Sussidio Quaresima-Pasqua 2014 - Missioni - 4 maggio - III Domenica di Pasqua 
4 maggio - III Domenica di Pasqua   versione testuale
«Rimani con noi, ormai è sera e la notte è vicina»
Il brano del vangelo descrive un cammino di uomini che, “dalle tenebre vengono guidati alla luce”: quasi a far notare questo passaggio, l'evangelista Luca pone sulle labbra dei due discepoli prima delusi e poi confortati dallo straniero, questa richiesta: «Rimani con noi, ormai è sera e la notte è vicina». La situazione a questo punto sembra sospesa: l'amarezza dei discepoli sembra ormai sciolta, mitigata dalla sapienza scritturistica del viandante che, spiegando ciò che si riferisce al Cristo, ha offerto la luce che mai si spegne, in coloro che cercano Dio con
vero desiderio...
Per capire Gesù, occorre accogliere la sua Parola, ma per fare l'esperienza della Chiesa che vive del Risorto, è importante stare insieme nel nome di Gesù, cioè nel volersi bene e nel camminare insieme, nel perdonarsi e nel chiedere perdono. La presenza di Gesù è riconosciuta nel gesto dello spezzare il pane: così si rivela ai loro occhi. La «frazione del pane» era il nome che i primi cristiani davano all'Eucaristia: è un segno semplice e famigliare, ma d'ora in avanti è il dono del Risorto che riconosciamo mentre ripetiamo le parole del Battista: “Ecco l'Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo”.
«Non diciamo più che siamo “discepoli e missionari” – ci insegna papa Francesco (Evangelii Gaudium n. 120) – ma che siamo sempre “discepoli – missionari”». Se abbiamo veramente incontrato Cristo, l'amore di Cristo, non possiamo tacere di fronte ai fratelli. Missionari discepoli che vivono col cuore forgiato dalla Parola del vangelo: questi debbono essere tutti i cristiani... tanti oggi vivono ancora come se Dio non fosse vivo (...) stanno aspettando la testimonianza, l'annuncio dei missionari discepoli: perché esitiamo ad offrire la nostra testimonianza?
 
Testimonianza
 
Le tre giovani suore indiane di Obock ci attendono, come sempre, una volta alla settimana. Attendono l’eucaristia. Rendere grazie a Dio è il senso vero di ogni eucaristia. Sì, rendere grazie per questa vita che vivono qui, in pieno contesto musulmano. Venute tutte dal Kerala, sono a servizio di uomini, di donne, di bambini musulmani nell’ospedale, nell’insegnamento o nell’aiuto concreto ai nomadi e ai poverissimi villaggi più all’interno. Vita povera, sofferta, austera anche la loro, qui in Africa. Tutto un altro mondo questo, diverso dalle loro origini. E parlano indi, inglese, francese, afar, e…con quel sorriso sempre sule labbra, un’altra lingua ancora. Quella del cuore. Percorrere così più di duecento chilometri per celebrare l’eucaristia con un gruppo di cinque, sei o al massimo una quindicina di persone, valorizza il mio sacerdozio. La presenza del Signore, che si riconosce nella frazione del pane, le consola, le rafforza. Dopo aver condiviso le proprie energie e le loro qualità migliori per un popolo che non sin conosce molto. Non vive la nostra religione. E viene da tradizioni ancestrali ben lontane. Ma di cui ci si fa compagni di viaggio e che si ama. Proprio come sul cammino verso Emmaus quello straniero che si era aggiunto…Mi risuona ancora la raccomandazione di Timothy Radcliffe, domenicano: “Abbiamo bisogno di entrare in dialogo con altre culture, con altre religioni per trascendere i limiti della nostra identità europea. E diventare pienamente cattolici”. E, infatti, qui è il dialogo della vita, bello ed esigente. Del vivere insieme, seppure differenti, e del farsi dono.