare ad affrontare la notte del dolore.
 
All’arrivo di Gesù Lazzaro è morto già da qualche giorno. Fermiamoci un attimo, nel nostro cammino quaresimale a riflettere su questa realtà che tocca tutti ma sulla quale si riflette poco e male. Già il filosofo Blaise Pascal nei suoi celebri Pensieri scrisse: “Gli uomini non potendo guarire la morte e sperando di essere felici, hanno deciso di non pensarci”. Nessun uomo può guarire la morte come nessun uomo vuole ammalarsi fino a morire e questo semplicemente perché siamo nati per vivere, per la gioia. Ci fa bene qualche volta fermarci a considerare che la nostra vita su questa terra avrà un termine e che l’uomo è segnato dalla finitezza. Sarà questa la condizione per apprezzare il rimedio di Colui che ha accettato di morire per sconfiggerla. La morte di Lazzaro ricorda la nostra morte, frutto di quella “finitezza che non possiamo scuoterci di dosso” nonché “del potere del male e del peccato” (Benedetto XVI,  Spe Salvi, 36).
La venuta del Figlio di Dio nella storia non ha stravolto le leggi della natura ma le ha assunte fino in fondo. Non le ha stravolte in lui e nemmeno nelle creature che amava. L’evangelista Giovanni ci racconta che, alla provocazione di quanti dicevano  “non poteva far si che non morisse” Gesù non risponde ma compie un segno, il più grande gesto che avrebbe potuto compiere: lo ha riportato vivo all’abbraccio dei suoi cari. È un segno in continuità con altri segni, come la guarigione del cieco di cui ci ha parlato il Vangelo di domenica scorsa. Un segno perché non elimina la morte naturale che prima o poi colpirà ancora Lazzaro. Ma è un segno importante che vuole darci la più grande notizia già annunciata dal profeta Ezechiele nella prima lettura: “Ecco io apro i vostri sepolcri”. Come il popolo in esilio ritorna a Gerusalemme così ogni uomo mortale tornerà per sempre alla piena e definitiva comunione con Dio e con i fratelli. Ecco la grande speranza che ci viene annunciata in questa domenica. La via del dolore percorsa da Cristo, quella che da domenica prossima ripercorreremo nella liturgia della settimana santa, via che tocca tutti gli uomini, continua a rimanere un mistero al quale nemmeno Gesù non ha risposto con discorsi sapienti secondo gli uomini. E’ una via misteriosa che talvolta è capace di farci guardare con meno distrazione all’essenziale. Ma questo non la rende meno crudele.
 
Su questa via dolorosa fino alla morte il Vangelo odierno getta una luce: Colui che “entra personalmente nella storia facendosi uomo e che soffre in essa” (Spe salvi, 36), è la via, la verità e la vita.
Alle sorelle di Lazzaro viene chiesto un atto di fede. “Chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?” chiede Gesù a Marta.
La stessa domanda oggi viene rivolta a noi: credi tu che la tua vita, se vissuta nella fede di  Cristo è eterna? Ecco la grande luce che può illuminare ogni notte: dice Papa Francesco nella sua Lettera Enciclica Lumen Fidei: “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, « dà origine alla fede e la porta a compimento » (Eb 12,2)…  Solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza perché, anche se la nostra dimora quaggiù si va distruggendo, c’è una dimora eterna che Dio ha ormai inaugurato in Cristo, nel suo corpo” (cfr 2 Cor 4,165,5).
 
Questa fede in Cristo ha sostenuto molti cristiani nel tempo della prova, della malattia e della sofferenza. Ha sostenuto la vita di Chiara Corbella, la  mamma di Francesco. Proprio per portare a conclusione la sua gravidanza, Chiara ha rifiutato le cure invadenti della chemio. Dopo la nascita di Francesco però, ormai era tardi. Eppure già altre due gravidanze erano state una prova della fede: Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni hanno vissuto solo mezz’ora per gravi malattie già diagnosticate in gravidanza. Ma la scelta di farle nascere per amore di Dio e degli stessi figli è stata vincente su consigli di morte che non sono mancati. “Francesco è stato concepito nell’unico momento possibile, racconta il marito Enrico, perché Chiara già in quel periodo aveva una piccola lesione sulla lingua, che pensavamo fosse un’afta, invece era un carcinomaIn questi anni di matrimonio io e Chiara non abbiamo conosciuto, purtroppo o per fortuna, una ordinarietà, invece in questi ultimi mesi il Signore ci ha fatto vivere una routine, anche con Francesco, che abbiamo assaporato attimo dopo attimo e ci siamo preparati ad accogliere lo Sposo che arrivava. Perché il vero Sposo è sempre Lui, per tutti noi, anche se ci sposiamo, in realtà il vero matrimonio è quello che avremo tutti con Cristo, dal quale non possiamo scappare. Per questo Chiara è vestita da sposa, quando è morta l’abbiamo vestita da sposa, perché lei era una sposaVi chiederete come sia possibile una cosa del genere, certamente è frutto di un cammino, di un percorso, di tanto amore, però vi rendete conto che si può morire felici? Cristo è Risorto, ma a noi uomini importa poco che Cristo è risorto, siamo noi che desideriamo risorgere con Lui e la mia gioia nasce dal fatto che Cristo mi dice che anche io posso risorgere e Chiara aveva ben in mente questo.
Infatti, nell’ultimo periodo era invincibile, nel senso che aveva indurito il suo sguardo, perché come Gesù che va a Gerusalemme e indurisce il suo sguardo perché sapeva quello che stava per accadere, così Chiara ha indurito il suo sguardo e fatto le cose seriamente: non lasciava entrare nella sua mente paure che l’avrebbero allontanata da Cristo, certo questo è frutto di tanta grazia, di tante preghiere, ma Dio per ognuno di noi è pieno di grazie, quella per Chiara non era una grazia speciale … Dio la grazia vuole darla a tutti…  Mio figlio ha fatto 1 anno il 30 maggio [2012], Chiara è morta tredici giorni dopo e cosa poteva regalargli? Ha scritto una lettera a Francesco.. dove tra l’altro dice: «Carissimo Franci, oggi compi un anno e ci chiedevamo cosa poterti regalare che potesse durarti negli anni e così abbiamo deciso di scriverti una lettera. Sei stato un dono grande nella nostra vita, perché ci hai aiutato a guardare oltre i nostri limiti umani, quando i medici volevano metterci paura, la tua vita così fragile ci dava la forza di andare avanti. Per quel poco che ho capito in questi anni, posso solo dirti che l’amore è il centro della nostra vita, perché nasciamo da un atto di amore, viviamo per amore e per essere amati e moriamo per conoscere l’amore vero di Dio. Lo scopo della nostra vita è amare ed essere sempre pronti ad imparare ad amare gli altri, come solo Dio può insegnarti. L’amore ti consuma, ma è bello morire consumati, proprio come una candela che si spegne solo quando ha raggiunto il suo scopo. Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna… Non scoraggiarti mai figlio mio, Dio non ti toglie mai nulla, se toglie è solo perché vuole donarti tanto di più.. Il Signore ti ha voluto da sempre e ti mostrerà la strada da seguire, se gli aprirai il cuore. Fidati ne vale la pena. Mamma Chiara».
“Chi crede in me non muore”! Signore aumenta la nostra fede perché già ora tu vuoi salvare la nostra vita .